Venezia Tattoo Convention: i migliori tatuatori del mondo si raccontano

Al Terminal 103 di Tronchetto va in scena la Venezia Tattoo Convention: 300 tra i migliori tatuatori al mondo celebrano il tatuaggio come arte e linguaggio personale

Costanza Valdina
Il corpo come tela: a Venezia il raduno dei migliori tatuatori del mondo
Il corpo come tela: a Venezia il raduno dei migliori tatuatori del mondo

Il corpo come tela, gli aghi come pennelli. Il ronzio dell’inchiostro nella pelle rimbomba nel Terminal Passeggeri 103 di Tronchetto che, fino a stasera, ospiterà trecento tra i tatuatori migliori al mondo. Il raduno internazionale, organizzato dall’artista del tatuaggio Alex De Pase, ha riunito le «icone» che hanno fatto la storia del tattoo con i nuovi «prodigi» del settore.

«È un’arte in continua evoluzione», osserva De Pase, «talenti storici ed emergenti si incontrano, si contaminano, si fondono in un unico spazio creativo».

Alex De Pase
Alex De Pase

Dalle postazioni ordinate come piccoli atelier emergono stili e visioni. Disegni tradizionali, geometrie ipnotiche, trame tribali, motivi ornamentali e ritratti realistici prendono forma dalle abili mani dei creativi e si adattano ai corpi che li accolgono.

Secondo un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia le persone tatuate sono circa dodici milioni. Eppure, i pregiudizi legati a questa pratica artistica faticano a scomparire del tutto.

«Alla fine degli anni Ottanta, quando inaugurai il primo studio a Roma, le persone ci guardavano con diffidenza. Nell’immaginario comune il tatuaggio era associato a galeotti e marinai», racconta il tatuatore romano Marco Manzo, «sebbene quasi il 44% della popolazione italiana ne porti almeno uno sulla pelle, si fa ancora fatica a definire il tatuaggio una forma d’arte».

Da anni Manzo cerca di operare un cambio di rotta. Prima con l’introduzione del suo personale stile ornamentale, ispirato a merletti e gioielli, nato per liberare il corpo femminile tatuato dal «tipico processo di oggettificazione» e valorizzarne armoniosamente forme e punti di forza. Poi con la traslazione del tatuaggio dalla pelle umana alla scultura, alla fotografia.

Marco Manzo
Marco Manzo

Negli anni, le sue opere sono approdate anche alla Biennale di Venezia. Assieme ai colleghi De Pase e Silvano Fiato, sta lavorando proprio qui a Venezia alla stesura di un manifesto fondativo per ribadire che il tatuaggio «non è solo artigianato, ma arte».

«Vuole essere un passaporto destinato a tutti gli artisti tatuatori del mondo», spiega, «affinché le istituzioni dei loro rispettivi paesi li riconoscano come tali».

Nell’intimità dello studio, il tatuatore si trasforma quasi in un confessore. «Nelle ore condivise, i clienti mi affidano frammenti di esistenza», ammette, «raccontano le varie tappe della loro vita e arrivano persino a confessarmi dettagli taciuti fino a quel momento. Si crea un legame di amicizia confidenziale: è la parte più emozionante di questo lavoro».

Oltre alla bellezza estetica, il tatuaggio è uno stratagemma per affidare un ricordo all’eternità del segno scritto. Lo sa bene Matteo Pasqualino, tatuatore bergamasco, specializzato nella ritrattistica black and gray. «I clienti mi affidano volti e ricordi dei loro cari», spiega, «si presentano con vecchie foto e mi chiedono di inciderle per non separarsene mai».

Ogni tatuaggio richiedere dalle sei alle tredici ore di lavoro. «È una grande responsabilità. Dietro a ogni ruga, c’è un espressione che evoca un’esistenza», confessa, «l’ansia è sempre alle stelle fino alla fine». Nel suo studio l’età della clientela oscilla tra i 35 e i 65 anni. Si presentano più uomini che donne.

«Il torace è la parte più complessa», osserva, «negli ultimi tempi mi dedico soprattutto a braccia e gambe, le parti del corpo che più si prestano per la riproduzione di un ritratto. La pelle è più tonica e non c’è rischio di deformarlo».

C’è chi, invece, lascia da parte i ricordi e opta per delle coloratissime immagini pop, proprio come quelle realizzate dal tatuatore Dave Paulo. Dopo diversi anni di lavoro nell’architettura, nel 2013 decide di assecondare la sua passione ed inaugurare il suo primo studio in Portogallo.

«I clienti richiedono volti di attori, cantanti e personaggi celebri», racconta, «il tatuaggio più complesso da realizzare è stato il volto di Brad Pitt in Fight Club sulla spalla di un ragazzo. Mi ha reso famoso nei social e da quel momento non ho più smesso». Quest’arte antichissima, risalente ad oltre cinquemila anni fa, continua a narrare un millenario legame simbiotico tra essere uomo e simbolo.

«Negli ultimi quindici anni, il nostro settore si è definitivamente aperto al pubblico», conclude De Pase, «quella che era originariamente un simbolo di apparenza a un gruppo si è trasformata in un personalissimo modo di raccontare sé stessi».

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