Caro energia, il Gruppo Pittini ferma acciaieria e laminatoio
L’attività produttiva all’interno delle acciaierie e dei laminatoi degli stabilimenti del gruppo a Osoppo, Verona e Potenza è stata sospesa a partire dal pomeriggio del 25 febbraio fino a data da destinarsi. Coinvolti, solo in Friuli, circa 350 lavoratori

OSOPPO. La folle corsa al rialzo dei prezzi dell’energia, a partire dal gas, causata dalla guerra in Ucraina ha indotto il gruppo Pittini a disporre la sospensione delle produzioni a caldo nei suoi stabilimenti.
L’attività produttiva all’interno delle acciaierie e dei laminatoi degli stabilimenti del gruppo a Osoppo, Verona e Potenza resterà sospesa dal pomeriggio del 25 febbraio fino a data da destinarsi.
Come detto, a spingere il colosso siderurgico friulano verso questa difficile decisione è l’aumento dei costi energetici. “Il gas è rincarato del 40% nell’arco delle ultime 24 ore e non è sostenibile” fanno sapere fonti vicine all’azienda, colosso siderurgico che, ricordiamolo, vanta 1,3 miliardi di ricavi (nel 2020), produce 3 milioni di tonnellate di acciai lunghi in 18 strutture, tra produttive e di servizio logistico, e dà lavoro a quasi 1.800 persone.
Lunedì pomeriggio l’azienda deciderà come procedere e come gestire i lavoratori che resteranno a casa per effetto dello stop. Ora la necessità primaria è quella di ribilanciare il portafoglio ordini in cerca di un mix difficilissimo da trovare che eviti all’azienda di erodere i margini e al contempo di ribaltare interamente i rincari sui clienti finali.
Fino a oggi, nonostante la corsa al rialzo dei costi energetici, il gruppo friulano non era mai ricorso a soluzioni così drastiche. Tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 l’azienda aveva valutato, come altro hanno fatto, l’ipotesi di prolungare il fermo impianti al termine delle festività natalizie, ma poi invece l’ipotesi era stata accantonata e i reparti, compresi quelli a caldo, erano tornati regolarmente al lavoro.
L’attacco della Russia all’Ucraina ora ha l’effetto di uno tsunami sul prezzo dell’energia, andato così in alto da richiedere misure drastiche come, appunto, quella del fermo produttivo. Misure simili erano già state adottate da alcune aziende del settore siderurgico che ormai, per ovviare ai rincari o quantomeno cercare di contenerne l’impatto, lavorano la notte, il sabato e la domenica.
Le segreterie di Fim, Fiom e Uilm hanno definito la decisione, appressa a valle di un incontro tra la Rsu e i vertici aziendali, «tanto improvvisa quanto destabilizzante». «Lunedì pomeriggio – aggiungono - si avranno maggiori informazioni, anche sull’eventuale utilizzo di ammortizzatori sociali per cercare di gestire una situazione che potrebbe avere risvolti drammatici nel futuro».
David Bassi (Fiom) Fabiano Venuti (Fim) e Giorgio Spelat (Uilm Uil) hanno informato le segreterie nazionali al fine di poter condividere un tavolo a livello di gruppo e definire il percorso a tutela delle maestranze e del prosieguo aziendale.
Solidarietà e partecipazione subito condivisa dai segretari territoriali di Cgil, Cisl e Uil e da leader dei metalmeccanici, che guardano con attenzione alla crisi, temendo questa possa estendersi a macchia d’olio anche in altre realtà.
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