Vanoni, l’addio di una regina

E’ morta a 91 anni nella sua casa di Milano. “Senza fine” i suo primo grande successo

Gian Paolo Polesini
Una foto combo con alcuni scatti non datati dell'archivo dell'Ansa mostra Ornella vanoni durante diversi momenti della sua lunga carriera. La cantante è scomparsa a Milano all'età di 91 anni domenica 22 novembre
Una foto combo con alcuni scatti non datati dell'archivo dell'Ansa mostra Ornella vanoni durante diversi momenti della sua lunga carriera. La cantante è scomparsa a Milano all'età di 91 anni domenica 22 novembre

Svariate versioni di Ornella hanno convissuto nell’animo della Vanoni: fino a venerdì sera tutte si sono affaccendate per donarle una vita esuberante, fuori schema, irruente, un po’ anarchica: un’esistenza da “tu sei un attimo senza fine, tutto è ormai nelle tue mani, mani grandi, mani senza fine”.

Ed è per l’infinito di quell’attimo d’amore travolgente che nei decenni a seguire la melodia balzerà ovunque, ascoltando la sua voce sussurrata, bilanciata sui fraseggi dai toni malinconici e sensuali.

“L’appuntamento”, “La musica è finita”, “Domani è un altro giorno”, “Che cosa c’è”, “Tristezza”. Caliamo subito con l’orgoglio di una scala reale nel poker alcune delle sue meravigliose hit. E se passano in radio, la gioventù le conosce e le canta. I millenials sono più sentimentali di quel che pensiamo. Okay i rapper, ma la Storia va onorata. Lo sanno.

Forse sono troppe le personalità da mettere in ordine con la giusta rilevanza, ma ci proviamo, favoriti dalle emozioni che nei settant’anni di palcoscenico la Signora milanese della musica ha elargito con un temperamento unico in un mondo turbolento e ricco di cloni. Lei non lo è mai stata, figuriamoci: la Vanoni è unica e irripetibile. Come Mina.

Non stava bene. Da qualche giorno sentiva dolori strani. L’aveva confidato a un suo amico: «Andrò in clinica, ci penseranno loro a sistemarmi».

Invece è stata sorpresa da un arresto cardiocircolatorio, a novant’anni e spiccioli, ma con l’aggressività di una ragazza combattiva. Progettava, raccontava, tirava di fioretto come solo lei col suo sarcasmo sapeva fare. Sedeva abitualmente nel salotto domenicale di Fazio da dove lanciava anatemi senza scrupoli. Usciva l’attrice che era stata.

Eh certo, pure sulle ruvide tavole ci passeggiò Ornella, guardata con affetto dal suo Giorgio Strehler.

Debuttò negli speranzosi Cinquanta con Pirandello: “Sei personaggi in cerca d’autore”. La notò Sarah Ferrati: «Fermi tutti — disse durante un provino al Piccolo teatro — qui c’è qualcosa».

Con Giorgio poi si fidanzò e, in quegli anni, la faccenda di una ventenne in combutta con l’uomo maturo, famoso e sposato, andava storta ai moralisti che popolavano in eccedenza l’Italia. Il trasloco nella musica avvenne gradualmente, dettato dalle intuizioni del maestro Strehler, certo, sempre lui, perché i registi vedono quello che nessun altro riesce a immaginare.

Suo padre era un industriale e l’educazione di pupa Ornella fu scandita dal rigore dei collegi svizzeri e francesi, perché così s’imponeva alla gioventù altolocata. Eppure la giovinetta covava un desiderio anomalo: diventare estetista.

«Mai nessuno mi ha imbrigliato — confessò con la solita energia quando ne compì appunto novantuno — e questa condizione l’ho pagata con gli interessi».

Carattere deciso, mai disposta ai compromessi, Ornella Vanoni ha attraversato buona parte del Novecento sospinta dalle sue canzoni, da quando Giorgio, ovviamente ancora e sempre lui, s’inventò per lei l’ambiente della “Mala” con la complicità di autori come Dario Fo, Fiorenzo Carpi e Gino Negri. Ballate dialettali che la indirizzarono al suo primo disco dal titolo “Le canzoni della malavita”.

Fu l’amore a farla nuovamente strambare, sospinta come i velisti da un’improvvisa folata di emozioni: nel Sessanta conobbe Gino Paoli che scrisse per lei “Me in tutto il mondo” e il capolavoro “Senza fine”. Il 45 giri uscì nel settembre 1961. Con “Se qualcuno ti dirà”, sul lato b. Tenerezza ed esplosioni furono distribuite in egual peso da quei due immersi nella passione, però assai diversi. Litigi e gelosie popolavano i giorni nel piccolo rifugio creativo di Paoli, fra vinili, libri e sigarette. “Il cielo in una stanza” e “Una lunga storia d’amore” fanno parte del loro universo che non ha mai smesso di rilasciare dolcezza reciproca.

È difficoltoso ricordare l’intera arte della Vanoni.

L’Italia televisiva del bianco e nero se la ritrovò nel “Mulino del Po”, lo sceneggiato Rai del 1971, e nello stesso anno uscì “Domani è un altro giorno”. Per dire quanto Ornella rifuggiva a uno standard definito.

Non ebbe mai dimora fissa la Vanoni: è sofisticata nella bossa nova — “La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria” — come nazional-popolare a Sanremo: otto partecipazioni all’Ariston dal 1965, con “Abbracciami forte”, a “Imparare ad amarsi” con Bungaro e Pacifico nel 2018.

Quarantuno sono gli album prodotti e ventuno le tournée fatte e finite: l’ultima è del 2024. Cinema? Nove film, fra cui il popolare “7 donne e un mistero”. Interpretava Rachele, ma era la Vanoni.

Anche lei cominciò a farsi viva in tv a “Giardino d’inverno”, 1961, assieme alle gemelle Kessler. Destino…

L’ultima delle sue tante stagioni Ornella l’ha regalata a Fazio (e a noi, ovviamente). Una successione di chicche e aneddoti: «Non voglio morire troppo tardi, troppo vecchia, non voglio», disse dal salotto domenicale di La9. «Io voglio vivere finché io do alla vita qualcosa e la vita dà qualcosa a me».

Tanto la morte, per una come lei, è pura invenzione. —

 

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