Lunghi applausi e commozione per il Leone d’oro a Kim Novak. Del Toro: «Una diva abbagliante»
L’attrice di Vertigo, accolta da una standing ovation, riceve il premio dalle mani di Pietrangelo Buttafuoco. Del Toro: «La sua vulnerabilità è abbagliante». Kim ringrazia i genitori e lancia un appello: «Salviamo le democrazie del mondo»

«Lei è profondamente, dolorosamente, apertamente umana e permea l’anima di ogni sua impresa con questa qualità, insieme alla propria fragilità e timidezza. La sua vulnerabilità è abbagliante sul grande schermo perché si amplifica insieme ai suoi doni e ai suoi talenti. Tutti noi desideriamo che se la cavi al meglio e, come accade con le stelle più indimenticabili, vogliamo aiutarla a riuscirci».
È il regista Guillermo Del Toro, con una laudatio evidentemente sincera e piena di ammirazione, a stendere idealmente il tappeto rosso sul palco della Sala Grande per l’entrata in scena del secondo Leone d’oro alla carriera di questa 82a Mostra. Dopo Werner Herzog, premiato nel giorno dell’inaugurazione da Francis Ford Coppola, è il giorno dell’attrice Kim Novak, 93 anni, la donna che visse due volte - solo per citare il più famoso dei suoi tanti film. Un’autentica ovazione la accoglie sul palco ed è perfino commovente - per lei e per il pubblico - quell’applauso che sembra non finire più: lunghi minuti in cui la bionda diva statunitense, in nero con uno scialle verde, elegante e bellissima, ricambia l’applauso, si mette le mani sui fianchi quasi a simulare un rimprovero, le porta sul cuore e infine si lascia sfuggire un «too much» - è troppo - e «I love you», ottenendo in cambio dalla sala un applauso ancora più intenso.
«Ciò che colpisce di lei è il fatto che sappia trasmettere fragilità, forza, mistero – apparire eterea, accessibile, immediata, dinamica o mitica», dice Del Toro. Può essere una dea distante, un’eroina gotica tragica o una donna qualunque in pausa pranzo. E in tutte queste meravigliose interpretazioni porta con sé un accenno di lutto, di struggimento. E sempre cela un aspetto di sé stessa e del personaggio che non rivela mai al pubblico». E lei, ricevuto il Leone dal presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco, se lo accarezza. «Sono senza parole», dice, «questo è vostro tanto quanto mio. Ma voglio ringraziare i miei genitori.
“Sei il capitano della tua nave, ripetilo ogni giorno guardandoti allo specchio”, mi diceva mia mamma». Dopo aver ringraziato anche Alexandre Philippe per il documentario («Mi ha permesso di rimettere insieme pezzi della mia vita prima di andarmene»), invita tutti a «salvare le democrazie del mondo, troppe persone stanno morendo» e ringrazia ancora, stavolta dio, «perché mi ha dato la possibilità di dipingere e io consiglio a tutti di farlo, perché è una forma di espressione preziosa». Il documentario è come un cerchio che si compie, intrecciando realtà e finzione a partire dal ruolo di Kim Novak in Vertigo di Hitchcock. Attraverso una narrazione intima, emergono i suoi ricordi, i traumi e i fantasmi di Hollywood, ma anche la sua identità più autentica: non solo attrice, ma anche pittrice, poetessa. La riflessione mette in luce una donna incompresa, sempre in cerca di essere riconosciuta per ciò che è davvero, sottolineando il valore e il prezzo della fedeltà verso sé stessa. —
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