Marmolada, a tre anni dal disastro: uno studio svela le quattro cause

Cinque università, tra le quali Padova, hanno analizzato il collasso del ghiacciaio. L’avvertimento? Potrebbe avvenire ancora: «Una combinazione di condizioni critiche si sono sommate in modo sinergico. Ma ci sono voluti anni per arrivare al crollo»

Sergio Frigo
Tragedia della Marmolada: tre anni dopo
Tragedia della Marmolada: tre anni dopo

Cos’è accaduto esattamente quel 3 luglio di tre anni fa sulla Marmolada, quando una massa di oltre 70.000 metri cubi di ghiaccio si staccò improvvisamente a oltre 3.200 metri di quota, travolgendo numerosi alpinisti lungo la salita alla Punta Penìa, provocando undici vittime e sette feriti gravi? E soprattutto: si è trattato di un episodio prevedibile, oppure unico ed eccezionale, o ancora solo l’avvisaglia di altri drammatici eventi futuri, su questa o altre montagne?

Lo studio

Una risposta scientificamente molto accurata arriva ora dalla rivista “Natural Hazards and Earth System Sciences”, che ricostruisce con precisione inedita i meccanismi che portarono al collasso di una porzione del ghiacciaio, grazie ad un articolo scientifico, dal titolo “Failure of Marmolada Glacier (Dolomites, Italy) in 2022: Data-based back analysis of possible collapse mechanisms” (Crollo del ghiacciaio della Marmolada (Dolomiti, Italia) nel 2022: analisi retrospettiva basata sui dati dei possibili meccanismi di collasso), frutto delle ricerche di un team multidisciplinare internazionale composto da glaciologi, geologi, ingegneri e geofisici delle Università di Parma, Padova, Trieste, Zurigo e Stellenbosch, dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) e dell’Arpav. Mettendo insieme rilievi di precisione e modelli fisico-matematici i ricercatori hanno appurato che la massa collassata si è staccata lungo una zona con inclinazioni fino a 40°, percorrendo oltre 2,3 km a una velocità stimata tra gli 80 e i 90 km/h.

Ricercatori sulla Marmolada
Ricercatori sulla Marmolada

«A scatenare il fenomeno non è stato un singolo fattore – spiega Roberto Francese, primo autore dello studio, docente di Geofisica all’Università di Parma e ricercatore associato all'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – ma una combinazione di condizioni critiche che si sono sommate in modo sinergico».

Eccole, sono quattro un’accelerata fusione della neve e del ghiaccio, dovuta a temperature record registrate nella primavera e nell’estate del 2022; una massiccia presenza di acqua di fusione intrappolata in profondi crepacci ostruiti, che ha generato pressioni idrauliche elevate; il degrado del permafrost nella roccia sottostante, che ha ridotto la coesione tra ghiaccio e substrato; una geometria sfavorevole del letto roccioso, con pendenze elevate e strati di detrito glaciale poco coesivo.

Il ghiaccio in equilibrio precario

Spiega Aldino Bondesan, geografo dell’Università di Padova e corresponding author dello studio, che «il ghiacciaio si è trovato improvvisamente in una condizione di equilibrio precario: la temperatura interna era elevata, la base era instabile e l’acqua in pressione, nei crepacci e alla base, ha esercitato una spinta. L’evento si è consumato in pochi secondi, ma le sue premesse si sono costruite nei mesi e negli anni precedenti».

Ricercatori sulla Marmolada
Ricercatori sulla Marmolada

Per raggiungere questi risultati gli studiosi hanno messo in campo le tecniche più innovative, come rilievi con georadar, misure geolettriche e ricostruzioni topografiche con laser scanner terrestri e droni LIDAR, hanno simulato numericamente la stabilità del ghiacciaio utilizzando il Limit Equilibrium Method (LEM), hanno elaborato le immagini satellitari per cercare la presenza d’acqua superficiale e inglobata, confrontando il tutto con i dati storici relativi al ghiacciaio.

I risultati 

Durante le analisi è stato anche effettuato un carotaggio del ghiacciaio residuo e sono stati inseriti dei sensori di temperatura a diverse profondità nella massa glaciale, per monitorare direttamente le condizioni termiche alla base del ghiacciaio: si sono registrate temperature comprese tra -2,4°C e -3,1°C, a conferma di un ambiente freddo ma prossimo al punto di fusione. E qui vengono le – drammatiche – previsioni per il futuro.

Soccorritori sulla Marmolada dopo la tragedia
Soccorritori sulla Marmolada dopo la tragedia

Se il crollo della Marmolada è stato il primo – e al momento il più grave – caso documentato in Italia di una valanga glaciale con un simile bilancio umano, non si tratta certamente di un episodio isolato, avvertono gli studiosi: «Eventi simili stanno aumentando nelle regioni alpine e andine, in relazione alla rapida ritirata dei ghiacciai e alla degradazione del permafrost». Ecco che questo studio, oltre a fornire una chiave interpretativa fondamentale per capire cosa è accaduto, è essenziale anche per impostare efficaci strategie di monitoraggio e prevenzione dei rischi in alta montagna, integrando osservazioni climatiche, rilievi geofisici e modellazione numerica per anticipare scenari di collasso potenzialmente catastrofici. Si tratta dell’unico modo serio per ricordare le vittime e i feriti caduti sul ghiacciaio e cercare di lenire il dolore dei loro cari. —

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