"Eataly a Trieste sarà una grande vetrina"

Parla Oscar Farinetti: "Spazio alle eccellenze del Friuli Venezia Giulia. Poi toccherà alla città di Verona". Nel 2017 il 30% sarà quotato in Borsa e una fetta sarà riservata ai piccoli risparmiatori

Il fondatore di Eataly, Oscar Farinetti, anche dopo la consegna del timone a un top manager come Andrea Guerra, non intende certo abbandonare la sua creatura e pensa alla quotazione in Borsa. Eataly, che ha gestito uno spazio di 8 mila metri quadrati a Expo Milano 2015, sta per sbarcare a Trieste a fine ottobre e verso la fine dell’anno a Verona. E intanto è arrivato il primo punto vendita Eataly in autostrada, poco prima di Modena Nord, con ristorantino e forno a legna.


Farinetti, Trieste si accinge a diventare da ottobre la prima sede nel Nordest d’Italia di Eataly.
«Sarà il primo Eataly con affaccio sul mare che dedicheremo ai venti. Il Magazzino Vini è decisamente un posto fantastico. Abbiamo scelto Trieste perché qui soffia il vento più potente e più famoso d'Italia: la bora. E poi perché le città di confine sono più aperte e disponibili verso una cultura dell’accoglienza».


Quali prodotti si troveranno all’Eataly di Trieste?
«Ogni Eataly possiede una sua diversità. Trieste sarà una grande vetrina dei prodotti del Friuli Venezia Giulia con una forte caratterizzazione sui prodotti d’eccellenza. Almeno il 30% dei prodotti esposti e cucinati arriveranno da questa regione. E così sarà per i vini, per i formaggi e salumi. Un altro 70% proverrà dalle altre regioni d’Italia. E una minima parte da altre parti del mondo. Da tempo stiamo perlustrando il Nordest a caccia dei vostri produttori di qualità. Ci rivolgiamo di preferenza a piccole realtà o a cooperative di produttori locali».


Prossime aperture a Nordest?
«Verso la fine del 2017 o l’inizio del 2018 a Verona».


Altri progetti?
«Sono partiti i lavori per aprire nella seconda metà del prossimo anno il grande parco della biodiversità a Bologna, Fico Eataly World. Sorgerà su un’area di 100 mila metri quadrati e sarà dedicato ai bambini, che potranno scoprire le meraviglie del proprio Paese attraverso la cultura del cibo».


Come sta andando il settore dell’agroalimentare?
«È un settore in forte espansione che cresce a un ritmo del 7-8% l’anno. Convidivo l’obiettivo del ministro dell’Agricoltura Martina che entro il 2020 punta a incrementare il volume del nostro export dagli attuali 35 a 75 miliardi».


Dobbiamo temere il fenomeno della contraffazione?
«Siamo l’eccellenza mondiale e infatti tutti ci copiano, basti pensare al fenomeno della contraffazione e dell’italian sounding. Ovidio diceva che non è felice l’uomo che nessuno invidia e che nessuno imita».


Nei piani del gruppo c’è un’ulteriore espansione all’estero?
«Apriremo nel mondo sette nuovi punti vendita entro l’anno, due in Usa. All’inizio di agosto a New York all’interno del World Trade Center. In ottobre arriviamo a Boston, poi Copenaghen, in novembre a Mosca in uno spazio di 9mila metri e tre negli Emirati Arabi. Il prossimo anno a Los Angeles. A Londra, dove apriremo nel 2018, abbiamo stretto una joint con Selfridges».


Non vi state troppo globalizzando?
«I mercanti italiani devono imporsi e vendere all’estero come facevano gli olandesi del Secolo d’oro nel Seicento. L’Italia, che oggi esporta la metà della Francia, non deve essere troppo provinciale. Abbiamo molta strada da fare».


Cosa pensa dei teorici della decrescita?
«La decrescita è sempre infelice e rende i poveri sempre più poveri. Non condivido le posizioni radicali».
 

Qual è il contributo di Eataly alla valorizzazione dei prodotti tipici? La qualità si trova al chilometro zero?
«Siamo i campioni dei prodotti tipici locali e la patria del gusto. In Italia abbiamo 1.200 tipi di mele. Sarebbe assurdo importarle. Ma non dimentichiamo che l’eccellenza si può trovare in tutto il mondo in uno scambio di cultura e di civiltà. Se vogliamo vendere il vino friulano all’estero, dobbiamo provare anche le bollicine francesi. È importante seguire il ritmo delle stagioni».


Molti brand alimentari italiani sono entrati nel mirino di gruppi stranieri.
«Perché siamo bravi e abbiamo successo. Per non correre rischi dobbiamo coltivare il nostro talento e crescere. Ci sono gruppi italiani, come Luxottica, che hanno comprato importanti gruppi stranieri. Non è vero che siamo deboli. Eataly investe e si sta espandendo».


Dopo l’ingresso di investitori come Tamburi Investment Partners che ha acquistato per 120 milioni il 20% di EatInvest, la holding di famiglia che controlla Eataly, è previsto l’ingresso di altri soci?
«In Eataly con Tamburi sono già entrati 19 soci, tutti imprenditori italiani d’eccellenza. La mia famiglia detiene il 60%. Il nostro prossimo socio saranno migliaia di italiani che decideranno di comprare il nostro titolo in Borsa...»


Quando vi quoterete?
«Nel 2017 oppure nel 2018, non abbiamo fretta. In Borsa comunque andrà il 30%, il resto sarà mantenuto dalla mia famiglia. Siamo l’unica azienda globale nella distribuzione del food e sono convinto che sarà una grande e bella operazione con una quota di offerta che sarà riservata ai piccoli risparmiatori italiani».


Lei ha ceduto il timone ad Andrea Guerra, già numero uno di Luxottica, nuovo presidente esecutivo e azionista di Eataly. Si farà completamente da parte?
«Dopo tanti anni bisogna gestire la transizione. I miei due figli più grandi, Francesco e Nicola, sono amministratori delegati insieme al mio socio Luca Baffigo. Con l’aiuto di Andrea questa azienda diventerà invincibile».
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