Riecco Madhat: per l’amore e per la giustizia
Esce il quinto romanzo di Vito Franchini, scrittore di thriller e d’avventura: la “Tigre d’Africa” deve difendere Shasmahal e ritrovare Lana e il figlio Nick

Vito Franchini è nato in Iran, ha vissuto tra Libia, Algeria, Tunisia ed Egitto, poi anche nell’ex Jugoslavia, fino a ritornare in Italia sempre con la valigia in mano, come è inevitabile per un ufficiale dei carabinieri. Madhat Suburban, altrettanto inevitabilmente, non può che prendere in certe pagine le sue sembianze: navigante irrequieto e avventuroso di natura, ma soprattutto uomo a proprio agio in ogni terra. Protagonista, qualsiasi sia l’angolo di mondo frequentato.
La “Tigre d’Africa” passa dal Madagascar a Città del Capo, da Liverpool alla Cornovaglia, dai mari alla Savana con la stessa disinvoltura di chi l’ha creato. Un cosmopolita ante-litteram, di fatto.
Madhat ritorna protagonista nel quinto romanzo di Franchini, “Il sole dei secoli”, edito in questi giorni da Giunti (492 pagine): è la naturale prosecuzione della serie avventurosa cominciata con la “Tigre d’Africa” (2023), ma è soprattutto una storia autonoma, un racconto a sé, operazione riuscitissima di lettura che può nutrirsi – senza alcun limite – della pubblicazione precedente come di quella successiva.

Non serve infatti aver letto il primo volume per comprendere la potenza del protagonista: Madhat Suburban irrompe da subito ne “Il sole dei secoli” con l’aura del mito consolidato. L’eco delle imprese passate è fortissimo, anche in queste nuove pagine: è lo strenuo difensore di Shasmahal, “la città meravigliosa” fondata quattro decenni prima dal nonno Nicholas Suburban, un’utopia messa a dura prova da un gruppo di mercenari; solca i mari con l’intraprendenza e la furbizia di un pirata, ma in realtà proprio per stanare i criminali d’acqua e soprattutto i negrieri, piaga dell’umanità; è un lottatore invincibile, dote forzatamente affinata durante i combattimenti della sua prigionia passata, che gli sono valsi il soprannome di “Tigre d’Africa”.
È padre, è marito, è figlio, è amante, è figura tormentata da un amore monco ma è anche terreno fertile per nuovi sentimenti.
E sono proprio questi i motori che accendono il nuovo racconto, il cui sfondo temporale resta ovviamente quello di inizio Settecento (Giorgio Ludovico di Hannover, anno 1714, sta per salire al trono): Madhat lascia l’Africa e approda nel Regno Unito, per cercare le risposte a tutti i dubbi che gli attanagliano l’animo. Per tentare di riconquistare il cuore di Lana, il suo amore perduto, e per ritrovare il piccolo Nick, il figlio che la donna gli ha di fatto sottratto.

Il percorso non è lineare: è disseminato di entusiasmanti scontri navali – con la sua Wings e con fidi alleati come il gigante Iboue a guidarlo sarà la sete di giustizia più che i venti e le onde – così come di misteri, uno su tutti un inedito romanzo che racconta la sua vita, alla perfezione, scritto da un misterioso autore, e che sta spopolando in Inghilterra. Di tradimenti, di fedeltà, di inediti legami. Nemici, in acqua e tra le pagine, che Madhat è chiamato a stanare. In mezzo ci sono tradimenti, fedeltà, inediti legami, rapporti consolidati e dolorose revisioni affettive.
Franchini, che oltre ad essere autore opera come ufficiale dei carabinieri a Este (Padova), condivide con Madhat molto più dell’essere cittadino del mondo. «Scrivere, per me, continua a essere un atto liberatorio e crudele allo stesso tempo», è il pensiero affidato alla nota di fine volume, «creo mondi narrativi per raccontare a gran voce quello che, nella vita reale, non riesco nemmeno a sussurrare».
La biografia dell’autore spiega l’affermazione: «Nell’estate del 1994 mio padre Ferruccio scomparve in Algeria: avevo 17 anni, mi aveva chiamato da poco, la sua vettura fu trovata vuota lungo un percorso sul Sahara. Da trent’anni mi porto dentro questo scompenso, che riesco a risolvere solo scrivendo. Tutti i miei personaggi, non a caso, sono senza padre».
Madhat non fa eccezione, come non fa eccezione l’importanza che per il protagonista ha la figura femminile: l’ex compagna Lana, la nuova fiamma Charlotte, la fidata Zai, solo per citare le principali di questa nuova fatica letteraria. «Quando mio padre è scomparso, sono rimasto solo con mia madre e mia sorella», confida Franchini, «poi ho avuto la fortuna di trovare una compagna da cui ho avuto due figlie: il ruolo delle donne, nella mia vita, è chiaramente importante. Non solo, una parte della critica ha sottolineato nel precedente romanzo una presenza troppo secondaria di figure femminili, e devo dire che l’annotazione mi ha portato a compiere un lavoro nella mia scrittura, che si è concretizzato poi nel rendere determinati le presenze di personaggi come Lana e Charlotte, ad esempio».
Ancore di salvezza, nella vita reale e nella finzione letteraria: pagine e quotidianità si fondono, la “Tigre d’Africa” rompe i confini.
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