Allarme clima sulle Alpi, con 2 gradi in più raddoppiano i temporali estivi estremi: lo studio
Uno studio italo-svizzero pubblicato su npj Climate and Atmospheric Science rivela l'impatto del riscaldamento globale sulla frequenza e intensità dei nubifragi alpini. Le comunità montane rischiano di affrontare eventi distruttivi sempre più frequenti

Le Alpi, sentinelle del clima, lanciano un nuovo allarme. Secondo una recente ricerca pubblicata su npj Climate and Atmospheric Science, un aumento di 2 gradi della temperatura media regionale potrebbe raddoppiare la frequenza dei temporali estivi estremi nell’arco alpino.
Lo studio, frutto della collaborazione tra l’Università di Padova e l’Università di Losanna, ha analizzato i dati provenienti da quasi 300 stazioni meteorologiche dislocate tra Svizzera, Italia, Austria, Francia e Germania.
Lo studio
Gli scienziati hanno focalizzato l’attenzione su eventi piovosi di brevissima durata (da 10 minuti a un’ora) registrati tra il 1991 e il 2020, sviluppando un modello statistico capace di correlare le temperature con l’intensità e la frequenza delle precipitazioni. Il risultato è chiaro: con 2°C in più, fenomeni estremi che oggi si verificano ogni 50 anni, potrebbero ripresentarsi ogni 25.
«Stiamo già assistendo a una tendenza all’intensificazione dei temporali estivi – ha dichiarato Francesco Marra, ricercatore al Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova – e ci aspettiamo che questa tendenza peggiori ulteriormente nei prossimi decenni».
Il riscaldamento climatico, infatti, comporta un aumento della capacità dell’aria di trattenere umidità (fino al 7% in più per ogni grado Celsius), un fattore che amplifica l’energia e la violenza dei temporali. Nelle zone montane, dove il suolo ha una capacità di assorbimento limitata e la morfologia del territorio è più vulnerabile, le conseguenze possono essere disastrose.
Un esempio tragico è l’evento estremo che ha colpito le Marche nel settembre 2022, quando oltre 100 mm di pioggia in un’ora provocarono 13 vittime e danni per due miliardi di euro. Secondo i ricercatori, anche un incremento di 1°C – ormai considerato inevitabile – sarà sufficiente a intensificare questo tipo di fenomeni nell’area alpina, soprattutto alle quote più elevate.
«Servono strategie di adattamento»
«L’arrivo improvviso e massiccio di grandi volumi d’acqua impedisce al suolo di assorbirli – ha spiegato Nadav Peleg, primo autore dello studio e ricercatore all’Università di Losanna – generando alluvioni improvvise e colate detritiche potenzialmente mortali».
Oltre al rischio diretto per le persone e le infrastrutture, l’incremento dei nubifragi estremi minaccia anche l’equilibrio ecologico di un territorio già fragile, accelerando processi di erosione e alterando cicli idrici vitali per la biodiversità alpina.
Gli autori dello studio sottolineano l’urgenza di pianificare strategie di adattamento, dal potenziamento delle infrastrutture alla revisione dei sistemi di allerta e gestione delle emergenze, passando per un’urbanistica più resiliente e una politica climatica più incisiva.
In un momento storico in cui il cambiamento climatico si manifesta sempre più chiaramente anche in Europa, le Alpi si confermano come un laboratorio naturale per comprendere e affrontare le sfide ambientali del nostro tempo. Salvaguardarle significa proteggere non solo un ecosistema prezioso, ma anche milioni di vite umane.
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