“Acciaio, per il mercato delle costruzioni PNRR fondamentale”

Per il gruppo siderurgico Manni ricavi a un miliardo. Il presidente: “Per il 2023 la vera incognita è se il governo sarà capace di mettere a terra il PNRR”

Federico Piazza

Il Gruppo siderurgico Manni chiuderà positivamente un 2022 «a doppia faccia» per l’acciaio. Bene il primo semestre in cui è stato messo molto fieno in cascina, male il secondo. Fatturato alla fine in crescita a circa un miliardo di euro, con redditività e investimenti mantenuti nonostante il calo generalizzato della domanda europea negli ultimi mesi, il caro energia e le difficoltà sul mercato russo.

Il perimetro del Gruppo, che conta 1200 dipendenti e 13 società operative nel mondo, si è nel 2022 ampliato con l’acquisizione del centro servizi metallurgico piemontese MPL. Nel frattempo prosegue l’innovazione Industria 4.0 negli stabilimenti italiani, è stato avviato un modernissimo impianto greenfield di produzione di pannelli isolanti in Germania, la divisione acciaio punta sui prodotti per l’edilizia a secco, Manni Energy sta intercettando un boom di commesse nel fotovoltaico.
«Ma per il 2023 la vera incognita è se il governo sarà capace di mettere a terra il PNRR, senza la cui efficacia temo che ci sarà soprattutto nella prima metà dell'anno una situazione di forte contenimento della domanda e quindi di riduzione del volume d'affari», avverte il presidente Francesco Manni, intervistato su andamento, obiettivi e prospettive del Gruppo veronese specializzato in lavorazioni dell’acciaio, pannelli isolanti e servizi per il settore delle costruzioni.

Presidente, partiamo dalla novità di quest’autunno, quando una nuova realtà è entrata a far parte del Gruppo Manni.
«Nell’ambito della business unit acciaio a ottobre 2022 Manni Sipre ha acquisito dal Gruppo Feralpi il 100% delle quote di Metallurgia Piemontese Lavorazioni srl (MPL) di Rivoli, un centro servizi per la lavorazione di travi e angolari nel settore costruzioni con oltre 240 clienti, fatturato previsto di 27,4 milioni di euro e una capacità produttiva annua di 30mila tonnellate. L’operazione MPL appresenta per noi una scelta strategica in previsione della crescita del trend di sviluppo del settore a livello nazionale nel prossimo triennio, strettamente connessa all’esecuzione del PNRR, ma anche con uno sguardo a un possibile sviluppo estero, grazie ai fondi europei di Next Generation EU, tra cui la prospettiva di crescita ulteriore sul mercato francese».

Che ricadute vi aspettate dal PNRR nei prossimi anni?

«Guardando al mercato interno nazionale, dove sviluppiamo il 60% del nostro fatturato consolidato globale, l’efficacia del PNRR sarà molto importante. Le tre business unit di Manni (acciaio, pannelli isolanti, servizi) sono tutte fortemente focalizzate nel servire i settori delle costruzioni e delle infrastrutture, dove la domanda sarà fortemente influenzata dalla capacità dei governi di mettere a terra le misure del PNRR. E come detto, senza efficacia nei primi mesi del 2023 mi aspetto domanda debole e conseguente calo del fatturato. Quindi è una questione molto importante, soprattutto per le società con sedi in Italia che nel mercato nazionale fanno l’80% del volume d’affari, e il resto in Francia, Austria, Germania meridionale e Balcani occidentali».

Allargando al resto dei mercati internazionali, qual è la situazione?

«Stiamo andando molto bene in Romania e Messico, dove siamo i produttori leader di pannelli isolanti. In Romania dal 2007 con Isopan Est abbiamo costituito un ottimo gruppo di lavoro che ci sta dando grandi soddisfazioni in termini di qualità e di risultati. In Messico lo stabilimento Isocindu dal 2015 serve sia l’America Latina sia il Nord America, con il mercato USA che sta gradualmente crescendo tant’è che pensiamo di investirvi ulteriormente per affiancare alla nostra società commerciale per l’acciaio pre-lavorato per carpenterie di Houston anche un impianto produttivo di pannelli. Bene anche la Spagna, dove sempre nei pannelli abbiamo una presenza consolidata con lo stabilimento di Isopan Iberica a Tarragona che è stato nel 2001 il primo step del nostro processo di internazionalizzazione. E puntiamo molto sulla Germania, dove a Halle abbiamo avviato quest’anno un nuovo impianto di ultimissima generazione ed elevata capacità produttiva di pannelli con un investimento greenfield, quindi una struttura di Isopan Deutschland nostra, mentre prima eravamo in affitto. Sappiamo che la Germania sta oggi soffrendo molto la crisi, e nei nuovi equilibri geopolitici ed economici mondiali si trova costretta a ripensare il suo disegno strategico industriale che finora si era molto basato sulle due importanti direttrici della fornitura di gas russo a prezzi molto vantaggiosi e della progressiva integrazione industriale con la Cina. Partnership con Mosca e Pechino che nei nuovi equilibri mondiali non sono più possibili. Ma siamo certi che la Germania ne uscirà perché ha le risorse per attraversare la crisi, e quindi investiamo con decisione in un Paese che ha un grande potenziale di sviluppo sia per il mercato interno sia per quelli di Olanda, Danimarca, Repubblica Ceca e altri Paesi dell’Europa centro-settentrionale. Poi, invece, c’è il tasto dolente della Russia…».

