Il fenomeno Prosecco dà il colpo di grazia al Friulano (ex Tocai)

Viaggio nel mondo dell'oro bianco delle bollicine. Un ettaro vale 30 mila euro. Il glera si “beve” gli altri vitigni

UDINE. L’oro bianco delle bollicine si chiama Prosecco. E il Friuli Venezia Giulia è, con parte del Veneto, l’unica area in cui lo si produce.

Un business che, grazie all’incessante aumento della domanda in tutto il mondo, sta diventando colossale. Già oggi, con i prezzi in continua ascesa e una vendemmia 2016 che si preannuncia ottimale (salvo imprevisti delle ultime settimane), un ettaro di uva coltivato a Prosecco rende circa 30 mila euro.

Tanto che il mese scorso le Regioni interessate hanno autorizzato il Consorzio della Doc ad allargare la superficie vitata di altri 3 mila ettari (600 tra Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste). Il rovescio della medaglia? Quello di arrivare a una monocoltura, o quasi. Con la sparizione di tanti vitigni autoctoni.

Ma è la domanda che fa il mercato. E tra New York e Londra, la Svizzera e il Canada, l’Australia e la Germania, l’aperitivo a base di Prosecco è una moda irrinunciabile.

Tanto che nel Regno Unito nel 2015 le bollicine made in Friuli hanno soppiantato lo champagne. Un sorpasso storico, almeno in quantità, non ancora in valore, vista l’ampia forbice di prezzo che separa lo spumante francese da quello del Nordest italiano. Perchè uno dei successi del Prosecco, oltre alla sua facilità e immediatezza quando lo si sorseggia, è legato proprio al prezzo. Si trovano bottiglie a 3 euro fino a un massimo di 10. Solo qualche cantina super raffinata nella Docg di Valdobbiadene o con il Cartizze può imporre etichette che arrivano fino a 15 o 20 euro.

Ma appunto sono eccezioni da poche migliaia di litri su una produzione complessiva che ha sfondato quota 380 milioni di unità. Quest’anno si andrà oltre, probabilmente sopra i 400 milioni. Mentre nel 2017, grazie ai nuovi impianti autorizzati di recente che porteranno la maxi Doc a superfici monstre (circa 25 mila ettari), si potrebbe raggiungere la cifra da record storico di 500 milioni di bottiglie, con possibilità di fare ancora di più negli anni a venire.

Metà degli ettari assegnati in Fvg sarà distribuita tra le aziende che alla data del 29 aprile scorso erano già inserite nel sistema di controllo della Doc Prosecco e non soggette al blocco della rivendicazione del marchio. La restante parte è invece riservata alle aziende in possesso di determinate caratteristiche, ovvero l’adesione ai canoni dell’agricoltura biologica e l’appartenenza ai giovani agricoltori. Affari a gonfie vele, dunque, per chi ha la fortuna di avere terreni coltivati a Glera.

E numeri da capogiro per le cantine che imbottigliano le preziose bollicine. Il trend di commercializzazione, infatti, è in continua crescita e nell’anno scorso ha segnato un ulteriore aumento del 16 per cento dopo il più 27 per cento registrato nel 2014.

Ma c’è anche chi vede i pericoli dietro l’angolo. In primis il rischio di arrivare, se il trend di espansione del Prosecco continuerà a galoppare su queste cifre, a una sorta di monocoltura o quasi, tra Veneto orientale e Friuli. Già oggi basta fare un viaggio in treno e da Codroipo fino a Treviso, affacciandosi dal finestrino, ci si imbatte in un paesaggio fatto esclusivamente di migliaia di vigneti, per la maggior parte di Glera.

In regione il Prosecco ha una fetta del 20 per cento della superficie complessiva vitata e aumenterà ancora. Se pensiamo che un altro 25 per cento è destinato al Pinot grigio, vino (stavolta fermo) che va per la maggiore soprattutto all’estero, già oggi quasi la metà del territorio è monopolizzato da due soli vitigni.

E così il Friulano, l’ex Tocai, per decenni vero e proprio vanto della produzione friulana, diventa sempre più marginale. Il cambio del nome non ha giovato alle sue fortune e i fondi europei destinati a lanciarlo e imporlo sui mercati non hanno dato i risultati sperati.

La conseguenza? Il Friulano (nei ristoranti e nei bar di Udine e Pordenone lo si chiama sempre e comunque Tocai) ha ridotto la produzione, con un 7 per cento in meno di ettari coltivati tra il 2010 e il 2013, a tutto vantaggio di Prosecco e Pinot grigio.

Ma anche altri vini storici soffrono tremendamente la concorrenza delle bollicine. Le performance peggiori le fanno registrare tre rossi di grande spessore: Cabernet sauvignon (-14 per cento), Cabernet franc (-16 per cento) e Merlot (-19 per cento). Tra i rossi solo il Refosco dal peduncolo rosso resiste con un più 2 per cento di ettari coltivati, in particolare nelle Doc Collio e Colli Orientali, dove la qualità è altissima e di conseguenza si possono spuntare buoni prezzi per bottiglia.

Il futuro della viticoltura friulana, almeno nell’arco dei prossimi 10, 15 anni, sembra segnato, con una predominanza di bianchi e bollicine. Oltre a Pinot grigio e Prosecco, da evidenziare anche la crescita della Ribolla gialla, questo sì vitigno autoctono del Fvg che i veneti e gli sloveni puntano a coltivare e poi commercializzare meglio di noi. Insomma il Nordest è diventato negli ultimi anni il serbatoio mondiale delle bollicine di qualità e a prezzo abbordabile. La concorrenza dello champagne non fa paura. La sfida è aperta.

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