Valeria Solesin e il valore della memoria: «Parlare ai giovani un argine al male»

Una mattina a Venezia sul ponte dedicato alla giovane veneziana uccisa il 13 novembre 2015 nella strage del Bataclan a Parigi. Abbiamo parlato con gli studenti, tra chi ricorda e chi chiede di sapere. La mamma: «Il terrorismo è sempre un pericolo»

Camilla Gargioni
Il ponte dedicato a Valeria Solesin a Venezia
Il ponte dedicato a Valeria Solesin a Venezia

Testa bassa, Airpods, passo veloce. Il ponte Valeria Solesin non è uno di quei luoghi veneziani dove ci si ferma per scattare una foto: collega la stazione di Venezia Santa Lucia al campus economico di San Giobbe, è percorso ogni giorno dai suoi studenti per “saltare” il canale di Cannaregio e raggiungere più velocemente San Giobbe.

«No scusa, non posso fermarmi, ora inizia lezione», dice un ragazzo con il tablet già in mano. Allora si passa nel giardino della biblioteca di area economica, qualcuno approfitta del sole per ripassare tra una lezione e l’altra. Ma sapete chi è Valeria Solesin? Volti perplessi, qualche cenno di assenso. Sono passati dieci anni dalla strage del Bataclan a Parigi, dove la ricercatrice veneziana ha perso la vita.

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Luciana Milani, la madre di Valeria Solesin accanto al ritratto della figlia, opera di Jean-Francois Deroubaix (foto di Pierluigi Cattani Faggion per il T Quotidiano)

Solesin studiava sociologia all’università di Trento, era entrata nella fase finale del suo dottorato, la maggior parte dei suoi studi concentrati proprio in Francia. Ca’ Foscari ha inaugurato il ponte nel maggio del 2017: da allora, generazioni e generazioni si sono susseguite. Alcuni conoscono la storia di Valeria, altri no.

E sull’importanza di tenerne viva la memoria ieri è intervenuta anche la mamma, Luciana Milani, in questi giorni a Parigi per la commemorazione del decennale. «Bisogna ricordare quello che è successo per le nuove generazioni, perché il ricordo inevitabilmente si perde con il passare del tempo», ha detto Milani, «ma è importante ricordare perché il pericolo del terrorismo in Francia ma forse anche in Europa c’è ancora, ed è importante che se ne parli». Nei giorni scorsi Milani aveva parlato della memoria di Valeria come «argine al terrorismo».

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Venezia. Valeria Solesin, con il fratello Dario

Ma come fare a tenere vivo il ricordo tra le nuove generazioni? Proprio dagli studenti, nel decennale della sua scomparsa, nasce l’idea di dire qualcosa di più sulla sua storia. Il nizioleto “Ponte Valeria Solesin” non basta più. «A ridosso della sua scomparsa, l’ateneo aveva fatto diverse iniziative. Ora, è giusto che anche le ultime generazioni di studenti si avvicinino alla figura di Valeria», spiega Simone Rizzo, presidente dell’Ars (assemblea della rappresentanza studentesca), «la nostra idea è di proporre e mettere come assemblea degli studenti una targa o un qr code vicino al ponte che racconti la storia di Valeria, chi era, perché è un simbolo per la nostra comunità cafoscarina».

A pochi passi dal ponte, infatti, nei giorni scorsi è stata intitolata un’aula studio alla prima donna laureata di Ca’ Foscari, Maria Rimoldi. «Si è perso il senso di alcune storie, è una questione generazionale. Dobbiamo ricordare Valeria e farla conoscere a chi arriva da altre realtà o da atenei esteri e non la conosce», sottolinea Benedetta Ambrosini, rappresentante nel consiglio di dipartimento della Venice School of Management a San Giobbe, «siamo pronti a finanziare la targa con le nostre risorse, lo proporremo agli organi».

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