I trecento giorni di angoscia per Alberto Trentini

Il caso del cooperante veneziano detenuto senza accuse formali dal 15 novembre in carcere in Venezuela. I mesi trascorsi tra diplomazia e appelli per la liberazione, il tormento della famiglia. Il governo di Maduro parla per la prima volta del caso: «È sotto processo»

 

Eugenio Pendolini
Il cooperante veneziano Alberto Trentini
Il cooperante veneziano Alberto Trentini

Trecento giorni di prigione. Una vita intera. Sospesa, nel buio di una cella, in attesa di tornare in libertà. L’unica luce, nella vicenda di Alberto Trentini, è quella della speranza che la famiglia del cooperante umanitario di 46anni imprigionato in Venezuela sta cercando disperatamente di tenere accesa insieme all’avvocato Alessandra Ballerini, agli amici, ai conoscenti, agli attivisti di Articolo 21 che ogni giorno parlano, scrivono, testimoniano chi sia Alberto.

Quale sia la sua storia e il percorso di vita che l’ha portato in questi anni ad occuparsi degli ultimi grazie all’impegno per le organizzazioni non governative sparse in mezzo mondo. Venezuela compreso, dove Trentini si trovava nel novembre scorso con l’ong Humanity & Inclusion impegnata nell'assistenza umanitaria alle persone con disabilità. Prima di essere fermato in un posto di blocco, in località Guasdualito, e portato nel famigerato carcere El Rodeo, destinato ai dissidenti politici. Senza formali accuse a suo carico.

Il buco nero che inghiotte Alberto Trentini e il silenzio assordante delle istituzioni
Fulvio ErvasFulvio Ervas
La stretta di mano tra la mamma di Alberto Trentini e il direttore della Mostra del Cinema Alberto Barbera

Da allora ha potuto chiamare casa soltanto due volte: a maggio e l’ultimo sabato di luglio. Poche parole scambiate con la mamma, Armanda, per cercare di rassicurarla. E per ribadirle la necessità di fare in fretta.

Diplomazia al lavoro

Sul fronte della diplomazia italiana, al lavoro dallo scoppio del caso, il resoconto degli ultimi mesi è quello di uno stallo che racconta delle difficoltà e della delicatezza della vicenda.

L’ultima puntata risale ad appena due giorni fa, quando il ministro degli Esteri del governo venezuelano, Yván Gil, in un’intervista rilasciata alla Cnn a Caracas ha per la prima volta rotto il silenzio sul caso di Trentini. «È sotto processo. C’è una causa in corso e che continuerà. Noi, qui, riceviamo tutte le richieste e siamo disponibili a verificare caso per caso», le parole del ministro interpellato dal corrispondente sulle condizioni detentive dell’operatore umanitario e sulla mancata apertura a una visita consolare, nonostante i tentativi compiuti dalla rappresentanza diplomatica italiana a Caracas.

La situazione in Venezuela

A inizio agosto, in effetti, era stata rinviata a data da destinarsi la missione in Venezuela dell'inviato della Farnesina, Luigi Vignali, che il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva nominato a fine luglio proprio per occuparsi del caso del cooperante umanitario originario del Lido. Vignali si era recato a Caracas ma, nonostante le rassicurazioni che aveva ricevuto dal governo venezuelano, non è stato ricevuto. Il ministro venezuelano ai microfoni della Bbc ha tirato fuori la carta della “cospirazione” per giustificare le detenzioni di stranieri nel Paese sudamericano. «Noi crediamo che ogni persona sia innocente, fino a prova contraria a differenza degli Stati Uniti», ha specificato, «che praticano esecuzioni in mare».

La manifestazione per la liberazione di Trentini nei giorni della festa del Redentore a Venezia
La manifestazione per la liberazione di Trentini nei giorni della festa del Redentore a Venezia

Il quadro politico e la repressione interna, in Venezuela, restano preoccupanti. Nel paese centroamericano ci sono almeno 823 prigionieri politici, di cui 91 stranieri. Ogni settimana la polizia arresta pretestuosamente alcune persone e ne libera altre come risultato di uno scambio. Particolarmente preziose quelle con cittadinanza straniera, come Trentini, poiché considerate leve da utilizzare nei rapporti con i governi. Soprattutto quelli, come l’Italia, che non riconoscono il governo Maduro.

«Non cada il silenzio»

Da qui, la delicatezza delle trattative in corso. Ma d’altro canto anche la necessità, ribadita dai familiari, di non far cadere il silenzio su Alberto.

Per questo, da ultimo alla Mostra del Cinema del Lido, la richiesta di una sua immediata liberazione continua ad essere urlata ai quattro venti, al punto da mobilitare il mondo del cinema e l’opinione pubblica grazie agli striscioni comparsi in questi mesi nei balconi delle case di Venezia e sfilati in Canal Grande, a bordo delle barche in legno delle remiere cittadine. Uniti da un comune obiettivo: riportare Trentini a casa.

Riproduzione riservata © il Nord Est