Giovani, Dalla Zuanna: “Alzare gli stipendi tagliando il cuneo fiscale. Solo così si può fermare la fuga”
Il sociologo analizza le cause del fenomeno dell’espatrio dei talenti dalle regioni del Nord Italia: «Una nuova forma di emigrazione che nasce dalla percezione di maggiori opportunità e dai costi di trasferta nettamente ridotti»

Invertire la tendenza della fuga all’estero dei nostri giovani? «Arduo, ma bisognerebbe fare una sola cosa: aumentare gli stipendi netti», risponde il professor Gianpiero Dalla Zuanna, ordinario di Demografia presso il Dipartimento di scienze statistiche dell’Università degli Studi di Padova.
Sorpreso da questo studio della Fondazione Nord Est?
«Il fenomeno è noto, così come sappiamo che scelgono l’estero soprattutto i giovani delle città, delle città universitarie in particolare, rispetto a chi vive nelle periferie. Colpisce però l’entità: i numeri di chi è emigrato dal Nord Est sono veramente importanti».
Quale spiegazione fornite di questa nuova tipologia di migranti?
«Per interpretare qualsiasi fenomeno migratorio si devono considerare tre fattori: fattori di attrazione, fattori di fuga, il costo della migrazione. Quanto ai primi due, in questo caso sono speculari: ad attirare è il differenziale degli stipendi e la percezione di maggiori opportunità che i nostri giovani vedono all’estero. La sensazione che ci siano decisamente più possibilità di carriera. Pochi Paesi come il nostro appaiono ingessati da questo punto di vista. Dall’istruzione alla sanità, conta solo l’anzianità di servizio, rispetto al talento. Di questa differenza, i giovani di oggi hanno una percezione nettamente superiore rispetto a quella che potevamo avere noi trenta, quaranta anni fa».

Quanto al tema del costi?
«Si sono clamorosamemte abbassati. Un mio professore mi diceva che negli anni Sessanta il prezzo di un biglietto aereo per Los Angeles equivaleva a quello di un’utilitaria. Oggi, se sei fortunato, con 500 euro ci vai. Spendi meno che per andare in vacanza a Sottomarina».
Lo studio ci fa poi notare che ad emigrare sono specialmente i giovani più istruiti. Perché?
«Perché chi si è fermato presto con gli studi, se vuole, un lavoro, ad esempio il saldatore, lo trova subito in Italia. Più difficile per laureati che ambiscono a professioni adeguate».
Come riuscire a trattenere i giovani cervelli in fuga?
«Intanto diciamo subito che non è detto che chi è uscito, poi, non possa rientrare. All’Università di Padova abbiamo appena assunto due professoresse italiane che insegnavano a Londra. L’abbiamo potuto fare grazie alla legge per il rientro dei cervelli, garantendo loro un migliaio di euro in più rispetto ai pari grado».
Una buona legge, dunque.
«Sì, va detto anche che questa legge la paghiamo poi tutti noi, con le tasse».
Un altro dato che emerge dalla ricerca è la soddisfazione di chi si è stabilito all’estero.
«Vero, ma questo dato sconta il fatto che a rispondere sono quelli che si trovano ancora all’estero, non chi magari è rientrato, deluso dall’esperienza vissuta».
Come si potrebbe invertire la tendenza alla fuga della meglio gioventù?
«Solo se riusciremo a imprimere una svolta importante agli stipendi netti. I lordi non sono poi così tanto diversi».
Il tema del cuneo fiscale...
«In particolare tasse e contributi prelevati al lavoratore, non quelli versati dall’azienda. Il vero cuneo fiscale, in Italia, ammonta a un terzo del lordo ed è il più alto di tutti i Paesi Ocse. Ma qui entriamo in un discorso molto complesso. che chiama in causa le politiche economiche del governo».
Cosa servirebbe?
«Inasprire la tassa di successione, la tassa sulla casa. Combattere seriamente l’evasione fiscale. Smettere di essere così titubanti contro l’uso del contante».
L’autonomia differenziata potrebbe diventare utile in questo senso?
«L’autonomia è come la rivoluzione proletaria per i comunisti. Il discorso sarebbe molto più ampio. Non a caso, la prima cosa di autonomo che fa Zaia in questi giorni è aumentare le tasse. Io personalmente sono autonomista convinto, ma per un’autonomia estesa a tutti».
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