A casa di Isabella Collalto, la principessa che produce vino da più di mille anni

Il leccio monumentale che si affaccia dalla terrazza-giardino del castello di San Salvatore. Il pino marittimo che troneggia in mezzo ai vigneti e che, ai tempi della spedizione napoleonica in Italia, faceva da punto di riferimento per le truppe dell’Imperatore. Il cedro del Libano che si ammira a bocca aperta, tanta è la sua imponenza, nel grande parco del maniero. Tutto trasuda solennità e natura nella proprietà dei Collalto - circa 160 ettari di vigneto, dei quali 100 a Glera per il Prosecco e 60 suddivisi in una ventina di varietà, anche rossi autoctoni - storica azienda vinicola di Susegana, alle porte di Conegliano.
Dire storica forse è perfino riduttivo. Perché la nobile famiglia, oggi guidata con mano ferma e gentile da Isabella Collalto de Croÿ, imprenditrice nata principessa e sposa di un principe belga, presiede queste terre da tempo immemore, addirittura dal 958 dopo Cristo, nell’epoca del Sacro romano Impero. È stata la rivista specializzata americana “Wired”, detta la “Bibbia di Internet”, a specificare che quella dei Collalto è l’ottava più antica azienda familiare al mondo. «Il grande libro della famiglia - racconta la principessa Isabella - inizia quando il re d’Italia Berengario nel lontano 958 fece dono al nostro antenato Rambaldo del bosco del Montello e della Curtis di Lovadina, vasta pianura di prati, pascoli e vigneti ai piedi delle colline trevigiane. Un intreccio di tanti racconti, avvincente come un poema cavalleresco».
L’antenato del Prosecco
Da allora i Collalto, generazione dopo generazione, hanno sempre vissuto e operato in questo territorio. I vigneti di Glera (i più vecchi hanno tra i 40 e i 50 anni), esposti verso Sud, rappresentano la propaggine meridionale della Docg Conegliano Valdobbiadene e tutti circondano il castello di San Salvatore, il perno attorno a cui è ruotata per secoli la vita di centinaia di persone, microcosmo di fondamentale importanza. Qui fin dal 1600 - e c’è documentazione scritta - si vinificava il Verdiso, un bianco autoctono del Trevigiano, fresco, beverino e con una punta di frizzante. Un antesignano del Prosecco, che attualmente è una produzione di nicchia, riservata a pochi cultori delle tradizioni. «Noi oggi abbiamo dieci ettari a Verdiso - racconta il manager Giovanni Selvestrel - e siamo i più grandi, fatte le debite proporzioni, produttori di questo vino. Però ne siamo orgogliosi, perché rappresenta un altro pezzo significativo di storia».
La prima in cemento armato a Treviso
Da 120 anni, dal 1904, la cantina Collalto si è spostata, dai sotterranei del maniero di San Salvatore, poi ferito dai bombardamenti della Grande Guerra, poco più giù, ai margini della strada che da Conegliano porta a Treviso. Una costruzione imponente, la prima realizzata in cemento armato in provincia di Treviso, che all’epoca era tecnologicamente all’avanguardia. Ancora adesso supplisce perfettamente alle necessità dell’azienda, visti i grandi spazi per la sistemazione delle cisterne in acciaio, delle botti in rovere, delle attrezzature e dei macchinari necessari per produrre un vino degno di finire in bottiglia e di essere venduto, con successo, in Italia e nel mondo.
Al primo piano di uno degli edifici ci sono gli uffici e lo studio di Isabella Collalto. Un open space con un lungo tavolo in legno massiccio, le pareti tappezzate da fotografie d’epoca che testimoniano l’opera di ricostruzione post Prima guerra mondiale. «Ogni mercoledì qui da me facciamo le riunioni operative - spiega l’imprenditrice, che è anche presidente dell’Associazione delle Ville Venete - ci tengo a essere informata costantemente di come vanno le cose, a conoscere, ad avere suggerimenti, proposte su come lavorare per ottenere risultati. Chi non può esserci in presenza, si collega da remoto, ma in genere non manca nessuno».
Isabella Collalto - primogenita del principe Manfredo e della principessa Trinidad di Collalto - da 17 anni si occupa full time dell’azienda vitivinicola arrivata fino a noi dal Medioevo. Ma nella sua vita precedente, dopo la laurea alla Scuola interpreti di Trieste, ha lavorato proprio come interprete al Parlamento europeo a Bruxelles. «Puntiamo all’attenzione per le innovazioni sostenibili nella cura dei vigneti - spiega - e la ricerca qualitativa applicata alle caratteristiche del prodotto e del territorio».
Quel lascito del Professor Manzoni
La sostenibilità ambientale, per i Collalto, è nel Dna, non un’ambizione da raggiungere. A operare seguendo la sostenibilità ci aveva già pensato l’abate Vinciguerra VII quando attorno al 1700 l’eminente figura del casato si distinse per il rinnovamento agricolo e per le sue politiche di sperimentazione.
Così come operò nello stesso solco anche Ottaviano I, il “conte agricoltore”, che a fine Ottocento era nel consiglio della scuola enologica di Conegliano. «Il territorio viene gestito e tutelato - conferma il manager Selvestrel - . Oltre alle viti nella proprietà ci sono prati e boschi, con un’integrazione a 360 gradi. L’installazione di colonnine meteo, in collaborazione con l’Università di Piacenza, consente un monitoraggio costante dei vigneti, risparmio idrico e uso sostenibile dei trattamenti. Queste pratiche permettono un sistema di produzione che assicura la gestione eco-sostenibile del vigneto e della cantina, rispettando gli standard più elevati. Dal punto di vista energetico la cantina è autosufficiente, non utilizziamo il gas. Per il riscaldamento bruciamo il cippato che deriva dalla manutenzione del bosco. Il fotovoltaico è ben presente, i pannelli ricoprono i tetti spioventi della cantina e c’è anche una parte di energia idroelettrica».
Un’altra storia nelle storie che identifica i Collalto è la collaborazione tra la famiglia e il professor Luigi Manzoni, allora preside del Regio istituto di viticoltura ed enologia di Conegliano, il primo nel suo genere in Italia. «Un incontro, negli anni Trenta del Novecento - racconta ancora la principessa Isabella Collalto - che consente al professor Manzoni di sperimentare nei nostri appezzamenti più incroci, dando vita a un vigneto autoctono fonte di quattro bottiglie che per noi sono un fiore all’occhiello: il Manzoni Bianco, incrocio tra il Riesling Renano e il Pinot bianco, il Manzoni Rosa, incrocio tra Trebbiano e Traminer, il Manzoni Moscato, incrocio tra Moscato d’Amburgo e Raboso Piave, il Manzoni Rosso, incrocio tra Cabernet e Glera. Quattro vini importanti che nel tempo hanno saputo incontrare il favore di intenditori e appassionati in Italia e nel mondo».
Oggi Collalto produce circa 800 mila bottiglie di vino all’anno (oltre al vino il brand comprende pure grappa, amaro e gin), il 70% finisce sul mercato italiano, esclusivamente nel canale Horeca, mentre all’estero il distributore più rilevante è negli Usa. Ma si aprono linee di mercato anche nel Regno Unito, in Germania, Svizzera, Est Europa, Giappone e Sud America. In attesa di conoscere le prossime tappe di un’avventura millenaria, più unica che rara.
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