Tragedia di Castel d’Azzano, il procuratore di Verona: «Cittadinanza onoraria all’Arma»

Il procuratore capo di Verona: «Ce la stiamo mettendo tutta per approfondire ogni aspetto della tragedia»

Sabrina Tomè
Il luogo della tragedia
Il luogo della tragedia

Castel d’Azzano, 14 ottobre, il giorno dell’orrore. Il giorno in cui tre carabinieri muoiono nell’esplosione di un casolare. Non è un incidente, è una strage. Meditata probabilmente, attuata sicuramente – seppur con gradi di responsabilità da definire – dai padroni di casa, i fratelli Dino, Franco e Maria Luisa Ramponi.

Che, pur con lo sfratto, non volevano saperne di lasciare la loro abitazione. Pronti a tutto per difenderla, anche a farla saltare con il gas. Com’è avvenuto all’alba di un mese fa, quando le squadre scelte dei carabinieri di Verona, Padova e Mestre arrivano sul posto con un mandato di perquisizione della Procura veronese; c’è il sospetto che i tre fratelli nascondano delle armi.

Un boato e le macerie investono i militari: restano uccisi il luogotenente Marco Piffari, 56 anni di Trebaseleghe, il carabiniere scelto Davide Bernardello di San Giorgio delle Pertiche, 36 anni, il brigadiere capo qualifica speciale Valerio Daprà di Padova, 56 anni. Sul posto arriva immediatamente il procuratore capo di Verona Raffaele Tito, trattiene a stento le lacrime davanti a quello strazio. È lui ad aprire e a coordinare l’inchiesta per strage a carico dei fratelli Ramponi ed è lui oggi a fare una proposta che è un riconoscimento alle vittime e alla grande famiglia dell’Arma: il conferimento della cittadinanza onoraria.

Procuratore, un mese fa lei era a Castel d’Azzano, accanto ai carabinieri, piangendo con loro la perdita di tre uomini. C’è oggi una rassicurazione che la Procura può dare alle famiglie, all’Arma, alla comunità?

«Ovviamente noi, assieme ai carabinieri del Comando Provinciale di Verona, ce la stiamo mettendo tutta per approfondire ogni aspetto della tragedia e ricostruire così anche il passato dei fratelli Ramponi. Questa vicenda dimostra, fra l’altro, quanto sia forte il senso di legalità dell’Arma dei carabinieri, ma anche quanto sia oggi difficile e perfino pericoloso far rispettare le regole, tutte le regole. Non ci sono regole grandi o regole piccole. A volte anche quelle che ci appaiono non rilevanti in realtà costituiscono l’ossatura della nostra società e non sono rinunciabili. I carabinieri in questo senso forniscono sempre e comunque un determinante ed insostituibile contributo. Dal dolore che ci portiamo dentro da quella notte, dobbiamo far sorgere, ancora più forte, un ringraziamento a tutte queste donne e a tutti questi uomini in divisa. E perché quindi non insignire l’Arma dei carabinieri della cittadinanza onoraria del Comune di Castel D’Azzano? Lancio questa proposta, anche se forse non è il mio campo».

È stato possibile interrogare Maria Luisa Ramponi?

«No. Le sue condizioni di salute non lo consentono».

Quali sono i passaggi prossimi dell’inchiesta?

«Stiamo attendendo le motivazioni con cui il Tribunale del riesame di Venezia ha confermato l’accusa di strage anche a carico dei due fratelli Ramponi. Da questo passaggio procedimentale capiremo molte cose sulla fondatezza o meno delle nostre tesi. Adesso è il momento di sentire ancora alcuni testimoni, E si tratta di dare sfogo alla prova scientifica; rilievi chimici ad esempio. Quindi a breve conferiremo consulenza esplosivistica». —

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