Acciaio, carta, legno e agricoltura: a Nordest la morsa dei prezzi delle materie prime stringe i margini delle aziende

Materie prime, rialzi dei prezzi e approvvigionamenti difficili

aggravati dalla guerra ma iniziati già nei mesi precedenti

Maura Delle Case

UDINE. Il cono d’ombra non sembra essersi ancora esaurito per le imprese che dopo l’impatto della pandemia e l’impennata dei costi energetici stanno facendo i conti con una corsa al rialzo dei prezzi delle materie prime, iniziata già nel 2021 e acutizzata ora dal conflitto russo-ucraino, che mette in scacco la marginalità e ancor prima rischia di ledere la stessa capacità produttiva delle aziende.

La sirena è risuonata a Nordest e nel resto del Paese come un eco degli allarmi antiaerei a Kiev e nelle città ucraine prese di mira dai russi. A sentirla per primi sono stati acciaierie e laminatoi che nel quadrante orientale del Paese l’energia alle stelle ha costretto a diversi stop&go produttivi e che poi si sono ritrovati a fare i conti con le difficoltà di approvvigionamento dei semilavorati d’acciaio, provenienti in gran parte dalla città martire di Mariupol.

La guerra, con il suo portato di sanzioni, ha aggravato una situazione iniziata ben prima. Lo shortage delle materie prime e l’aumento dei prezzi sono variabili che ormai da mesi tolgono il sonno agli imprenditori. All’acciaio, la ghisa e i semilavorati, si sono aggiunti alluminio, nickel, palladio e ancora carta e legno, vetro, grano, fertilizzanti e mangimi.

L’elenco delle commodities che hanno visto schizzare alle stelle i prezzi è lungo. E dalla siderurgia, che ha stappato il vaso di Pandora, i rincari hanno investito trasversalmente tutti i settori produttivi che oggi vivono la paradossale situazione di una ripresa con il freno a mano tirato. Vittime di una contraddizione che da un lato vede i portafogli ordini non di rado pieni e dall’altro la mancanza di materie prime, o il loro costo eccessivo, che impedisce di monetizzarli.

Legno arredo

«Sull’evoluzione e sulla ripresa del comparto del legno arredo pesano le incertezze sul mercato di tutte le materie prime, che continuano a presentare tensioni importanti sui prezzi ormai fuori controllo, oltre a presentarsi di sempre più difficile reperibilità - commenta il presidente del Cluster legno arredo e sistema casa Fvg, Matteo Tonon -. Questi andamenti stanno generando ritardi in tutte le filiere, mettendo in crisi i processi produttivi aziendali e rendendo sempre più complesso il rapporto con il mercato finale».

Ad aprile il prezzo del legno si è attestato a un +132% rispetto all’inizio di gennaio 2020 (pre pandemia) e l’incremento non è isolato. Vi si aggiungono i rincari di ferro (+62%), acciaio (+216%) e non ultimo dell’urea, essenziale alla produzione delle colle, schizzata su del +387,9% superando i mille euro a tonnellata. Se a questo si aggiunge la difficoltà dei produttori di pannelli - testimoniata dal presidente di Assopannelli Paolo Fantoni - a rifornirsi di legno da riciclo si capisce bene quale situazione di grande complessità viva il settore che pure gode del vento a favore generato dai bonus messi in campo dal governo e in generale della riscoperta della casa generata dalla pandemia.

Siderurgia

A pagare per prime gli effetti dell’esplosiva congiuntura sono state le aziende energivore, rallentate - se non costrette al fermo - dai costi energetici andati alle stelle e poi dalle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. Semilavorati, nel caso dei laminatoi nordestini, che arrivavano in gran parte da Russia e Ucraina. Da quei Paesi «i flussi di materie prime e semiprodotti si sono di fatto interrotti – conferma il presidente di Federacciai, Alessandro Banzato – e questo ci sta costringendo a trovare nuove fonti di approvvigionamento con problematiche legate più ai prezzi che alle quantità».

Prezzi che riguardano la materia prima ma anche la logistica, basti pensare all’incidenza del trasporto delle bramme in arrivo dal Brasile rispetto a quelle che giungevano ai porti nordestini dall’Ucraina. In parallelo non si arresta la corsa del gas europeo, aumentato a tripla rispetto al periodo pre Covid con picchi di oltre il +700% e con forti oscillazioni.

«Il timore - conclude Banzato - è che questa escalation ci porti oltre al livello dei prezzi di vendita che i nostri clienti sono in grado di sopportare con la inevitabile conseguenza di una stagnazione».

Agricoltura

Le dinamiche dei prezzi non hanno risparmiato i prodotti agricoli, che però - rileva Cai (Consorzi agrari d’Italia) - nel corso delle ultime due settimane non hanno subito oscillazioni sul mercato italiano e sembrano aver raggiunto un punto di equilibrio. Il grano tenero è fermo tra 390 e 399 euro a tonnellata (contro i 220 della scorsa estate), il grano duro viene quotato tra 522 e 528 euro (contro 280).

Il mais, fondamentale per l’alimentazione animale, oscilla tra i 375 e i 380 euro a tonnellata, mentre la soia si conferma intorno a quota 700 euro. Anche la campagna risente della congiuntura. Sempre secondo Cai manca il 40% del fabbisogno nazionale di concimi i cui prezzi sono andati alle stelle: l’urea come detto ha superato i mille euro a tonnellata contro i 350 euro di un anno fa, come pure il nitrato ammonico.

Carta

La carta non ha fatto eccezione in questa escalation come mostrano i dati elaborati dall’ufficio studi di Assocartache mostrano prezzi record negli ultimi due mesi sia per le cellulose che per la carta riciclata.

Le fibre corte a marzo hanno raggiunto i 1.100 euro a tonnellata, quasi il doppio rispetto a fine 2020), le fibre lunghe hanno superato i 1.200 euro, la carta da riciclare i 180 euro a tonnellata (+177% su ottobre 2020). Il presidente di Assocarta Lorenzo Poli invoca interventi immediati sull’energia, «come la completa attuazione dei crediti d'imposta e quelli di medio periodo per l’accesso al gas a prezzi equi» ricordando che nonostante la difficile congiuntura «la filiera carta continua ad investire in un ciclo biocircolare fondato su riciclo e forestazione».—

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