Salvare Coin, una missione per l’estate. Il sacrificio dei fornitori: trattative e liti

Entro un paio di mesi il Tribunale di Venezia dovrebbe accordare l’omologa al piano di risanamento presentato dalla catena distributiva

Maurizio Caiaffa

​​​​Il responso finale è atteso entro l’estate. La catena dei grandi magazzini Coin, marchio nato a Venezia e parte della storia economica nazionale, conoscerà allora il responso del Tribunale delle Imprese, chiamato ad accordare l’omologa a un accordo di ristrutturazione del debito estremamente complesso: 306,7 i milioni di crediti al 30 giugno 2024 congelati dalla procedura, circa 2 mila i fornitori e una cinquantina i proprietari immobiliari sparsi nella Penisola.

Di grande rilievo la portata occupazionale del tentativo di salvataggio, perché nei negozi Coin lavorano a tutt’oggi 1300 dipendenti. Insomma il rilancio del gruppo rappresenta uno sforzo imponente, portato avanti da un team di una ventina di professionisti, in primis avvocati e commercialisti rispettivamente di Grimaldi Alliance e Kpmg Advisory.

La manovra Coin in sintesi
La manovra Coin in sintesi

Il primo traguardo è stato raggiunto nelle scorse settimane. Si tratta del 60% dell’ammontare dei crediti su cui esistono più di 330 accordi già finalizzati. È ancora possibile opporsi alla proposta del debitore, ed è per questo che chi cura la procedura mantiene un grande riserbo: il traguardo finale non è ancora raggiunto e non è ancora scontato che il gruppo veneziano, che nel 2024 ha fatturato 280 milioni, riesca a riaversi dalla situazione di crisi in cui è precipitato, spinto – si legge nei documenti – dai lockdown da Covid e dalla contrazione dei consumi intervenuta in corrispondenza con la guerra russo-ucraina e le annesse tensioni geopolitiche.

Chi paga il conto

Ma in cosa consiste la proposta del creditore? Di sicuro si può dire che uno sforzo importante in vista del salvataggio viene chiesto ai fornitori. In questo caso si parla di 189 milioni di euro di crediti per i quali generalmente si prevede il ristoro del 12% e lo stralcio dell’88%. Significa in parole povere che dei crediti vantati i fornitori portano a casa soltanto una parte davvero piccola. In più, di quel 12% da restituire, Coin propone una rateazione con cadenza annuale che parte nel 2026 per arrivare al 2030.

In questo meccanismo sono coinvolti grandi e piccoli fornitori. Si va dalla taglia dei 2 milioni a poche decine di migliaia di euro: nel lotto figurano in testa alla lista per importi gruppi importanti come Ovs, Vf Corporation (marchi come Timberland, Napapijri e The North Face), Pvh (Calvin Klein, Tommy Hilfiger).

Sotto la taglia dei due milioni di crediti non mancano altri nomi eccellenti. Come Giorgio Armani Spa, che fra l’altro è il gruppo che nell’estate 2024 aveva presentato un ricorso per la liquidazione giudiziale, salvo poi trovare un accordo e rientrare nell’accordo di ristrutturazione ora al vaglio del Tribunale delle Imprese di Venezia nell’ambito della composizione negoziata della crisi.

Il caso Bastianello

Ovviamente questo risvolto fa intendere come il percorso per trovare un accordo con i creditori sia stato a volte accidentato. Un episodio eloquente in questo senso è quello riguardante l’immobile di via Rizzoli, in centro a Bologna, che ospita uno storico store di Coin. In questo caso non parliamo di fornitori ma dei cosiddetti landlord, i proprietari degli immobili in locazione alla rete di vendita del gruppo veneziano: si tratta di una cinquantina di soggetti fra fondi, società immobiliari e persone fisiche.

In questo contesto la società Vis presieduta dal noto imprenditore veneziano Arturo Bastianello (fra l’altro azionista di riferimento del gruppo Pam), che nel 2020 aveva comprato l’immobile bolognese rilevandolo da Generali Real Estate, ha promosso un lungo contenzioso legale contro Coin che risultava morosa per canoni d’affitto non versati: si parla di 1,154 milioni ante 30 giugno 2024 (debito che ricade nella procedura) e di 2,312 milioni maturati successivamente.

Alla fine è stato trovato un accordo piuttosto articolato. Esso prevede la liberazione dei locali entro l’estate prossima, la perdita dei depositi cauzionali (312.500 euro) e la restituzione a rate del 12% dei residui 842 mila euro. Quanto ai 2,312 milioni rimanenti, Coin restituirà in tre rate, entro il luglio 2026, l’importo di 737 mila euro.

La friulana Stroili

Un altro caso significativo riguarda la catena di distribuzione di gioielli Stroili di Amaro, che per Coin gestisce i reparti di gioielleria in virtù di contratti di affidamento. In questo caso il credito maturato al 30 giugno 2024 da Stroili ammontava a 2,236 milioni. Un primo passo è stato stabilire nel 50% di questo importo la somma che Coin deve restituire. Il gruppo veneziano e Stroili hanno quindi deciso di estinguere gli accordi in vigore e di firmare un nuovo contratto di affidamento. A questo punto i 1,118 milioni dovuti da Coin sono stati trasformati in un debito di Stroili ai sensi del nuovo contratto di affidamento.

Il business e i nuovi soci

In vista del salvataggio, comunque, l’accordo con i creditori (a questo punto le eventuali mancate opposizioni al piano) è importante quanto l’andamento della gestione. È prevista la chiusura di otto punti vendita (San Donà di Piave e in prospettiva Vicenza). Fra i documenti depositati da Coin figurano le informative mensili al Tribunale. Ebbene, a marzo 2025 le vendite dei negozi diretti sono risultate di 11,1 milioni: superiori del 14% rispetto al budget ma in calo del 16,7% milioni rispetto all’anno precedente. Invece le vendite in negozi diretti, franchising ed e-commerce è stata pari a 13,4 milioni. L’Ebitda è stato di 3,7 milioni, un calo del 27,4% «che risulta tuttavia in linea con la stagionalità storica tipica del business e della società», afferma l’informativa. La perdita netta del mese è stata comunque di 5,4 milioni.

Di fronte a questi numeri, anche i soci che stanno prendendo in mano il gruppo avranno il loro da fare. È vero che l’eventuale, attesa omologa da parte del Tribunale sbloccherà innanzitutto gli apporti di capitale fresco dando al nuovo corso di Coin una boccata d’ossigeno importante. A quel punto diverranno disponibili i 21,2 milioni di Sagitta Sgr (Europa Investimenti) e Mia (Marco Marchi, fondatore di Liu Jo). Senza dimenticare i 10 milioni del fondo di salvaguardia di Invitalia: la mano pubblica, in sostanza, controllerà il 30,1% del gruppo veneziano. All’operazione prenderanno parte, in via residuale, anche gli attuali azionisti Red Navy (Stefano Beraldo), Joral Investment (Jonathan Kafri) e Hi-dec Edizioni (Enzo De Gasperi). Al che sorge spontaneo un dubbio: se la proprietà sarà così frastagliata (30% Sagitta, altrettanto Mia e Invitalia), chi avrà in mano il timone del nuovo corso?

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