Pupi Avati ha scelto Jesolo per il suo nuovo film

David di Donatello alla carriera, racconta il progetto che lo terrà tre settimane nella località balneare veneta: «Affronta il tema amaro dei danni che può produrre la popolarità. Come sopravvivere senza»

Marco ContinoMarco Contino
Il regista Pupi Avati, premo David alla carriera, girerà il suo prossimo film a Jesolo
Il regista Pupi Avati, premo David alla carriera, girerà il suo prossimo film a Jesolo

Pupi Avati riceve il 7 maggio, dall’Accademia del Cinema Italiano, il David di Donatello alla carriera: un viaggio lungo sessant’anni, costellato da 55 film.

Il regista emiliano ha raccontato il tempo perduto della provincia, tra slanci e sogni giovanili (spesso autobiografici) ma anche incubi, gli stessi che, dopo “La casa dalle finestre che ridono”, gli sono valsi il titolo di fondatore di un vero e proprio genere, “il gotico padano”. A cui è, recentemente, tornato con “Il Signor Diavolo” nel 2019 e con “L’orto americano”, il suo ultimo lungometraggio che ha chiuso la Mostra del Cinema di Venezia lo scorso anno.

Il set a Jesolo

Lo raggiungiamo al telefono mentre è in auto con il fratello Antonio (produttore di tutti i suoi film) con il quale forma da sempre una coppia inossidabile: sta raggiungendo Jesolo per il primo sopralluogo sul set del film che è pronto a girare e, dopo la parentesi del 7 sera sul palco dei David negli Studi di Cinecittà (la presidente e direttrice artistica Piera Detassis lo ha definito “un talento poliedrico”, “un grande autore e affabulatore”), vi farà ritorno per altre tre settimane di riprese.

A 86 anni Pupi Avati si può permettere di infrangere qualsiasi protocollo tanto che non prova nemmeno a nascondersi dietro al velo di riservatezza che, tradizionalmente, avvolge la produzione di un film nelle sue fasi iniziali e risponde, con il suo naturale garbo, alle domande su questo suo nuovo lavoro, dal titolo provvisorio “Nel tepore del ballo”.

La storia

«È la storia di un personaggio della televisione di grande notorietà», racconta Avati, «che è il figlio di un iconico bagnino di Jesolo. All’epoca il padre veniva chiamato “Mr. Bagnino” per via di un premio vinto come il più bel guarda spiagge dell’Adriatico. Ora questa grande star della tv è in crisi a causa di un grave problema. Ha commesso un peccato mortale lanciandosi in investimenti finanziari avventati con le persone sbagliate. Dopo l’arresto, per la vergogna, decide di tornare nella sua Jesolo per mettersi in sesto ma dovrà fare i conti con il suo passato. Non solo l’ombra di un padre vanesio e assente ma anche il trauma di una madre morta di parto che, da sempre, alimenta in lui un ingiustificato senso di colpa che provano quei figli che sentono di essere stati la causa della scomparsa della figura materna».

Per questo nuovo film che – aggiunge il regista – «affronta il tema amaro dei danni che può produrre la popolarità e si interroga su come sopravvivere quando la fama viene a mancare», Pupi Avati ha deciso di “tradire” la sua Emilia Romagna per spostarsi in Veneto.

Perché Jesolo

Qualche giorno fa il presidente Zaia gli ha dato il benvenuto, augurandogli buon lavoro. «Jesolo», dice il regista, «è una città di mare e di vacanze con una forte identità e con la peculiarità di essere stata un luogo iconico di attrazione del turismo, soprattutto tedesco, che poteva far perdere la testa per un bagnino bello, attraente, muscoloso. Per questa storia è davvero il set ideale».

E l’accoglienza in città è stata calorosa nonostante il clima tutt’altro che estivo di questi giorni: «Dal sindaco di Jesolo, a tutta la Veneto Film Commission e al suo direttore Jacopo Chessa, alla associazione degli albergatori», continua Avati, «siamo stati subito circondati da interesse, entusiasmo e un grande spirito di collaborazione».

Il cast

Solo sul cast il regista mantiene un po’ di riserbo, anche se si sa già che tra gli interpreti ci saranno Massimo Ghini, Isabella Ferrari, Lina Sastri, Giuliana De Sio, Sebastiano Somma e Pino Quartullo: «Posso solo confermare che sono tutti attori molto bravi ma, per il momento, preferisco non anticipare nulla di più sul loro coinvolgimento e sui loro ruoli».

Quanto al David alla carriera (Avati ne ha già vinti tre: uno per la sceneggiatura di “Storia di ragazzi e ragazze”, uno per la regia del film “Il cuore altrove” e un David speciale intitolato a Luchino Visconti), il regista è felice ma non sorpreso: «Beh, dopo 55 film penso che sia anche giusto. Quante altre opere avrei dovuto realizzare per meritarlo? Ammetto che questi premi, quando arrivano in età matura, sono sempre molto apprezzati. Soprattutto perché il David è un riconoscimento non solo al mio lavoro ma a quello di mio fratello e di altre decine di persone che mi hanno accompagnato in questo lunghissimo viaggio: molte di loro non ci sono più e questo pensiero mi commuove». —

 

Riproduzione riservata © il Nord Est