Sondaggio choc di uno studente sui femminicidi: «Chi meritava di morire?»

È successo in un liceo bassanese. La denuncia di una compagna di classe. Lo sdegno dei familiari e delle istituzioni, il ministro Valditara invoca provvedimenti. L’autore ha scritto un messaggio di pentimento

Laura Berlinghieri

Lo studente di un liceo di Bassano, che, in una chat di classe, pubblica un sondaggio agghiacciante: «Tema femminicidio, chi si meritava di più di essere uccisa? Giulia Tramontano, Mariella Anastasi o Giulia Cecchettin?».

Due compagni che votano, un altro che se la ride. L’autore del sondaggio che li incalza: «Fate i seri, votate il tema». E un ragazza che interviene: «Ma che problemi avete?». Salva la schermata sul cellulare, prima che l’autore del sondaggio rimuova il messaggio, e invia la fotografia a una giornalista di Rete Veneta.

È avvenuto in un gruppo whatsapp composto da adolescenti, poco più giovani di Giulia Cecchettin, uccisa con 75 coltellate dall’ex fidanzato. Poco più giovani di Giulia Tramontano, ammazzata col bambino che portava in grembo. Ed è intervenuta la sorella Chiara, chiedendo: «Si dica di quale scuola si parla e si vada a educare questa classe, perché è pietoso».

La dirigenza scolastica è stata avvisata dell’accaduto, ma al momento non è intervenuta. Sono stati informati i carabinieri, che stanno provando a chiarire i contorni di quanto successo, anche con l’aiuto del preside.

È intervenuto il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, chiedendo «provvedimenti opportuni» dalla scuola, «per sanzionare comportamenti così gravi e per richiamare alla cultura del rispetto». Poi la ministra della famiglia Eugenia Roccella: «Questo episodio dà l’idea di un’assuefazione radicata da sradicare». E il vertice dell’Ufficio scolastico veneto Marco Bussetti, esprimendo «orrore per un episodio inaccettabile».

Si è mossa la politica, di destra e di sinistra. Il sindaco di Bassano Nicola Finco, interrogandosi «sul perché accadano ancora episodi così vergognosi, nonostante l’enorme lavoro di sensibilizzazione che si continua a fare».

Il presidente Luca Zaia, chiedendo «l’adozione di tutti i provvedimenti previsti, se dalle indagini dovessero emergere profili penalmente rilevanti». Il mondo della scuola, con la rete dei presidi di Bassano, che, con Laura Biancato, promette: «Continueremo ad attivarci con progetti per formare al rispetto e al contrasto della violenza».

E l’associazionismo: «Un sondaggio così non è uno scherzo, né può restare tra le mura di una classe» dice Luisa Rizzon, di Women for freedom.

E si è mossa anche la famiglia dello studente autore del messaggio. Che, già alle 7 del mattino del giorno successivo, ha chiamato l’avvocato, Aldo Benato di Castelfranco. «Il ragazzo si è reso conto immediatamente di avere sbagliato. E i genitori sono distrutti: mi hanno telefonato in lacrime, chiedendomi dove avessero sbagliato» dice il legale.

Lo avevano conosciuto, assistendo a una sua “lezione” dedicata proprio a cyberbullismo e hate speech. Non immaginavano che, un giorno, si sarebbero rivolti a lui per una vicenda che è difficile derubricare a semplice manifestazione di immaturità.

«Il ragazzo è distrutto. Non è un “odiatore seriale” e si è reso conto immediatamente di avere sbagliato, tant’è che ha cancellato subito quel sondaggio vergognoso e si è messo a disposizione per rimediare» spiega l’avvocato, «Ha deciso di pagare di tasca sua l’organizzazione di un incontro, probabilmente a settembre, rivolto a ragazzi della sua età, per educare a un linguaggio corretto e al rispetto del ruolo della donna. E ha scritto una lettera per chiedere scusa».

«Non ho giustificazioni, né spiegazioni» si legge nella lettera, «Mi rendo conto della gravità delle mie parole. Sono mortificato per ciò che ho scritto e ritengo di dover porgere le mie scuse ai genitori di quelle donne, ai loro parenti e ai loro amici. Tutto questo non era nelle mie intenzioni e mancava una qualsiasi intenzione o un qualsiasi senso. Ho scritto senza pensare al significato e al valore delle mie parole. Il rispetto è dovuto a tutti e la violenza non è mai giustificata, nemmeno quella delle parole».

Sondaggio sui femminicidi: perché non sono “solo” parole
La redazione
Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio

La lettera del responsabile

«Mi scuso umilmente per ciò che ho scritto. Capisco il dolore, la rabbia e l’indignazione che ho provocato e, purtroppo, non ho giustificazioni né spiegazioni. Mi rendo conto della gravità delle mie parole, soprattutto nei confronti delle tre vittime, di tutte le vittime di femminicidio e di coloro che hanno perso una figlia, una madre, una familiare o un’amica in un modo cosi atroce.

Non posso neppure immaginare il loro dolore, lancinante come se un pezzo di cuore fosse stato loro strappato all’improvviso, lasciando un vuoto che neppure il tempo potrà mai colmare. Mi ci sono voluti pochi secondi per capire la gravità delle mie parole, ma quando poi i miei genitori hanno appreso il fatto e ho visto l’espressione sconcertata sui loro visi, ho compreso la vera portata di ciò che avevo scritto: ho pensato a come avrebbero potuto sentirsi i genitori di quelle donne, i loro familiari e i loro amici, leggendo un simile messaggio scritto da qualcuno che nemmeno le conosceva e mi si è gelato il sangue nelle vene.

Sono mortificato per ciò che ho scritto e ritengo di dover porgere le mie scuse ai genitori di quelle donne, ai loro parenti e ai loro amici, a tutte quelle persone che hanno subito o subiscono episodi di violenza, alle mie compagne e ai miei compagni e a tutti coloro che restano giustamente sconcertati anche solo nell’apprendere simili notizie.

Posso solo dire che tutto questo non era nelle mie intenzioni e che, in realtà, mancava una qualsiasi intenzione o un qualsiasi senso. Ho scritto senza pensare al significato delle mie parole, al loro peso e al loro valore. Il rispetto è dovuto a tutti e la violenza non è mai giustificata, nemmeno quella delle parole. Mi dispiace».

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