Restera, passeggiate ed escursioni in bici lungo l’Alzaia del Sile

Un itinerario verde in quella che fu un’autentica via di lavoro. Uno scenario sospeso tra memoria e natura e nei dintorni si sono le Ville Venete che dialogano con il fiume

Marina Grasso
In bici sulla Restera (ph Elisabetta Perrone)
In bici sulla Restera (ph Elisabetta Perrone)

I trevigiani la chiamano Restera, nome che conserva la memoria storica delle reste, le corde con cui cavalli e buoi trainavano i barconi. Ma è l’antica definizione di Alzaia del Sile a evocare con maggiore immediatezza gli alti argini e la scena concreta di un fiume che per secoli fu arteria commerciale. Un corso d’acqua di circa novantacinque chilometri – il più esteso fiume di risorgiva d’Italia e uno dei maggiori in Europa – che nasce dalle fonti sotterranee riaffioranti tra Casacorba di Vedelago e le campagne venete. E che scende discreto, si arricchisce di numerosi affluenti che attraversano il centro storico di Treviso e già nella luminosa Riviera Santa Margherita si apre tra giardini e palazzi.

Dove Sile e Cagnan

Qui accoglie un nuovo affluente come ricordò anche Dante nel suo Paradiso con i versi “dove Sile e Cagnan s’accompagna” – e oggi Ponte Dante è il punto in cui ciò avviene – per scorrere poi verso il Ponte della Gobba, il cui nome evoca un’antica osteria e segna l’accesso alla Restera: una toponomastica che sottolinea la vicinanza dell’alto lirismo con la memoria popolare. Da lì il paesaggio cittadino diventa altro: si distende, si fa silenzioso e si percorre solo a piedi o in bici. Le pareti lungo l’argine, trasformate nel primo tratto in una galleria urbana a cielo aperto con affreschi e murales rinnovati periodicamente, accompagnano il cammino con un dialogo visivo tra arte e acqua.

Inizia così un percorso lungo il fiume la cui lunghezza ciascuno può stabilire liberamente, grazie a numerosi accessi che riconducono con facilità al tessuto urbano: un itinerario verde in quella che per secoli fu un’autentica via di lavoro; ganci infissi nei muri, scalette, pietre levigate dalle funi e antichi opifici restano tracce silenziose di un tempo in cui il Sile era una vera strada d’acqua, come ricordano anche i toponimi e le memorie dei barcari tramandate nella tradizione locale.

Il cimitero dei burci

Tra natura e silenzi il fiume conduce al paesaggio unico del “cimitero dei burci”, visibile da una passerella sospesa sull’ansa che ne custodisce i resti. Sono i grandi barconi dal fondo piatto che un tempo trasportavano merci lungo il Sile, lasciati qui alla fine degli anni Settanta, quando la navigazione commerciale cessò di essere vitale.

Ora riaffiorano, consunti e segnati dal tempo, con le loro strutture di legno che spuntano dall’acqua come scheletri silenziosi. Intorno, l’ambiente fluviale si è adattato trasformandoli in rifugio per germani, folaghe, cormorani, cigni e tartarughe che trovano sulle assi emerse un approdo sicuro. Uno scenario sospeso tra memoria e natura, insieme suggestivo e fragile, che sta mobilitando cittadini e associazioni per la sua salvaguardia.

Piazza porto e ville venete

Più avanti il fiume torna a imporsi come cuore della vita civica: la grande piazza‑porto di Casier, dominata dalla parrocchiale, è un sereno brulicare di locali, passeggiate alberate e scorci sul fiume. E, nei dintorni, Ville Venete che dialogano con il fiume: la settecentesca Villa de Reali, con il suo vasto parco e le barchesse affacciate sul fiume; Villa Barbaro, con l’antico imbarcadero e l’oratorio; e, poco oltre, a Cendon e Lughignano, dimore come Villa Barbaro Valier e Villa Gabbianelli, immerse nel verde e legate alla storia delle famiglie veneziane che qui scelsero la loro campagna d’acqua. Per seguire il corso del Sile ci si può affidare alla Greenway, o GiraSile, che accompagna il fiume dalle sorgenti alla laguna. Il tracciato, ben segnalato, si intreccia con quello dell’ex ferrovia Treviso‑Ostiglia, creando un lungo corridoio verde tra campagne e borghi. Così storia e mobilità dolce si fondono in un paesaggio che invita a un passo lento, nel quale è sempre il Sile a segnare la direzione e a raccontare, con il suo scorrere discreto, la continuità di una storia che continua a parlare e di una natura che non smette di stupire. 

Scivolare in canoa o kayak tra i canneti

Scivolare in canoa o kayak lungo il Sile significa vivere il fiume da vicino, seguendo il ritmo lento dell’acqua tra germani, folaghe, cigni e canneti che si specchiano nelle rive, accanto alle antiche ville immerse nel verde.

Chi lo desidera può affidarsi a piccole imbarcazioni ecologiche a trazione elettrica o alle motonavi che raggiungono la laguna, magari approfittando di sostare nei borghi rivieraschi e nei piccoli porti fluviali.

La Greenway, un corridoio lungo 125 km

La Greenway del Sile, o GiraSile, è un vero e proprio corridoio ecologico di circa 125 km che attraversa il Parco Naturale Regionale del Fiume Sile. Collega le sorgenti a Portegrandi, con 35 km sulle antiche restere e 10 km sull’ex ferrovia Treviso‑Ostiglia, in un unico itinerario in cui tabelle e pannelli informativi guidano e raccontano le storie del fiume. Per avere maggiori informazioni sull’itinerario da percorrere c’è il sito www parcosile.it.

Riproduzione riservata © il Nord Est