Con il cambiamento climatico le piante salgono di quota, per resistere al caldo
Il progetto “Flora di vetta” ha censito 40 record di quota. La campagna di rilevamento di due botanici supportati dall’Università di Padova e il record sulla Marmolada

Nelle ultime due stagioni estive, i botanici del Museo Civico di Rovereto, in collaborazione con il Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università degli Studi di Padova, hanno avviato un progetto di ricerca sulla flora di vetta all’interno dei territori dei Parchi Naturali e sulle Dolomiti trentine. Ora lo studio, che consente di comprendere a fondo gli effetti della crisi climatica e del relativo aumento delle temperature, si allargherà anche ad altri gruppi dolomitici del Patrimonio Mondiale, grazie al contributo della Fondazione Dolomiti UNESCO.
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I risultati
Con il supporto del Parco Naturale Adamello Brenta Global Geopark, del Parco Nazionale dello Stelvio e del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, nelle due stagioni estive scorse (2022-23), i botanici hanno salito ben 27 cime trentine, poste al di sopra dei 2700 m, raccogliendo quasi 8.000 dati georeferenziati di presenza di piante, relativi a 300 diverse specie. L’attenzione si è concentrata, in particolare, sulle 137 specie che crescono solamente sopra i 3000 m di quota.
I risultati sono stati estremamente significativi: sono oltre 200 le specie vegetali che, rispetto al passato, hanno innalzato il loro limite altitudinale massimo a livello provinciale, alcune solo di alcune decine di metri, altre anche di oltre 500 metri, come ad esempio alcune specie di felci (Cryptogramma crispa, Dryopteris dilatata, Dryopteris filix-mas, Diphasium alpinum,..). Il limite altitudinale assoluto di quota per le piante in Trentino, come si legge nelle anticipazioni pubblicate sul sito della Fondazione Museo Civico di Rovereto, è stato registrato a 3.607 m e riguarda una piccola graminacea (Poa laxa) trovata su Punta Taviela, nel Parco Nazionale dello Stelvio.
Indagine su tutte le Dolomiti

Come scrivono i ricercatori: «…se il clima continuasse a scaldarsi al ritmo attuale, in alcuni decenni il bosco invaderà le praterie alpine e le morene glaciali diventeranno sempre più erbose con l’estinzione di specie adattate a vivere negli ambienti più freddi»; di qui l’importanza di estendere l’indagine anche ad altri gruppi dolomitici in tutto il territorio del Patrimonio Mondiale. Già dalla prossima estate non mancheranno anche eventi divulgativi, nell’ambito della rassegna organizzata insieme ai Gestori di Rifugio del Patrimonio Mondiale: uno di questi sarà dedicato a fare il punto sull’innalzamento del limite della vegetazione, in correlazione anche con i cambiamenti riscontrabili dal punto di vista faunistico.
L’indagine allargata

È proseguita anche nel 2025 la campagna di rilevamento dei botanici del Museo Civico di Rovereto Giulia Tomasi e Alessio Bertolli. Dopo una fase iniziale concentrata nei Parchi Naturali e sulle Dolomiti Trentine grazie alla collaborazione dei Parchi e del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università degli Studi di Padova (2022-2023), dal 2024 il progetto «Flora di Vetta» si è infatti allargato all’intero territorio del Patrimonio Mondiale, grazie anche al contributo della Fondazione Dolomiti UNESCO. E non sono mancate, ancora una volta, le sorprese legate in particolare alla risalita di quota di molte specie, testimonianza tangibile degli effetti prodotti dal cambiamento climatico.
Nel corso di questo biennio i due botanici hanno raggiunto le vette di Moiazza, Civetta, Pelmo, Antelao, Tofana di Mezzo, Marmolada e Sass Rigais, applicando ogni volta un protocollo di rilevamento che richiede diverse ore di lavoro. In tutto sono stati raccolti 1.174 dati floristici, tutti puntualmente georeferenziati grazie all’uso del GPS. 120 sono state le specie di piante superiori rilevate, tra cui 14 specie endemiche delle Alpi. Tra queste sono stati riscontrati ben 40 record assoluti di quota, grazie al confronto con i dati dello stesso progetto «Flora di vetta» (2022-2023), con quelli della «Flora del Trentino» (Prosser et al., 2019) e con i record altitudinali di specie endemiche alpine (Bertolli et al., 2024). Dieci dei record più significativi hanno riguardato specie endemiche delle Alpi.
In Marmolada il record della Saxifraga Facchinii
Ecco dunque che, a titolo di esempio, la Saxifraga facchinii è stata trovata vicino alla cima della Marmolada, e per l’esattezza a quota 3341 metri (il precedente rilevamento la collocava 3215); si tratta di una specie endemica alpina con areale ristretto tra il Trentino-Alto Adige e il Bellunese. Il differenziale maggiore rispetto ai precedenti rilevamenti è però quello della Poa nemoralis, che “risale” di ben 317 metri e raggiunge quota 2987, meno di quaranta metri sotto la cima del Sass Rigais. Significativo anche uno dei record registrati sull’Antelao, quello della Sesleria sphaerocephala subsp. Leucocephala, che l’anno scorso era sembrata abbassarsi dai 3172 del rilevamento sulle specie endemiche alpine, fino a quota 2980, ma che i dati del 2025 hanno invece ricollocato a 3257 metri.
L’intervista

