Agone, coregone e carpione: ecco i tre sorvegliati speciali del lago di Garda
Progetto di salvaguardia dell’ecosistema con annessa valorizzazione della pesca: queste specie soffrono il caldo, si valuta un ripopolamento

Due anni e mezzo per trovare nuove strategie di salvaguardia dell’ecosistema del lago di Garda, valorizzando al contempo l’attività economica legata alla pesca. È questo l’obiettivo del nuovo accordo interistituzionale della Regione Veneto con Regione Lombardia, Provincia autonoma di Trento e Università degli Studi dell’Insubria. Il progetto da 570mila euro indagherà lo stato della fauna ittica del lago di Garda con particolare attenzione a tre specie: agone, coregone e carpione.
L’iniziativa è sostenuta anche dal fondo europeo Affari marittimi, pesca e acquacoltura per 266 mila euro. Il progetto, proposto dall’assessore regionale alla Pesca Cristiano Corazzari, «rappresenta un’evoluzione concreta nel percorso di collaborazione già avviato tra Regioni e Province autonome. Ora compiamo un passo ulteriore verso una gestione sostenibile e condivisa, anche alla luce del cambiamento climatico e della crescente pressione antropica».

I pesci soffrono il caldo
La minaccia più grande per i pesci del lago è il caldo. Con l’aumento delle temperature soffrono soprattutto il carpione e le specie della famiglia dei salmonidi, di cui fa parte anche il coregone, entrambi sorvegliati speciali del progetto. Le temperature dell’acqua nello stato superficiale del lago sono in graduale crescita come sottolineato da Nico Salmaso della fondazione Mach in occasione della Giornata di divulgazione scientifica sullo stato di salute del lago di Garda. I dati mostrano un peggioramento negli ultimi danni: dagli 8-8,5 gradi registrati il 1991 e il 2013 si è passati ai 9-9,5 tra il 2014 e il 2025. Raggiungere i 10 gradi centigradi potrebbe danneggiare ulteriormente le specie più legate alle temperature. Come coniugare l’attività economica della pesca, sia sportiva che professionale, in un clima che cambia sempre più in fretta rimane un punto critico.
Il Dna ambientale
Il progetto per l’assessore Corazzari ha uno scopo duplice: «Da un lato vogliamo avere una base scientifica aggiornata per valutare le politiche di tutela e ripopolamento, dall’altro intendiamo individuare pratiche gestionali che salvaguardino l’ecosistema e al contempo valorizzino l’attività economica legata alla pesca professionale e sportiva».
Per raggiungere questo obiettivo l’Università dell’Insurbia coordinerà il progetto unendo metodi tradizionali - come pescate mensili e misure biologiche - a innovative analisi del Dna ambientale. Al termine dei 30 mesi di lavoro si dovrebbe ottenere un quadro più completo sullo stato del bacino lacustre più grande d’Italia dalla straordinaria biodiversità.
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