Come sta andando Isopan Russia?

«Enorme difficoltà, tant’è che stiamo anche considerando la cessione della società, operazione però estremamente complicata visto il quadro geopolitico. In Russia soffriamo sia per il brutale calo della domanda interna a causa delle sanzioni economiche sia perché, in quanto italiani, rappresentiamo un blocco di nazioni ostili o percepite come ostili alla Russia.
Anche se, con gli elementi conoscitivi di allora, rifarei comunque la scelta di avviare nel 2014 a Volgograd un impianto produttivo di pannelli isolanti, perché la Russia e gli altri Paesi ex Urss dell’Asia centrale e della regione del Caucaso sono territori vastissimi dove c’è molto da costruire e da riammodernare. Non si poteva prevedere che di lì a pochi mesi la Russia avrebbe annesso la Crimea e che successivamente si sarebbe addirittura arrivati all’invasione dell’Ucraina. Scegliemmo allora di insediarci a Volgograd proprio perché in quella zona, oltre a non esserci un’elevata concentrazione di nostri concorrenti, abbiamo trovato una buona cultura e preparazione metallurgica delle maestranze risalente alla specializzazione industriale di questa regione nella produzione di componenti meccanici, soprattutto militari».

Globalmente, come chiuderete il 2022?
«Il Gruppo Manni si avvia a sfiorare nel 2022 il miliardo di euro di ricavi. In crescita rispetto agli 846 milioni del 2021, che già si era distinto come tra i più alti raggiunti negli ultimi quattro anni. Difesa la marginalità, che nel 2021 aveva visto un Ebitda di 55 milioni. Anche perché, grazie alla scelta fatta già in tempi non sospetti di dotarci di ampi impianti fotovoltaici, con 157 Mw di potenza rinnovabile gestita, siamo riusciti a contenere moltissimo l'incremento delle bollette energetiche, che è quindi stato tollerabile».

Nel 2021 la divisione Manni Inox ha raddoppio il fatturato a 101 milioni, sestuplicato l’Ebitda a 26 milioni, quasi decuplicato il reddito netto a circa 18 milioni. Come è andato il 2022?
«Anche in questo comparto il 2022 è stato un anno a doppia faccia, primo semestre d’oro e secondo di grande difficoltà. È comunque noto che quello dell’inox è un mercato molto speculativo per via delle forti fluttuazioni in borsa del prezzo del nichel che si ripercuotono sui costi di acquisto e quindi anche sui prezzi di vendita del prodotto. L'anno si chiuderà comunque bene: siamo fiduciosi di ripetere quantomeno il risultato del 2021».

Novità di prodotto e di mercato?
«Stiamo puntando sull’edilizia a secco: costruzioni chiavi in mano nel settore della prefabbricazione che possono essere montate direttamente in cantiere senza ricorrere al cemento armato. E sul fotovoltaico, dove la nostra società Esg specializzata Manni Energy sta avendo un’enorme crescita di volumi e di fatturato».

Investimenti in Italia?
«Stiamo lavorando per completare entro giugno 2023 una serie di investimenti Industria 4.0, come quello che abbiamo fatto nello stabilimento di Manni Sipre di Campoformido in Friuli, volti ad ammodernare il parco macchine, aumentare l’automazione industriale ed efficientare la produzione. Un’innovazione di processo che intendiamo estendere anche agli stabilimenti nel Veronese, in Lombardia e nelle Marche. E poi c’è il continuo investimento in formazione del personale, con molta attenzione ai piani di sviluppo individuale per i giovani promettenti, e costante collaborazione con le scuole anche in Veneto e Friuli. Anche se non nascondiamo che in Italia abbiamo enormi difficoltà a reperire personale, perché c'è una discrasia molto forte tra preparazione scolastica e le esigenze delle aziende che mutano rapidamente. Così come non è facile trovare persone disposte a cimentarsi, con relativa crescita professionale, in esperienze internazionali di qualche anno nelle nostre varie società estere».

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