Davide Serra (Algebris): "Più giovani e donne nelle banche d'Italia"

“La lentezza della giustizia civile costa all’Italia un punto di Pil, circa 20 miliardi l’anno. Troppo”. Per Davide Serra, fondatore del fondo di investimento con sede a Londra Algebris è un peso (e un costo) insostenibile per l’economia italiana. E dal palco dell’Npl Meeting di Venezia organizzato da Banca Ifis lancia la sua provocazione: “Se la magistratura italiana riesce a portarsi alla media europea, ovvero 2 anni per una causa, lascerei il 10% del riscosso al magistrato…”.
Serve comunque una cura alla giustizia italiana a base di maggiore IT, meno ferie e focalizzazione sui crediti più grossi. “E l’assunzione di più giovani, come ho fatto io in questi anni”, spiega Serra.
I tempi della giustizia italiana sono ritenuti uno dei fattori determinanti per la scelta di acquistare o meno Npl in determinate zone d’Italia, dove la giustizia è più lenta.
Sulle cause della situazione attuale delle banche italiane il finanziere non ha dubbi: “Il problema si poteva risolvere 7 anni fa, come hanno fatto gli altri stati europei con i fondi europei dell’Esm: noi abbiamo atteso che un’influenza diventasse una polmonite. Oggi ne paghiamo le conseguenze: governi e regolatori di allora hanno nomi e cognomi”.
Poi passa alle popolari venete: “Senza la riforma credo che la Popolare di Vicenza e Veneto Banca non si sarebbero potute salvare, quindi qui in Veneto qualcuno deve accendere un cero al fatto che ci sia stata la riforma".
“Avere due banche così deboli in Veneto non fa bene al Veneto – prosegue il numero uno di Algebris, tra i protagonisti della Leopolda di Renzi sui temi dell’economia – ridurrei i costi di entrambi su tutto ciò che sono le duplicazioni. Purtroppo il numero degli sportelli in Italia è eccessivo, circa il 35% in più rispetto agli Usa: è il costo sociale del progresso”.
Nei mesi scorsi ha analizzato i conti della Popolare di Vicenza in vista dell’aumento, ma non commenta. La critica va invece agli aumenti del biennio 2013-2014 delle venete. “Autorizzare gli aumenti a un prezzo 1,3 volte il patrimonio, mentre le popolari quotate prezzavano a un terzo con metà sofferenze delle due, esponeva i risparmiatori a perdere l’80-90% dell’investimento – prosegue Serra – Mi sembrava tanto logico. Perché nessuno lo ha fatto?».
Comunque per il finanziere 45enne con un passato in Ubs e Morgan Stanley, le due banche venete sono in buone mani: “Alessandro Penati è in gamba, ha un ottimo board, rappresenta la discontinuità con il sistema italiano”. La continuità nei consigli di amministrazione delle banche è “uno dei mali dell’Italia, il perché non vengono dall’estero a sottoscrivere gli aumenti di capitale delle nostre banche: servono più giovani e donne ai vertici delle banche”.
Intanto se l’assemblea degli azionisti di Bpm dovesse bocciare la fusione con il Banco Popolare per Serra “sarebbe un disastro per l'Italia”.
Per le banche italiane c’è una rivoluzione da compiere, “via gli ottantenni dai board e spazio ad occhi nuovi”. Guardando a quello che si fa all’estero. “C’è un cambio epocale da fare all’interno delle banche – ha concluso Serra -. Cos’hanno fatto in Brasile e in Turchia, dove continuavano ad avere crisi bancarie? Hanno deciso che chi è nel board di una banca è responsabile con tutto il suo patrimonio personale di perdite in caso di bail-in. Sapete cos’è successo? Che tutti i vecchietti che sono nei board delle varie banche sono scappati. Sono arrivati giovani competenti”.
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