Andrea Illy: «Illycaffè cresce negli Usa Investimenti green a Trieste»

«Alleanza salda con il fondo Rhône Capital». In Borsa entro il 2024

Piercarlo Fiumanò

Il presidente di illycaffè Andrea Illy ha partecipato a New York all’ottava edizione dell'Ernesto Illy International Coffee Award che ha premiato i migliori produttori del gruppo triestino. In precedenza ha partecipato a un forum all’Onu anche come co-presidente della Regenerative Society Foundation assieme all’economista Jeffrey Sachs. Una giuria internazionale indipendente ha premiato il miglior produttore illycaffè che proviene per la prima volta dal Brasile. E da New York il presidente di Illycaffè annuncia che in parte il piano di investimenti dell’azienda riguarderà proprio la transizione ambientale.

Andrea Illy, Illycaffè festeggia i 90 anni dalla fondazione. Come procede il piano di investimenti nello stabilimento triestino?

«Nel prossimo triennio prevediamo un massiccio piano di investimenti straordinari anche per la transizione ecologica. Come annunciato dalla Ceo Cristina Scocchia raddoppieremo la capacità produttiva a Trieste investendo 120 milioni. Nel 2024 inizieremo i lavori veri e propri. Ma c’è un altro capitolo che riguarda un piano di investimenti Esg per il lancio di prodotti a minore impatto ambientale grazie ai fondi del Pnrr. Se si vuole una produzione più sostenibile bisogna mandare in soffitta le vecchie tecnologie più inquinanti. Come abbiamo già dimostrato a Trieste dove tutto funziona con l’energia rinnovabile».

A proposito della possibile quotazione in Borsa, trovandosi a New York ha sondato l’interesse degli investitori e del mercato?

«La quotazione resta un obiettivo a medio termine ma per ora è prematuro parlarne. Di fatto puntiamo a quotare la società non prima del 2026. Wall Street sarebbe un sogno perchè il mercato americano è il nostro secondo mercato domestico. Tuttavia potrebbe essere un obiettivo costoso e richiederebbe una quota maggiore di ricavi e una elevata capitalizzazione. Vedremo se tra tre anni ci saranno le condizioni per essere qui a New York».

Di fatto seguireste le orme di grandi gruppi come la Luxottica di Leonardo Del Vecchio che fu un pioniere quando preferì quotarsi a Wall Street nel 1990..

«Del Vecchio attuò magistralmente una strategia perfetta all’epoca centrata sulla crescita esterna e investendo i capitali raccolti in acquisizioni sul mercato Usa. Noi abbiamo scelto una strada diversa che è quella della crescita organica interna alla azienda. Anche perchè non abbiamo individuato target adeguati oltreoceano».

Siete contenti della presenza Rhône Capital a due anni dall’ingresso con il 20% del fondo nel capitale illycaffè?

«Molto. Apprezziamo molto l’impegno costruttivo di Rhone in particolare nella governance: nel nostro board è presente in prima persona il fondatore di Rhône Capital, Robert Agostinelli, con la manager director Marianne Kirkegaard. Stanno mantenendo le promesse. Abbiamo scelto Rhône come compagno di viaggio sulla base della loro profonda conoscenza del mercato Usa ed esperienza nel costruire partnership strategiche con aziende familiari».

Moody’s ha confermato il rating dell’Italia. É stata una sorpresa? Da New York percepisce un rischio nei confronti dell’Italia da parte degli investitori Usa?

«Qui a New York non erano in programma incontri con investitori istituzionali ma nel complesso mi pare che stiamo attraversando una fase di rilancio del Made in Italy. Siamo un Paese leader nel mercato di alta gamma, dalla moda al cibo al turismo. Il vantaggio competitivo italiano si è rafforzato anche grazie ai fondi del Pnrr. Anche per queste ragioni le agenzie di rating internazionali mantengono invariato un giudizio positivo sul nostro Paese».

Che atmosfera si respira in Usa sul piano economico?

«Il clima economico negli Stati Uniti è migliorato. Resta la grande incognita sull’esito delle elezioni presidenziali il prossimo anno. Oggi fare programmi di investimento sul lungo periodo, in uno scenario geopolitico instabile, è diventato complicato a causa del rischio sistemico».

Illycaffè si ispira all’economia rigenerativa.

«Siamo stati pionieri nella transizione all’agricoltura rigenerativa nel caffè e oggi oltre il 70% dei nostri fornitori delle migliori Arabica hanno adottato pratiche rigenerative, di cui possiamo confermare i benefici per l’ambiente e per la salute, ma anche per le aziende produttrici a livello economico. Quest’anno abbiamo lanciato, in partnership con produttori brasiliani, il primo caffè al mondo con certificazione di origine al 100% da agricoltura rigenerativa. Auspico che questo modello agronomico possa espandersi molto rapidamente, rendendo con ciò più sostenibile l’intero settore. E sono felice che sia stato premiato quest’anno un produttore dal Brasile che lavora in base a questi principi».

Secondo uno studio condotto nel 2015 dalla Columbia University, entro il 2050 fino al 50 per cento delle terre attualmente coltivabili a caffè non saranno più utilizzabili. Qual è l’impatto del rischio ambientale sul mercato del caffè?

«La situazione non è migliorata. All’ultimo World Coffee Forum di Bangalore in India è emersa molta preoccupazione per i margini bassi dei salari, a volte anche al di sotto della soglia di povertà. Non si affronta il problema del clima senza eliminare le diseguaglianze promuovendo un modello di business sostenibile e basato su principi etici. Come ha detto Vanusia Nogueira, direttore esecutivo Ico, per il futuro del caffè dobbiamo pensare al pianeta e alle persone coinvolte e camiare completamente paradigma. Dobbiamo dare più risorse ai piccoli Paesi produttori del Centroamerica e dell’Africa. Serve una partnership pubblico-privata per lanciare un piano di investimenti cross-border che renda sostenibile l’intera filiera mondiale del caffè. C’è molto lavoro da fare». —

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