Alzacristalli e lavavetri, i motori elettrici Cebi contro l’assedio cinese
L’azienda di Veggiano si prepara a celebrare mezzo secolo di storia come leader globale dei motori elettrici per la regolazione di sedili e alzacristalli d’auto

Nel 1976, in un capannone a Grisignano di Zocco, l’imprenditore Antonio Sesso mise in moto un’idea: costruire piccoli motori elettrici. Erano gli anni dei giocattoli meccanizzati, dei trenini Lima e delle bambole Furga. Dentro quei prodotti si nascondeva un motorino firmato allora Nuova Sme: minuscolo, leggero, un meccanismo capace di dare voce e movimento a un mondo fatto di plastica e ingranaggi.
Oggi l’azienda, trasferitasi dal 1997 a Veggiano nel padovano, e rinominata Cebi Motors nel 2012, si prepara a celebrare mezzo secolo di storia come leader globale dei motori elettrici per la regolazione di sedili e alzacristalli d’auto. «Festeggeremo l’anno prossimo i primi 50 anni», annuncia l’amministratore delegato Maurizio Basso, che da trentratré anni è al timone dell’azienda. «Ho visto i motorini crescere ed equipaggiare la prima Fiat Punto. Oggi equipaggiamo auto in tutto il mondo».
Cebi Motors si è evoluta continuamente negli anni. La prima svolta arrivò a metà degli anni ’80, quando l’azienda iniziò a produrre motori per applicazioni professionali: prima per Olivetti, per il trascinamento della carta a modulo continuo per le stampanti; poi per l’automotive, con motori per pompe lavavetri, per girofari e bloccaporte. Ma la vera rivoluzione avvenne dopo. «La principale innovazione fu a metà degli anni ’90, con la realizzazione del primo motorino per alzacristalli compatto, con un albero da 4 mm invece degli standard 8. Pesava la metà, funzionava meglio: diventò lo standard globale», racconta l’ad Basso. «All’epoca non fu brevettato e venne progressivamente copiato. Ma quel motore resta il simbolo della capacità di Cebi di innovare».
Basso entra in azienda nel 1992, quando la società attraversa una crisi profonda. Con lui arriva la ristrutturazione manageriale, due anni dopo la negoziazione della vendita al gruppo Cebi e un percorso di rinascita industriale. Oggi Cebi Motors fattura 90 milioni di euro, quasi tutto export, conta 450 collaboratori, di cui 400 a Veggiano, e produce 20 milioni di motori l’anno, con l’obiettivo di arrivare a 25 milioni nei prossimi tre anni. Il business è concentrato sull’automotive: i motori prodotti in Veneto muovono i sedili e le portiere di quasi tutti i costruttori europei, ma anche americani e cinesi.
Per Cebi Motors, non direttamente coinvolta dalla transizione energetica, la sfida oggi ha un nome preciso: competizione cinese. «I produttori automotive cinesi stanno rapidamente guadagnando terreno, è un trend irreversibile. Hanno costi energetici, materie prime e manodopera molto inferiori, unitamente a supporti e flessibilità che li rendono ancora più competitivi ed aggressivi economicamente», sottolinea Basso. «Per un’azienda europea che vuole mantenere la produzione nel territorio, questo impone investimenti continui in un contesto molto spesso imprevedibile, anche per effetto di normative europee a volte poco pragmatiche a differenza di quello che avviene ad esempio in Cina». Quando si investe non esiste garanzia di payback: «Ma continuiamo a investire perché solo l’innovazione rafforza il valore del nostro Made in Italy».
Tra i progetti più recenti c’è un motore per sistemi di apertura automatica delle portiere, per i modelli più avanzati. «Immaginate – dice Basso – di arrivare all’auto con le mani occupate da borse o telefono: la porta si apre senza toccarla, grazie ad un sistema con funzioni di sicurezza integrata. Un esempio di come l’innovazione possa migliorare il comfort quotidiano».
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