Enrico Carraro: «Confindustria, saremo determinanti. Il presidente abbia un ruolo diverso »

Nel calcio si dice “portarsi via l'uomo" intendendo la capacità di attirare uno o più difensori su di sé, liberando così un compagno di squadra che si trova in una posizione migliore per ricevere il pallone. E magari finalizzare l’azione offensiva. Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto, nel dare la sua disponibilità a sondare un’eventuale candidatura veneta al vertice dell’Aquilotto, ha fatto più o meno questo.
E ora che i candidabili iniziano ad emergere, con una disfida in salsa ligure che vedrebbe in campo anche Antonio Gozzi e Edoardo Garrone, si può dire che il ruolo del Veneto, almeno fino a che non si entrerà nel vivo della competizione, sia stato questo. Carraro in questa lunga intervista non lo ammette, ma dice e ribadisce alcune cose.
«Io sono abituato ad una Confindustria in cui si viene chiamati -premette-. Quando mi è stato chiesto di diventare il presidente del regionale mi è stato appunto chiesto. Credo che la nostra associazione dovrebbe diversamente interpretare il ruolo del presidente, sono convinto che chi siede al vertice debba avere una funzione diversa».
«Quando si chiamano imprenditori a guidare un’associazione come Confindustria, si deve avere una idea di governance differente, in cui il presidente non fa il direttore generale, ma svolge le sue funzioni di rappresentanza con accanto a sé un management dedicato». Un ruolo da frontman, insomma, ma non da professionista dell’associazione.
Chiarito il punto, riprende l’imprenditore: «Ho già un incarico che mi assorbe molto e non sono alla ricerca di altre poltrone. Ma certamente credo che la Confindustria debba, nella dinamica che porta alla scelta del suo leader, attuare dei ragionamenti diversi dal passato».
Presidente Carraro significa che il Veneto è fuori dai giochi per il nuovo vertice?
«Tutt’altro, il Veneto nel suo insieme sarà determinante nella scelta del nuovo presidente. È a questo che, prima di tutto, dobbiamo guardare piuttosto che alla provenienza geografica. Abbiamo bisogno di un presidente che abbia certe caratteristiche, che sia un imprenditore di aziende importanti, che non significa necessariamente di aziende grandi, ci sono imprenditori importanti anche in aziende di medie dimensioni. Un imprenditore che non va a fare il presidente del Veneto ma lo fa per l’intero. Credo che comunque si stiano muovendo delle cose, nel modo di intendere questo ruolo».
Ritiene che serva un cambio di passo rispetto al passato?
«Credo che ci debbano essere delle dinamiche diverse nel portare al vertice di Confindustria i presidenti. Non voglio criticare gli ultimi leader, visto anche i contesti in cui hanno dovuto operare. Carlo Bonomi è stato presidente in un periodo terribile, una pandemia, due guerre. Ma il modo di interpretare questo ruolo deve essere differente per il bene delle imprese, a mio parere».
Il mondo delle imprese deve cogliere sfide importanti, il tema del capitale umano è al centro del dibattito, dalla contrattazione di secondo livello, ai temi della produttività e delle retribuzioni, al modo in cui si sta al lavoro. Luxottica ha fatto da apripista in passato, lo sta facendo anche in questi giorni con il passaggio del nuovo accordo sulla settimana corta in fabbrica. Che cosa possiamo apprendere da questa innovazione?
«Luxottica è un esempio notevole di come una grande azienda possa navigare nel mercato del lavoro. Hanno capitalizzato su un sistema di welfare avanzato per attrarre i loro dipendenti, riconoscendo che oggi il lavoro non si limita al solo stipendio. I giovani cercano un equilibrio tra vita e lavoro e le aziende devono adattarsi a questo cambiamento, soprattutto nel contesto della digitalizzazione e della transizione verso un'economia più sostenibile. Con la carenza di giovani lavoratori, è una sfida che tutti noi dobbiamo affrontare».
Il Nord Est fonda il suo successo sulle capacità e sull’etica del lavoro.
«È così. Il Veneto, come molte altre regioni industriali, deve molto al duro lavoro e ai sacrifici degli imprenditori e dei loro collaboratori. Tuttavia, ora siamo in un periodo di cambiamento. Le aziende che hanno successo sono quelle che investono in nuovi processi e prodotti, non limitandosi a ridurre il costo del lavoro. Dobbiamo affrontare sfide più ampie, come l'aumento della produttività e il valore aggiunto delle aziende».
Come si costruisce questo cambiamento?
«Le aziende devono essere flessibili e innovative. Per esempio, la contrattazione di secondo livello sta diventando un'importante leva per adeguare e incentivare i collaboratori. Il welfare aziendale, iniziato timidamente, è ora una parte essenziale per attrarre talenti. Inoltre, dove c'è innovazione nei processi, le aziende hanno maggiori margini di manovra nella gestione dei costi del lavoro».
La Bce ha mantenuto invariati i suoi tassi d'interesse chiave al 4,50% al 20 settembre 2023. Ora l’inflazione sta scendendo, anche più velocemente del previsto.
«L’anno più duro è stato e sarà quello tra il secondo semestre del 2023 e la prima parte del 2024. Abbiamo avuto un 2022 molto dinamico e molti ordinativi hanno sostenuto anche la prima parte di quest’anno. Da alcuni mesi, tuttavia, viviamo un periodo di incertezza economica. Il costo crescente del denaro e le restrizioni creditizie stanno mettendo sotto pressione il sistema imprenditoriale. Stiamo affrontando un rallentamento degli investimenti, aggravato da una crisi di fiducia tra le imprese e le istituzioni finanziarie. Inoltre, fattori come il prezzo dell'energia e la competitività del costo del lavoro stanno influenzando le nostre aziende».
Il contesto geopolitico non aiuta, che effetti percepite dalla crisi Ucraina e da quella tra Israele e la Palestina.
«In un contesto globale, i conflitti internazionali e le dinamiche dei mercati esteri hanno un impatto significativo sulle nostre aziende. Abbiamo visto gli effetti che le tensioni tra Russia e Ucraina hanno portato sui mercati: aumento della spesa per le materie prime e l’energia. Il conflitto israelo-palestinese influisce molto sulla propensione agli investimenti. Non riusciamo ad avere chiarezza sul corso dei mercati. Anche se, parlando del Veneto, è eterogeneo il parterre degli stati dove esportiamo: noi vediamo un’Europa un po’ statica e Stati Uniti che invece continuano ad andare bene. Noi abbiamo un problema che si chiama Germania, questo sta influenzando i mercati, e questo è particolarmente preoccupante per le nostre imprese che sono molto legate all'industria tedesca».
Che orizzonte abbiamo davanti a noi per l’anno che verrà?
«Il futuro presenta sempre sfide e opportunità. Le aziende devono però avere regole certe e un ambiente stabile per operare. Come imprenditori, siamo pronti a confrontarci con queste sfide, ma abbiamo bisogno del supporto del governo per navigare in questi tempi incerti. Gli imprenditori veneti hanno consuetudine nei mercati, abbiamo bisogno di vedere un'Italia forte in Europa insieme agli alleati forti, che per noi sono Francia e Germania».
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