Dai dazi alle pensioni, «La carta dell’Unione Europea per affrontare le crisi globali»
Mestre, ieri sera al Festival della politica il confronto tra Carlo Cottarelli ed Enrico Marchi. I temi caldi: tariffe, immigrazione, politiche per il lavoro, invecchiamento della popolazione

Dazi, immigrazione, politiche per il lavoro, invecchiamento della popolazione: temi caldi nell’agenda globale, che trovano un filo conduttore nel ruolo che sta avendo e avrà l’Unione europea. Ma ci sentiamo abbastanza europei? È il nocciolo del problema: intorno a questo si è sviluppato il dialogo tra Carlo Cottarelli, economista e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’università Cattolica di Milano, ed Enrico Marchi, presidente di Banca Finint, di Save e di Nem (la società che edita questo giornale), intitolato “L’economia davanti alla sfida della mobilità globale”, con centinaia di persone ieri sera in piazza Ferretto a Mestre per il Festival della Politica “Nascere al mondo. Futuro e demografia” organizzato dalla Fondazione Pellicani.
«Finalmente c’è un documento congiunto tra Europa e Stati Uniti sui dazi», afferma Cottarelli, «la soluzione raggiunta non è giusta, ma non è un disastro. Certo, nel negoziare saremmo stati più forti se fossimo stati compatti. Ma siamo disuniti, i singoli Stati hanno logiche nazionali che prevalgono. Poi, l’Unione europea ha pochi soldi e non ci sentiamo abbastanza europei». Su questo punto interviene Marchi: «L’Europa i soldi li ha, ma finisce per buttarli via». Il problema, secondo Marchi, è la burocrazia. «Non credo che ci sentiamo poco europei, piuttosto che l’Europa immaginata dai padri fondatori sia rimasta incompiuta», sottolinea.
Sulla questione dei dazi, Cottarelli mette l’accento sulla posizione della Cina rispetto agli Stati Uniti. «Gli Stati Uniti si sentono minacciati dalla crescita enorme che sta avendo la Cina», afferma, «certo, il rischio è che da una guerra economica si passi a una guerra vera, questa tensione tra due superpotenze preoccupa». Su scala Nord Est, a livello di traffico merci in aeroporto, al momento l’effetto dazi non si è ancora fatto sentire. «A Venezia le esportazioni di merci verso gli Stati Uniti sono aumentate del 7 per cento: non sappiamo se sia un segnale di anticipo di previsione sui dazi stessi», spiega Marchi, «ma per l’ultimo trimestre sembra che ci sia un rallentamento e non è ininfluente l’esito dei dazi».
La mancanza di chiarezza e capacità di previsione sul peso dei dazi, infatti, rende il tutto più complesso. «È importante che non ci siano barriere tra gli Stati», aggiunge Marchi. «Un monito: quando le merci non passano i confini, lo faranno i soldati». Il nodo è vedere negli scambi commerciali un’opportunità di avvicinamento e convivenza, un ponte di cui Venezia è tramite per natura. I dati, rispetto a Stati Uniti e Cina, parlano di nuove destinazioni (Washington, Dallas, lo scorso anno Shanghai) e nei collegamenti con gli Usa si è arrivati al milione di passeggeri.
Trattando di ponti, diventa inevitabile l’affondo sull’immigrazione. Per Cottarelli, la soluzione è una sola: «Entrare nel nostro Paese con il permesso di lavoro. In questo momento, sono 165 mila ogni anno. La verità è che ce ne vorrebbero 350 mila solo per compensare lo squilibrio tra quelli che vanno in pensione e quelli che raggiungono l’età lavorativa. È necessaria una politica di lungo termine». Così come servono azioni più green. Cottarelli scuote la testa: «Temo sia troppo tardi, forse ci dovremo abituare al caldo e parlare di adattamento». Marchi mette in campo le azioni di decarbonizzazione: «Stiamo facendo molti sforzi, per esempio abbiamo un patto con Airbus per produrre idrogeno a Marghera e in futuro sostituire il cherosene», spiega. «O ancora la linea ferroviaria, ci sarà un anno di ritardo ma ridurremo inquinamento e anidride carbonica».
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