Nord Est più caldo e afoso, così il clima condiziona le falde e l’agricoltura
La temperatura media sale di un grado, giugno il mese più caldo del 2025. In montagna manca la neve e i fiumi pagano lo scarso apporto di acqua

Freddo non vuol dire necessariamente neve. E il sensibile calo di temperature delle ultime ore a Nord Est (e che continuerà almeno per i prossimi giorni) non cambia sensibilmente un inverno finora mite.
A Jesolo, per dire, domenica 28 dicembre centinaia di persone hanno assaltato il lungomare per una passeggiata approfittando del sole e sorseggiando un aperitivo sui bar in spiaggia. Così, a meno di sorprese oggi o domani, il 2025 si avvia a essere il quinto anno consecutivo senza neve in pianura con accumuli significatici. L’ultima volta fu nel 2020 e c’era la pandemia.
Veneto
Le anomalie del meteo, ormai diventate strutturali sulla scorta del cambiamento climatico, si fanno sentire nel bene e nel male. Prendiamo le piogge. Stando all’Arpav a novembre la pioggia caduta in Veneto è stata inferiore al 37 per cento rispetto alla media storica; sono caduti 82 millimetri contro una media storica di 137.
Stessa percentuale a ottobre. L’unico altro mese dell’anno che si sta concludendo sotto la media storica è stato giugno (meno 38 per cento). Inoltre le piogge si sono concentrate, per quantità e intensità, in fenomeni hanno durate breve (sulle dodici ore) e non continuativa. Causando così non solo danni ma, in un territorio fortemente impermeabilizzato i forti rovesci hanno portato benefici inferiori alle falde rispetto a piogge più “tranquille” e sparse su un arco temporale più ampio. Stando ad Arpav in tema di precipitazioni nell’anno idrologico «gli apporti sono stati inferiori della media del 37 per cento». A patire è naturalmente l’agricoltura.
Tutto questo è stato accompagnato dalla scarsità neve e di accumuli in montagna (novembre, in quota, ha fatto registrare una temperatura sopra la media).
Lo stesso Arpav certifica «un deficit pluviometrico del meno 49 per cento sul Piave, meno 42 per cento sul Po, meno 39 per cento sul Livenza, meno 37 per cento su Brenta e Tagliamento, meno 35 per cento sul Lemene, meno 33 per cento sull’Adige, meno 27 per cento sul Bacino Scolante, meno 26 per cento sulla Pianura tra Livenza e Piave, meno 24 per cento sul Sile e sul Fissero-Tartaro-Canal Bianco. E si è arrivati a novembre dopo un’estate in cui le temperature hanno subito picchi al rialzo. Nell’estate 2025 si è registrata «un’anomalia termica di più 1.2 gradi rispetto alla media climatica 1991–2020, distribuita in modo omogeneo su tutto il territorio veneto». Quindi «il mese di giugno ha contribuito con una forte anomalia, mentre luglio ed agosto sono risultati molto vicini alla norma».
In tema di nevicate «rispetto alla media 2009-2024, il deficit di neve fresca del solo mese di novembre a 2200 metri di quota è del 25-30 per cento nelle Dolomiti settentrionali e del 35 per cento in quelle meridionali. Solo oltre i 2600 metri di quota gli apporti di neve sono stati nella norma» certifica Arpav. Ad oggi «oltre l’80 per cento del territorio montano risulta innevato oltre i 1800 metri di quota e il 30 per cento oltre i 1300 metri».
Friuli Venezia Giulia
Il 2025 si colloca tra gli anni più caldi mai registrati in regione e in linea con il 2022 (anno record). Un grado in più. I dati dell’Arpa FVG confermano così il trend di riscaldamento degli ultimi 10-20 anni. A fronte di questo non sono mancate però le piogge.
Con alcuni distinguo. Nella bassa pianura friulana e nelle zone orientali le precipitazioni si sono verificate sopra la media; nelle Montagne interne (Alpi Carniche e Giulie) le piogge sono state leggermente sotto la media. Si è ripresentato così una sorta di schema ricorrente: piogge concentrate a est, montagne più asciutte. E non sono mancati eventi eccezionali. L’ultimo in ordine di tempo si è registrato il 16 e17 novembre a Cormòns: 295 millimetri in 2 giorni. Insomma, si conferma l’idea di una concentrazione estrema e concentrata nel tempo. Prima di Comòns, si risale al 26 giugno, si è registrato un violento temporale nel Pordenonese, con grandine e chicchi fino a 10 centimetri di diametro. Tra le zone più colpite il Pordenonese il 16 settembre. A Trieste raffiche di vento: fino a 108 chilometri orari.
Per quanto concerne la neve il copione è sostanzialmente lo stesso del Veneto. Le nevicate sono state scarse. Di conseguenza anche gli accumuli montani sono stati modesti con le conseguenze note sull’approvvigionamento d’acqua nei fiumi.
Riproduzione riservata © il Nord Est









