Dazi Usa sul vino, duro colpo per il Nord Est: il danno potrebbe sfiorare i 100 milioni di euro

Dalla Valpolicella al Collio, produttori tra delusione e sconforto: le esportazioni del Veneto oltreoceano valgono 593 milioni di euro, quelle del Friuli Venezia Giulia circa 40 milioni. Polegato: il comparto è motore fondamentale. Figelj: flessione del 25%

Maurizio Cescon
Con i dazi Usa il calo dell’export oltreoceano potrebbe arrivare al 25/30%
Con i dazi Usa il calo dell’export oltreoceano potrebbe arrivare al 25/30%

Oscillano dallo sconforto alla delusione le reazioni dei produttori vitivinicoli del Nord Est alla definitiva introduzione di dazi del 15% da parte degli Stati Uniti. Un salasso che potrebbe valere poco meno di 100 milioni di euro per il comparto, visto che l’export di Veneto e Fvg verso gli Usa è di circa 630 milioni l’anno.

Molti sono scettici su una rimodulazione più favorevole o addirittura sul ritiro dell’imposizione tariffaria, pochi confidano nelle trattative ai tempi supplementari per un’esenzione. Insomma una tegola in più, in un contesto già di sofferenza per i consumi in calo, per lo scarso appeal di bianchi e rossi tra i giovani, per il diminuito potere d’acquisto dei consumatori.

«Con dazi del 15% è certo che ci sarà un calo dell’export oltreoceano di almeno il 25, 30% - spiega il presidente di Coldiretti Friuli Venezia Giulia nonchè vignaiolo del Collio, Martin Figelj - . Il 15% di tariffa incide anche sui vini meno importanti, che con l’aumento di prezzo si collocano nella fascia premium e subiscono così la concorrenza dei sudamericani. Io mi auguro che ci sia una spinta, da parte dal mercato Usa, a rivedere la questione, l’industria legata all’enologia in America ha un fatturato importante, un indotto, l’intera filiera ne risentirà. Il Collio, posizionato in fascia medio alta, già con il 10% aveva subito un rallentamento importante, adesso l’aggravio sarà peggiore».

«Ogni barriera commerciale è un danno, un limite al consumo - osserva il presidente del Consorzio di tutela vini Valpolicella, Christian Marchesini - . Non sappiamo come reagirà il mercato, lo vedremo vivendo. Speriamo che le cose in qualche modo si sistemino, confidando in un futuro ragionamento sull’esenzione. Siamo dell’idea che Ue e Italia debbano sostenere la promozione dei nostri vini all’estero, bisogna reagire in modo positivo. L’Amarone vende 1,5 milioni di bottiglie l’anno negli Usa, ma siamo distribuiti in tanti Paesi. È certamente necessario trovare mercati alternativi, da 7, 8 anni facciamo attività nel Sud Est Asiatico, oltre a Giappone e Cina, ma non sono ancora mercati che danno soddisfazione come Usa, Canada ed Europa».

«La conferma dei dazi al 15% sui vini europei esportati negli Stati Uniti - dice Lorenzo Fidora, vice presidente di Confagricoltura Padova e vignaiolo - rappresenta una batosta per il comparto, soprattutto in un frangente caratterizzato da un dollaro debole che amplifica ulteriormente le difficoltà. Sono allarmato per i produttori di vini biologici, numerosi in Veneto. Un dazio del 15% si traduce in costi aggiuntivi o in diminuzione delle esportazioni e mette a rischio i rapporti consolidati con i distributori americani».

«Il mercato statunitense del vino per il Veneto vale 593 milioni di euro - afferma Giorgio Polegato presidente della Consulta vitivinicola di Coldiretti Veneto - , il primo esportatore nazionale con il ruolo di traino del Pinot grigio e del Prosecco. Il comparto vitivinicolo veneto è il motore dell’export agroalimentare regionale e subirebbe un colpo pesantissimo. Il nostro vino è ambasciatore del Made in Italy nel mondo, e gli Stati Uniti rappresentano uno sbocco fondamentale. Serve un intervento urgente da parte delle istituzioni per tutelare il lavoro di migliaia di imprese e salvaguardare la competitività del settore».

Non vede tutto nero Marco Rabino, direttore del noto brand Jermann, in Friuli Venezia Giulia, oggi parte della galassia Antinori. «Se produttore e distributore assorbono la tariffa - osserva Rabino - il danno non potrebbe essere così grave. Per noi il mercato americano è il primo assieme a quello tedesco, potrebbe soffrire di più il Pinot grigio, che è un vino di largo consumo. La situazione generale non è rosea: Germania in affanno economico, guerre, calo dei consumi, tutti fattori che contribuiscono alla contrazione delle vendite».

Meno pessimista il neo presidente del Consorzio Colli orientali del Friuli, Filippo Butussi. «Il rincaro per i vini di alto livello qualitativo sarà estremamente limitato - spiega - . Chi oggi spende al ristorante 50, 60 dollari per una bottiglia, ne spenderà anche 65 o 70. La vera differenza sarà sui vini da supermercato o di fascia medio bassa, che costeranno molto di più per il tipo di consumatore a cui si rivolgono».

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