Lettera-sfogo dopo la Maturità, la ragazza: «All’orale un prof non mi ha nemmeno guardato in faccia»

La liceale al Messaggero Veneto aveva lamentato anni di incomprensioni. «Tutto iniziò da un litigio tra compagne, sono stata isolata da docenti e compagni. Dicevano che ero debole e problematica»

Laura Pigani
Alcuni studenti impegnati nell'esame di maturità (foto d'archivio)
Alcuni studenti impegnati nell'esame di maturità (foto d'archivio)

Un litigio tra compagne di classe, poi un prof che prende le parti delle altre, escludendo lei soltanto. E l’inizio, per questa studentessa, di un percorso scolastico in salita, tra incomprensioni e disagi, che si è comunque concluso con il massimo dei voti alla maturità.

Esami alle spalle, Sara (nome di fantasia, a tutela della sua scelta di anonimato), che ha frequentato un liceo cittadino, ha deciso di raccontare la sua esperienza in una lettera al Messaggero Veneto per invitare a una riflessione. L’abbiamo intervistata per comprenderne meglio la storia e capire come la scuola potrebbe cambiare per essere più a misura di studente.

La sua lettera ha sortito gli effetti sperati?

«Speravo in un riscontro ampio da parte dei docenti interessati, ma non è andata così. Avevo mandato la bozza anche ai professori impegnati allo sportello d’ascolto ai quali mi ero rivolta pensando che li avrebbero coinvolti».

Facciamo un passo indietro. Quando ha cominciato a non sentirsi compresa in classe?

«In terza superiore avevo litigato con alcune compagne di classe e loro mi avevano esclusa dal gruppetto. Uno dei professori si era messo in mezzo e ci aveva disposto in cerchio perché affrontassimo i nostri problemi. Eravamo tutte in lacrime, ma lui consolava solamente le altre e si rivolgeva a me facendomi domande insistenti, mentre io non riuscivo fisicamente neanche a parlare. Secondo lui, era tutta colpa mia. Da quel momento sono stata definita debole e problematica. In un’altra circostanza, durante un laboratorio, mi ero messa a piangere perché stavo appunto vivendo un momento difficile e lo stesso prof mi aveva chiamata fuori dall’aula dicendomi di smetterla e di pensare a lavorare. Ha cominciato a vedermi alla sua maniera. E lo stesso ha fatto poi una nuova docente».

In terza superiore litigai con alcune compagne di classe. Eravamo in lacrime, un professore disse che era tutta colpa mia. Da quel momento sono stata definita debole e problematica

Ha trovato una mancanza di empatia da parte del personale docente e della dirigenza dell’istituto?

«Sicuramente da parte di quei due professori. Uno di loro, interno agli esami, non mi ha nemmeno salutata agli orali. Non mi ha rivolto la parola e neanche guardato in viso. Anche la dirigente in precedenza non era stata d’aiuto: sosteneva che bisogna cercare di convivere pacificamente».

E i compagni?

«In classe c’erano dinamiche di potere, con le classiche persone che volevano farsi notare e decidere per tutti. A nessuno andava bene, ma mentre gli altri stavano in silenzio, io parlavo e ci mettevo la faccia. Per questo ho avuto una posizione complicata in classe».

Al colloquio orale un prof non mi ha salutata e nemmeno guardata in viso

Chi l’ha aiutata?

«Mi sono rivolta ai prof dello sportello di ascolto e alla psicologa della scuola, che mi ha dato consigli e con la quale mi sentivo più libera di parlare».

Quali suggerimenti darebbe per migliorare le cose?

«Ho visto tante situazioni brutte a scuola. Il fatto di rivolgersi ai docenti dello sportello di ascolto, quasi sempre presenti, o alla psicologa non deve essere motivo di imbarazzo. È vero tuttavia che i prof della scuola possono non sempre essere una buona soluzione, se lo studente ha problemi proprio con quei docenti. Ci dovrebbero essere anche lezioni sulle relazioni, magari un’ora ogni due settimane, perché si dà per scontato come ci si debba comportare con gli altri, e anche affrontare il tema del digitale».

Cosa le ha insegnato la sua esperienza?

«Ad avere carattere. Sono sempre stata timida e riservata, ma ho imparato a mettermi in gioco per dimostrare quanto valgo e a non stare zitta». 

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