Rispettare le donne, anche nella musica: l’appello di Gino Cecchettin è caduto nel vuoto
Frasi sessiste, linguaggio scurrile e discriminazioni di genere nei testi dei trapper protagonisti sabato 3 maggio dell’Aperyshow di Arsego. Sui mega led del palco spunta pure il logo della Fondazione Giulia Cecchettin. Ma non è bastato a far trovare «parole altre

The Aperyshow must go on. Il freno alle parole – invocato da Gino Cecchettin – non c’è stato. Nonostante il suo appello sia stato letto dal palco, tra gli applausi.
Ma poi la musica è spesso scivolata su rime intrise di sessismo, su versi carichi di patriarcato, su donne rappresentate come cose: gambe che si aprono, carne destinata solo al piacere del maschio, e se non ti sottometti a questo destino sei sempre una poco di buono.
Si è celebrata il 3 maggio l’ultima giornata del rito laico e di massa dell’Aperyshow. Arsego di San Giorgio delle Pertiche – nella campagna dell’Alta padovana – è diventato il caput mundi di una generazione e mezza.
Un flusso costante di giovanissimi, c’era grande attesa per Boro Boro e Bello Figo.
Sui mega led del palco spunta – fra sponsor e dintorni – pure il logo della Fondazione Giulia Cecchettin. Ma non è bastato a far trovare «parole altre».
Canotte nere e jeans, giubbini in pelle che pare di essere in Grease: il look che va per la maggiore è questo, l’adolescenza si fa sexy, ammicca e attende i propri idoli.
Fresh Mula scivola via, chiede solo di fare un po’ di «casino», ma è Suspect Cb a scaldare con la rabbia di una pelle nera che ha attraversato il razzismo, parla di «pu...ana isterica» e di «piccola stronza», gli stereotipi di genere sono serviti, e poi trascina la folla e tutti ballano con «alla fine della storia mi vedo con una bionda, come Giorgia Meloni. E se non sei di qui, G, levati dal ca...o, come Giorgia Meloni. Mi cucina la pasta perché lei è italiana, come Giorgia Meloni».
Kassimi si trascina tanti ospiti, «pu...ana» si dice sul palco, e non manca un «perizoma che le sta un po’ stretto», a proposito di sguardo giudicante del maschio alfa.
Pure la scena non aiuta: sul palco si vedono per un po’ solo maschi tranne una ragazza alla futuristica consolle in color verde militare.
Con Gheba la folla si carica, e lui scende, e piazza il cinque a chiunque, e corre, arriva anche da una ragazza in carrozzina.
Nei suoi testi porta un’energia pasoliniana, di ragazzi di strada e operai. Dice che non sa cosa sia l’amore, ma poi cade sul più bello nella solita strofa gratuita, ovvero «ha aperto le gambe a un altro», e allora viene da sperare che non sia finita qui e che abbia ragione lui quando canta che «l’amore si impara col tempo».
I versi vanno su «sputi nel piatto ma in quel piatto ci mangerai sempre», e forse è il piatto dell’amore che – per essere tale – deve vivere di rispetto, delicatezza, gentilezza. Fuori dal patriarcato, fuori dalla dimensione tossica, che fa male, che uccide le donne. Melons pure non si tira indietro a proposito di donna-bambola e possesso: «Sei arrivata troppo fi...a, c’hai due bocce troppo grandi».
Ma poi El Matador fa appello alle donne che denuncino la violenza: «I nostri pezzi sono goliardici, trattate bene queste ca..o di donne», dice.
Stop alle canzoni di denuncia, tocca a Brando, e si va di coreografia, donne di giallo vestite e ballerini notevoli, muscoli e pelle nera, machissimi e bellissimi, che non disdegnano di ammiccare amplessi, eros a fiumi. Ma ecco la donna, sul palco sale Anna Ciati, fascino totale, le ragazze nel pubblico vanno in visibilio: «Ti vogliamo tutta».
Elegante, traghetta la festa dal tramonto alla notte e doma il popolo dell’Aperyshow. Che poi andrà a urlare con Boro e Bello Figo.
«Non tocca a noi censurare – hanno spiegato gli organizzatori – ma possiamo aprire una riflessione».
Perché l’amore si impari, perché l’alfabeto di una generazione sia diverso da quelle che l’hanno preceduta, anche grazie alla musica e ad artisti che conoscono solo loro, e ne hanno tutte le ragioni. Nell’aria si alzano profumi di spiaggia e di erba speciale, c’è chi balla chi sorride chi beve chi guarda il telefono. I bassi vanno forte, fra un “bro” e un “fra”. La generazione del secolo XXI cerca, si guarda, balla, prova schifo, la musica interpreta e cerca di sfogare tutto il non detto fra un selfie e un video su Tik Tok.
Ma nelle malinconie essenziali di qualche sguardo – che non ride e non sorride e resta sospeso nello stordimento generale – si intuisce la domanda anche di altre parole, e di note che non siano a tutto volume.
Note profonde e delicate, di umanità che diventa se stessa, come desidera un padre che si è visto la figlia portata via da un uomo e da una cultura violenta.
Intanto la Polizia locale della Federazione del Camposampierese, durante la manifestazione, supportata dall’unità cinofila, ha effettuato alcuni sequestri di hashish e marijuana abbandonati da giovani partecipanti all’evento, per un totale di sei grammi. Ma il remix a bomba – che ti fa ballare anche se non vuoi – di Rivaz & Botteghi su Rose Villain ricorda che talvolta ci si può concedere di essere un po’ «fuorilegge». È la gioventù, bellezza.
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