Alessio Bertolli, i risultati raggiunti andranno ordinati e studiati a fondo, ma da una prima analisi, quanto erano preventivabili e quanto invece vi hanno stupito?
In parte i risultati raggiunti erano attesi, ma ci hanno comunque riservato alcune sorprese significative. Da un lato, sapevamo che il cambiamento climatico sta spingendo molte specie vegetali verso quote sempre più elevate, quindi ci aspettavamo di trovare alcune evidenze in questo senso. Dall’altro, però, il numero di record altitudinali che abbiamo registrato è stato superiore alle aspettative. Questo è dovuto anche al fatto che molte delle aree indagate sono di difficile accesso e quindi storicamente poco esplorate. La combinazione di un ambiente in rapida trasformazione e di un campionamento più capillare, ci ha permesso di osservare fenomeni in parte noti, ma con una portata e una frequenza che ci hanno comunque sorpreso. In sintesi: i risultati confermano alcune tendenze attese, ma ne evidenziano anche l’urgenza e la portata in modo molto chiaro.
È già possibile quantificare l’incidenza del cambiamento climatico sul totale delle risalite di quota che avete registrato?
L’Università di Padova, con il prof. Lorenzo Marini, sta elaborando i dati raccolti per mettere in relazione i record ottenuti con vari aspetti ambientali e climatici. Aspettiamo quindi i risultati preliminari della sua elaborazione per poter avere un quadro più preciso.
Il progetto prevede ora una fase di pubblicazione dei risultati e di divulgazione, anche per sensibilizzare al tema del cambiamento climatico. Proseguiranno anche i rilevamenti?
Nei prossimi anni ripeteremo le uscite su queste vette adottando lo stesso protocollo e avremo quindi dei dati da paragonare a quelli raccolti. Con questo re-sampling usciranno molto probabilmente risultati interessanti perché il cambiamento appare molto veloce.
Per saperne di più
Bertolli A, Tomasi G, Prosser F, Perazza G (2021) Ritrovamento di Coeloglossum viride (L.) Hartm. sulla Lobbia Alta in Trentino (Italia) ‒ nuovo record altitudinale per le Orchidaceae europee? Journal Europäischer Orchideen 53(2-4): 286–300.
Bertolli A., Festi F., Prosser F. & Tomasi G., 2022 - La variazione asimmetrica dei dati dei limiti altitudinali della flora trentina negli anni 2019-2021 rispetto al periodo 1991-2018. Poster presentato al 2° Workshop di sulla Cartografia floristica del Nord Italia: aspetti metodologici. Fondazione Museo Civico di Rovereto, Rovereto 2-3 settembre 2022
Prosser F, Bertolli A, Festi F, Perazza G (2019) Flora del Trentino. Ed. Osiride/Fondazione Museo Civico, Rovereto, 1211 pp.
Prosser F., Bertolli A., & Tomasi G., 2023. Changes in the flora of Lobbia Alta, a peak of the Adamello-Presanella Alps (Trento, Italy) between 1935 and 2021. Italian botanist 15: 9–20 (2023).
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Questo articolo è stato realizzato assemblando i contenuti forniti dalla Fondazione Dolomiti Unesco, dalla Fondazione Museo civico di Rovereto (dal cui sito abbiamo tratto le fotografie principali) e dal Dipartimento Dafnae dell’Università di Padova
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