Trentini in cella da un anno, Tajani: «Detenuto politico, ma ritornerà a casa»

Il ministro Tajani torna a rassicurare sul forte impegno di politca e diplomazia per la liberazione di Alberto Trentini

Eugenio Pendolini
Manifestazione a Venezia per Trentini libero
Manifestazione a Venezia per Trentini libero

Non si può nemmeno immaginare cosa significhi passare un giorno in un carcere di massima sicurezza per oppositori politici di un regime. Figuriamoci se ci si trova dall’altra parte del mondo, senza un’accusa formale se non quella di trovarsi lì per ragioni umanitarie, senza possibilità di chiamare i propri cari se non sotto stretta sorveglianza.

Domani sarà passato un anno da quando Alberto Trentini - un «detenuto politico», per il ministro degli Esteri - è stato fermato in un posto di blocco a Guasdualito, in Venezuela, dalle autorità. Trecentosessantacinque giorni nella prigione di El Rodeo. Una vita intera, sospesa nel buio di una cella. In attesa della libertà.

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In questi dodici mesi, il lavoro della diplomazia italiana è continuato sotto traccia, tra ventate di ottimismo e porte chiuse in faccia al governo italiano. Ieri, dal Canada, il ministro degli Esteri Antonio Tajani è tornato a parlare della vicenda del cooperante umanitario veneziano, finito suo malgrado al centro di un complicato intreccio di politica internazionale giocato interamente sulla sua pelle. Un prigioniero politico, così il responsabile della Farnesina ieri ha definito Trentini, che a novembre di un anno fa si trovava in Venezuela con l’ong Humanity & Inclusion impegnata nell'assistenza umanitaria alle persone con disabilità.

È evidente che dopo tutto questo tempo la preoccupazione per lo stallo in corso resti ai massimi livelli anche tra le autorità italiane. «Seguiamo con molta attenzione la situazione in Venezuela e dei nostri concittadini detenuti», le parole di Tajani, «stiamo facendo di tutto per farli uscire dalle carceri di Caracas. Sono detenuti politici, non sono dei criminali. E questo è un tema che ci sta particolarmente a cuore. Stiamo lavorando a livello politico, a livello diplomatico, in tutti i modi cercheremo di riportare a casa i detenuti italiani, compreso Trentini che è da un anno in carcere e non si riesce capire cosa intende fare il regime».

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In questi mesi, gli appelli alla sua liberazione si sono moltiplicati. Anche quelli provenienti dallo stesso Venezuela. A ottobre, ad esempio, Maria Corina Machado, fresca vincitrice del premio Nobel per la pace e oppositrice del regime di Nicolas Maduro, aveva lanciato un appello a Papa Leone XIV in persona affinché intercedesse con il governo di Caracas.

L’appello arrivava a pochi giorni dalla canonizzazione del medico laico José Gregorio Hernández e della religiosa Carmen Rendiles, prevista il 19 ottobre scorso, alla quale ha partecipato anche una delegazione venezuelana. Non è un mistero l’influenza della diplomazia vaticana sul Venezuela. Il segretario di Stato Pietro Parolin è stato infatti nunzio apostolico proprio in Venezuela. E a Caracas si è attivata anche la Comunità di Sant’Egidio, con una missione che ha portato alla liberazione dell’imprenditore Alfredo Schiavo.

Concreti passi avanti, però, non ce ne sono stati. Alla preoccupazione delle autorità si aggiunge il tormento della famiglia di Alberto. Residenti in uno dei quartieri più abitati della piccola isola del Lido di Venezia, si sono ritrovati loro malgrado con i riflettori della stampa internazionale addosso.

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La loro sofferenza si è tramutata fin da subito nell’impegno costante affinché non calasse il silenzio sulle sorti di Alberto. Dopo svariati appelli al governo, a settembre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha chiamato direttamente Armanda Colusso, mamma di Alberto, per ribadirle tutto l’impegno del governo.

«Ma non dimentichiamoci che un giorno della famiglia Trentini sono cento giorni di una famiglia normale. Non possiamo fare finta che non sia trascorso un anno», sintetizza Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21. Proprio l’associazione a tutela della libertà d’informazione ha organizzato un appuntamento per domani alle 12 nella sala stampa del Comune di Milano. Sarà presente l’avvocata della famiglia, Alessandra Ballerini, il presidente della Associazione lombarda dei giornalisti, Paolo Perucchini, e il Presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Riccardo Sorrentino

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