Homeschooling, più regole e controlli: cosa cambia con le nuove linee guida del Ministero
Istruzione parentale: le nuove linee guida del Mim rafforzano controlli, scadenze ed esami annuali, chiarendo obblighi per le famiglie e ruolo di vigilanza delle scuole, con sanzioni più severe in caso di inadempienze. Ecco cosa cambia

La libertà di educare i propri figli fuori dalle aule scolastiche resta un diritto riconosciuto dall’ordinamento italiano, ma oggi l’homeschooling entra definitivamente in una fase di maggiore regolazione e controllo.
Le nuove linee guida del Ministero dell’Istruzione e del Merito segnano un cambio di passo netto: l’istruzione parentale non è più percepita come una scelta “parallela” e poco monitorata, bensì come una modalità alternativa che deve rispettare standard, scadenze e verifiche analoghe a quelle della scuola tradizionale.
Sullo sfondo, anche recenti fatti di cronaca relativi al caso della “famiglia nel bosco”, a Palmoli in provincia di Chieti, hanno spinto il Ministero a intervenire per chiarire confini e responsabilità, ribadendo che l’obbligo scolastico, dai sei ai sedici anni, va garantito in modo effettivo, qualunque sia il percorso scelto dalla famiglia.
Un diritto costituzionale sotto la lente dello Stato
L’istruzione parentale trova il suo fondamento nell’articolo 30 della Costituzione, che riconosce ai genitori il diritto e il dovere di educare i figli. Un principio che resta intatto, ma che oggi viene affiancato da una vigilanza più stringente da parte dello Stato, chiamato a tutelare l’interesse superiore del minore. Con la nota del 17 dicembre 2025, il Mim ha fornito indicazioni operative univoche per tutte le scuole, chiarendo che la libertà educativa non può trasformarsi in assenza di regole.
Il punto di partenza è la comunicazione preventiva. Ogni anno, entro il termine fissato per le iscrizioni al nuovo anno scolastico, i genitori che intendono ricorrere all’homeschooling devono informare formalmente il dirigente scolastico di una scuola del territorio di residenza. Per il prossimo anno, la scadenza è fissata al 14 febbraio 2026. Non si tratta di una mera dichiarazione di principio: la comunicazione deve essere cartacea e completa, perché costituisce l’atto con cui la famiglia si assume la responsabilità dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione.
Alla comunicazione vanno allegati due elementi chiave. Il primo è una dichiarazione formale con cui i genitori attestano di possedere la capacità tecnica o economica necessaria per provvedere all’istruzione dei figli, direttamente o tramite soggetti delegati. Il secondo è un progetto didattico-educativo di massima, che deve essere coerente con le Indicazioni nazionali. Studiare a casa, dunque, non significa costruire un percorso svincolato dal sistema scolastico, ma seguire programmi comparabili a quelli dei coetanei che frequentano la scuola pubblica o paritaria.
Il ruolo della scuola “vigilante” e i controlli annuali
Con le nuove regole, il dirigente scolastico assume un ruolo centrale. La scuola individuata come riferimento non rilascia autorizzazioni – la scelta resta un diritto della famiglia – ma svolge una funzione di vigilanza attiva.
Il preside è chiamato a valutare il progetto educativo presentato e, se lo ritiene carente o non coerente con i programmi nazionali, a suggerire per iscritto le opportune modifiche. Inoltre, ha il compito di informare i genitori su tutti gli adempimenti necessari, ricordando scadenze e obblighi, a partire dall’iscrizione agli esami di idoneità.
Proprio gli esami rappresentano il fulcro del sistema di controllo. Fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione, il percorso di homeschooling è valido solo se lo studente supera ogni anno un esame di idoneità. Senza questa verifica, il passaggio alla classe successiva non è riconosciuto. Per il primo ciclo di istruzione la domanda va presentata entro il 30 aprile; per le classi della scuola superiore coinvolte nell’obbligo, le scadenze sono stabilite dai singoli istituti.
L’esame può essere sostenuto in una scuola statale o paritaria, anche diversa da quella “vigilante”, ma in questo caso è necessario informare quest’ultima per consentire i raccordi necessari. La preferenza, sottolinea il ministero, resta comunque per la scuola che ha seguito l’intero percorso, avendo ricevuto e valutato il progetto educativo fin dall’inizio dell’anno.
Esami finali e sanzioni: l’asticella si alza
Le regole diventano ancora più stringenti negli anni che segnano la conclusione dei cicli scolastici. Per la terza media, gli studenti in istruzione parentale devono sostenere l’esame di Stato come candidati privatisti, con iscrizione entro il 20 marzo.
L’ammissione è subordinata allo svolgimento delle prove Invalsi, obbligatorie esattamente come per gli studenti frequentanti. Anche per la maturità valgono le regole previste per i privatisti: oltre alle prove d’esame, sono richiesti Invalsi e Pcto, a conferma di un percorso che deve essere completo e verificabile.
Il rafforzamento dei controlli si accompagna a un sistema sanzionatorio più severo. Con il decreto Caivano, le conseguenze per chi non garantisce l’istruzione ai figli o si sottrae alle verifiche sono state inasprite, arrivando nei casi più gravi fino alla reclusione. Una scelta che il ministero giustifica con la necessità di tutelare il diritto dei minori a un’educazione reale, certificata e spendibile nel percorso di vita.
In questo nuovo quadro, l’homeschooling resta una possibilità concreta, ma richiede consapevolezza, organizzazione e un dialogo costante con la scuola. Non è più uno spazio di improvvisazione, ma un percorso che deve dimostrare, anno dopo anno, di garantire gli stessi obiettivi formativi del sistema scolastico tradizionale. La libertà educativa rimane, ma passa attraverso regole chiare e controlli stringenti, nel segno di un equilibrio tra diritti delle famiglie e doveri dello Stato.
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