Dolomiti, duecento frane all’anno: sulle vette aumentano i distacchi
Con 9.455 frane censite e 200 nuovi eventi ogni anno, le Dolomiti venete affrontano una crisi geologica aggravata dal cambiamento climatico. L’ultimo episodio sabato 14 giugno sulla Croda Marcora. Monitoraggi intensificati nella valle del Boite, sotto la strada olimpica

Duecento frane all’anno. La montagna è malata, ha una condizione di salute fragile, soprattutto le Dolomiti.
E con i cambiamenti climatici, con il rialzo delle temperature che scioglie il permafrost – terreno permanentemente ghiacciato, la cui temperatura rimane al di sotto di 0°C per almeno due anni consecutivi – e le precipitazioni ogni volta più violente, la situazione si aggrava.
Ecco, dunque, che l’impressionante crollo di sabato scorso di migliaia di metri cubi di roccia dalla Croda Marcora, tra San Vito di Cadore e Cortina, ha indotto ad attivare un monitoraggio ancora più continuo della situazione. Anche in previsione delle piogge di oggi, che potrebbero trascinare a valle i materiali che sono sospesi sulla colata. Sotto passa la strada delle Olimpiadi, quella per Cortina.
La situazione
Ma di crolli, distacchi, frane, cedimenti – fenomeni tutti diversi fra loro – la montagna veneta è martellata fin nel profondo. Le frane censite dalla Regione Veneto sono 9.455, di cui ben 5.914 in provincia di Belluno. E ogni anno se ne aggiungono circa 200 di nuove. Solo la tempesta Vaia – come ricorda l’assessore regionale alla Protezione civile Gianpaolo Bottacin – ne ha provocate 450. E la sola alluvione del 2020 altre 120.
La valle del Boite, da sola, conta almeno 10 colate detritiche, lungo una ventina di chilometri, poco più: da Peaio a Cancia. Ai piedi del Pelmo, da Rio Secco a Chiapuzza, da Acquabona a Rio Gere, fino a Fiames (proprio là dove sta sorgendo il Villaggio olimpico per i Giochi invernali del 2026).
Il 18 luglio 2009 a Borca ci sono stati due morti. Nessuno in questa valle dimentica il 31 agosto 2011, quando un crollo-frana sul Pelmo strappò alla vita Alberto ed Aldo. Dopo 4 anni, la frana di San Vito, con 3 morti. Il 5 agosto 2017 un ’altra vittima, lungo il Rio Gere. E 9 anni fa, ad Acquabona: ben 8 eventi tra crolli e colate.
Le tipologie
Gli esperti, i geologi in particolare, osservano che per la Valle del Boite è più appropriato parlare di crolli e di colate detritiche piuttosto che di frane. I crolli o i distacchi non sono quasi mai prevedibili e assumono una velocità rapidissima. Rappresentano, insomma, gli aspetti più a rischio.
Le colate di detriti, come quelle ripetute di Acquabona, sotto il gruppo del Sorapis, sono meno difficili da prevedere, in qualche misura si possono mettere in sicurezza e, in ogni caso, sono fenomeni più lenti. È vero, insomma, che le creste delle Dolomiti sono così belle perché risultato di crolli continui nei secoli, ma è anche vero che per conviverci bisogna saper prevenire.
La regione e i comuni
Da qui l’esigenza posta ieri dal presidente della Regione, Luca Zaia, per un monitoraggio costante almeno dei versanti più a rischio: «Lungo la Valle del Boite scorre l’Alemagna olimpica, quindi è evidente la preoccupazione di chi, come noi, esige il massimo di sicurezza». Zaia ha annunciato nuove forme di controllo, mentre il sindaco di San Vito, Franco De Bon, afferma che l’Anas ha riconosciuto la fragilità del territorio e ha accettato di ampliare tombotti e scorrimenti lungo la statale, sia in località Chiappuzza che all’altezza di Acquabona.
La protezione civile
«Il distacco avvenuto ai circa 3 mila metri di quota, sabato scorso dalla Croda Marcora, sotto l’imperversare di un temporale violento e dopo una giornata di temperature particolarmente alto, possiamo definirlo di medie dimensioni» chiarisce Massimo Bortoluzzi, responsabile provinciale della Protezione civile, dopo una ricognizione ieri in elicottero con il geologo Nicola Doglioni, «Si è verificato nella stessa area di quello avvenuto due anni fa e si è sviluppato lungo due canaloni, tra loro distinti».
Come è avvenuto sabato pomeriggio, dopo il crollo, anche ieri si è materializzata una coltre di polvere, probabilmente perché continua qualche movimento, seppur impercettibile. «Abbiamo deciso un monitoraggio a vista» spiega ancora Bortoluzzi, «anche rispetto all’accumulo dei materiali che si è formato a valle della frana e in considerazione di eventuali ulteriori distacchi, possibili in conseguenza di nuove precipitazioni che potrebbero verificarsi nella giornata di lunedì (oggi, ndr)».
È il motivo per cui, conferma il sindaco De Bon, è nato il Coc, ossia il Centro operativo comunale, organismo operativo del sistema di protezione civile a livello comunale, responsabile della gestione delle emergenze su tutto il territorio.
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