Pippo Baudo, l’uomo chiamato Tv

Addio a SuperPippo mito e gigante, aveva 89 anni. Ha fatto la storia del piccolo schermo conducendo 13 edizioni del festival di Sanremo. Con lui se ne va l'ennesimo pezzo del tubo catodico. L'ultimo rimasto

Gian Paolo Polesini

La televisione era Lui.

Lui, Pippo Baudo, e pochi altri: Corrado, Mike, Vianello. Pippo ci ha lasciato ieri sera e con lui se ne va l’ennesimo pezzo del tubo catodico. L’ultimo rimasto, per dire la verità. Il resto è stato ampiamente inghiottito in questi anni di pessima televisione da altri marchingegni moderni.

Quando c’era Giuseppe da Militello ti accomodavi volentieri sul divano e quel che c’era dentro il bussolotto, lo chiamavamo proprio così, bussolotto, ci piaceva perché risultava sano e soprattutto perspicace.

Ne aveva 89 di anni, il signor Baudo, catanese orgoglioso, figlio dell’avvocato Giovanni e della casalinga Innocenza.

Il vero presentatore è stato Lui.

Certo, ne abbiamo avuti di bravi, ma nessuno come Pippo. Corrado divertiva, Alberto Lupo a Teatro 10 affascinava, con Vianello spuntava il cabaret, se poi Tognazzi si trovava nei paraggi, era davvero l’apoteosi. Però Lui ha sempre rappresentato il canonico Signore e Signori, buonasera. Come lo diceva Lui, nessun altro.

E Baudo sapeva essere spalla di chiunque facesse il guitto. La vecchia storia dei clown bianco e del Pipò. Uno rigido e formale, l’altro un po’ scemo. Con Benigni Pippo si trovò a meraviglia, anche quando il toscanaccio gli tastò gli zebedei nel Sanremo 2002. Lui si prestava a qualunque gioco scenico, però sapeva tirarsi fuori quando il momento incalzava un cambio immediato.

Il record dei Sanremo, a proposito di festival appena nominato, è suo, guarda caso: tredici. Il grande Mike si fermò a undici. Anche se Bongiorno la televisione di cui sopra l’ha proprio battezzata il 3 gennaio 1954: “Arrivi e partenze”. Mike e Pippo inventarono la televisione, la stessa che Karl Popper definì “cattiva maestra”. Ma non la loro.

Pippo Baudo si laureò in Giurisprudenza. Allora, per entrare in Tv una carta dovevi averla appesa da qualche parte. Meglio se una laurea. Vi ricordate il Dentone de “I complessi”? Appunto.

Già il ragazzo Giuseppe Baudo s’interessò al palcoscenico, il che gli fece conoscere un tale Musumeci e con Tuccio Pippo passò lo stretto di Messina per salire verso Roma. Curioso: agli esordi il giovanissimo catanese faceva la spalla. Un po’ di rivista, animatore di Miss Sicilia e, alla fine dei Cinquanta, si ritrovò pianista e cantante in un’orchestra: la “Moonlight”.

Altro incontro, altro giro di avvicinamento al successo: Enzo Tortora. Ecco, ci stavamo dimenticando di Enzo quando accennavamo ai bravi presentatori. Tortora rappresentava l’eleganza, il bon ton, mai un sussurro. Quando tornò dopo l’assoluzione del processo disse solamente “Dove eravamo rimasti?”. Era il 1987. Nessun livore. Nessuna alzata di toni. Vecchia scuola.

La stessa del Nostro. Poi il destino strambò a suo favore. Leggende televisive, s’intende. Andò così, si narra. La bobina de “Le avventure di Rin Tin Tin”, non arrivò in tempo per la puntata della sera e i dirigenti Rai si affrettarono a tirare fuori dal baule la puntata pilota di “Settevoci”, registrata a Milano e giudicata dai piani alti “intrasmissibile”. Boh. Ci crediamo? Tanto “intrasmissibile” che il varietà televisivo, che andava in onda la domenica pomeriggio (6 febbraio 66 -28 giugno 1970) risultò essere uno dei programmi più di successo del Novecento.

Era un quiz musicale e l’applausometro decretava la vittoria. «Fu il primo trionfo di Baudo», scrisse il critico Aldo Grasso. Giusto qualche nome di chi Pippo lanciò: Battiato, Ranieri, Al Bano, Marisa Sannia, Giovanna. Si cantava in playback. La qualità c’era e avanzava.

Loretta Goggi e Mita Medici lo affiancarono nelle prime edizioni di “Canzonissima”. E ve lo ricordate — scusate se andiamo veloci e senza rete — il “Luna Park” con Tina Turner?

Gli Ottanta celebrarono tre edizioni di “Fantastico”: 1984-1986. E due future dive dell’Italia sbucarono dal nulla per mano sua: Lorella Cuccarini e Alessandra Martines. Quando qualcuno lo imitava la frase cult era: “Quello l’ho inventato io, l’ho inventato io”.

Uomo semplice. Va detto. Ho in mente un pranzo durante i giorni degli Oscar Tv. Chiacchierava con noi giornalisti senza prosopopea. Stava agli scherzi, si pigliava in giro da solo. Intervistarlo era divertente. Tirava fuori aneddoti dal suo cappello con un fondo infinito quasi senza fermarsi. Dovevamo noi simpaticamente zittirlo.

Del 1984 è anche il primo Sanremo: un migliaio di operai dello stabilimento di Genova-Cornigliano dell’Italsider, a rischio chiusura, manifestarono davanti al teatro in occasione della serata inaugurale del Festival. Alcuni di loro vennero invitati da Baudo sul palco. O quando sempre superPippo a Sanremo sventò il tentativo di suicidio di Pino Pagano, raggiungendolo in diretta in cima all’Ariston. Poi venne fuori che si tratta di una bufala.

Baudo fu ospite anche di Pordenonelegge 2019 con il libro “Ecco a voi. Una storia italiana”. Fu accolto con onore. Giustamente. Un’ampia parte di Storia italiana la scrisse Lui.

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