Niccolò Fabi: «A Padova il concerto che mi somiglia»

Il cantautore romano lunedì 20 ottobre al Geox di Padova con il tour Libertà negli occhi: «Alla mia età scrivere è più difficile. Ma ho trovato equilibrio fra parole e musica. Mi piace che si dica che questo live è molto internazionale. Ci stiamo divertendo»

Cristiano Cadoni
Niccolò Fabi lunedì 20 ottobre al Geox di Padova (foto Prandoni)
Niccolò Fabi lunedì 20 ottobre al Geox di Padova (foto Prandoni)

Sulla strada per Aosta, settima tappa del tour che porta il titolo del suo ultimo disco, “Libertà negli occhi”, Niccolò Fabi risponde al telefono con una voce felice. L’avevamo lasciato sul palco del Circo Massimo a luglio dell’anno scorso, davanti a 50 mila persone, con gli amici Max Gazzè e Daniele Silvestri, lo ritroviamo nei teatri da poche migliaia di posti (lunedì 20 ottobre al Geox di Padova, biglietti ancora disponibili su Ticketone), con le nuove canzoni scritte nel “ritiro artistico” della Val di Sole durante l’inverno.

«Sono pezzi nati dal vivo e in concerto suonano molto bene, ogni sera meglio», attacca il cantautore romano. «Più li suoniamo, più acquistano coesione. Così noi siamo più rilassati e anche il resto del repertorio si allinea. Ci stiamo divertendo molto».

Libertà negli occhi è il suo dodicesimo album in studio ed è anche quello che è arrivato dopo il periodo più lungo di silenzio. Lei ha detto che a 56 anni scrivere canzoni è come cercare di far entrare il mare in un bicchiere...

«La canzone cantautorale è legata alla vita di chi scrive, in qualche modo ne è vittima. Se la vita non presenta nuove angolazioni, nuove esperienze stimolanti o se non hai più il fuoco acceso dentro, diventa più difficile. Anche perché la canzone è un luogo piccolo, pochi minuti in cui condensare tante cose. C’è sempre il rischio di cadere nella retorica».

C’è anche la sensazione di aver già raccontato - e magari di averlo fatto meglio?

«Crescendo si vedono le cose dall’alto, diventa più difficile far entrare nei testi una certa visione olistica. Quando c’erano grandi dolori o rabbia o passioni era più facile avere il guizzo e la potenza, trovare la sintesi poetica».

E in questi testi maturi si finisce per parlare di cardioaspirina.

«Con autoironia, certo. Era l’intento di quel passaggio (la canzone è “La casa di Gemma”, ndr)».

Dopo un disco quasi perfetto come “Una somma di piccole cose” e dopo un live come quello dell’anno scorso, ha mai pensato che possa essere difficile se non impossibile rifare qualcosa di altrettanto bello?

«Per momento, contingenze di vita ed età io credo che sia molto difficile rifare qualcosa come “Una somma di piccole cose” e come quel concerto con Max e Daniele. E no, non credo di dover misurare questo disco o quello che faccio con quelle vette. Però posso dire che questo concerto è migliore di quello che facevo dopo “Una somma”. Al tempo i nuovi pezzi convivevano a fatica con i precedenti, che avevano un altro linguaggio. Ora invece credo che la scaletta - con tutti i limiti di una selezione che è sempre più difficile e che impone sacrifici - è decisamente più vicina al mio gusto».

L’impressione è che da “Una somma di piccole cose” in poi, lei abbia lavorato molto nella ricerca di suoni nuovi. Si diverte di più a suonare?

«Credo che ora ci sia un bell’equilibrio tra l’uso delle parole - che permette di mettere a fuoco le cose - e l’abbandono alla musica - che trasporta in un mondo magico e rarefatto sia noi che suoniamo, sia chi viene a sentirci. Poi non si tratta di mettersi a fare soli tanto per far vedere cosa sappiamo fare, ma di creare quel limbo sonoro che serve a chiudere gli occhi e a immergersi nel brano, nell’atmosfera».

Qual è il giudizio sull’ultimo disco che le ha fatto più piacere ricevere?

«Non saprei, forse non l’ho ancora messo a fuoco. Però mi piace molto aver letto e sentito che questo concerto viene considerato molto internazionale, cioè che non sembra di un cantautore italiano».

Che concerto dobbiamo aspettarci?

«La scaletta mette insieme le canzoni di questo ultimo disco con un po’ di pezzi vecchi, scelti con fatica perché ormai sono tanti. Ne viene fuori un concerto che mi assomiglia molto».

E Padova non è mai una tappa come le altre.

«No, Padova è la città del Cuamm, di alcuni legami tra i più significativi della mia vita, come quello con il mio amico don Dante con cui sono stato di recente anche in Repubblica Centrafricana. Tornerò a novembre proprio per il meeting del Cuamm, ma intanto sono contento di rivederli». 

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