Musica e intelligenza artificiale: quando si sperimenta l’“artigianato digitale”

Dal caso dei Velvet Sundown all’artista triestino Thozu. L’udinese Gabriele Gobbo: l’Ia è uno strumento da dirigere

Elisa Russo
Gabriele Gobbo
Gabriele Gobbo

 

Quello dei Velvet Sundown è solo l’ultimo caso, eclatante visti i numeri: milioni di stream su Spotify per una band dalle sonorità rock blues anni ’60-’70 di cui nessuno sapeva nulla fino al giorno prima. Perché non esisteva e, a dirla tutta, non esite. «I Velvet Sundown sono un progetto musicale sintetico guidato da una direzione creativa umana, composto, creato, suonato, cantato con l’intelligenza artificiale»: questa la dichiarazione d’intenti. Mentre artisti come Elton John e Dua Lipa invocano una regolamentazione, altri si dimostrano più ottimisti nel considerare l’IA uno strumento, che in mano ai creativi può aprire porte. Se già nel 2018 a livello internazionale si aveva notizia di album prodotti con questa modalità, in Italia i primi esperimenti in questa direzione sono più recenti.

E anche dal Friuli Venezia Giulia arrivano contributi degni di nota. Portiamo il caso dell’udinese Gabriele Gobbo, già noto per il bestseller Amazon “Digitalogia”. Ora quelle pagine si trasformano in musica: “Digitalogia – La colonna sonora”, un lavoro dove l’intelligenza artificiale è usata come uno strumento da suonare e dirigere, non come un generatore automatico. Un’operazione interamente ideata, scritta e orchestrata da Gobbo stesso, che applica così la sua filosofia dell’artigianato digitale. Ogni brano prende vita da un capitolo del libro, affrontando temi come identità digitale, algoritmi, disconnessione, educazione e memoria. I generi si alternano tra ballad orchestrali, elettronica narrativa, pop digitale e rock sperimentale. «L’intelligenza artificiale non è un compositore a cui delegare, ma uno strumento da suonare – spiega Gobbo –. Per ogni capitolo del libro ho definito un’intenzione, un’atmosfera e un testo. Poi ho usato l’AI come un musicista usa un sintetizzatore: per dare corpo a una visione che resta umana. È artigianato digitale».

«Suonare l’IA – prosegue – significa trattarla non come un singolo strumento, ma come un’orchestra di strumenti digitali. Il mio lavoro è stato orchestrare piattaforme diverse, facendole dialogare tra loro: una per la base armonica, un’altra per la linea melodica, un’altra ancora per l’arrangiamento. Non ho mai chiesto: “Fammi una canzone”. Ho diretto un processo a più voci, dove ogni strumento algoritmico aveva un compito specifico, proprio come un direttore d’orchestra sceglie componenti diversi per ruoli diversi. Suonare l’IA è questo: essere il direttore di ogni fase, non l’utente di un singolo software».

Arriva da Trieste invece Thozu, al secolo Thomas Zuin (nato a Maniago); si definisce «Artigiano della musica AI, un “cantAItore”. Mi piace raccontare le mie storie, le mie passioni e le mie paure, per condividerle con chi ha piacere di ascoltarle». Ha pubblicato già due album generati dall’IA con la sua guida, il primo “Appunti di viaggio in ordine sparso” nasce «da una di quelle esperienze che lasciano un segno profondo nella propria vita: io e mia figlia che in moto partiamo da Trieste per raggiungere Amsterdam dove festeggiamo il suo decimo compleanno. Un album che si sviluppa dalla partenza al ritorno, dentro il quale pensieri, immagini ed emozioni prendono forma con stili e voci diverse: vita, morte e amore come parti del viaggio stesso».

Il secondo lavoro s’intitola “Periodo di Rivoluzione”, e raccoglie canzoni come “Fratture” con cui ha partecipato al “Future Frequencies Contest” o “La Città dei Matti”, (Trieste, appunto, capoluogo della rivoluzione basagliana) che ha ottenuto il premio della critica al Synthalia – AI Music Festival. «Questa canzone è dedicata alla città che più di trent’anni fa mi ha accolto. I suoi paesaggi, i suoi palazzi, il mare, la gente e i mondi nascosti che ho scoperto vivendoci, e che oggi sono parte di me».

«Sono sempre stato attento al digitale – conclude Thozu – e alle nuove tecnologie. Mi sono ritrovato a scrivere le parole delle canzoni e pubblicarle, eppure non sono un musicista. Parto dal testo e mi immagino lo stile, il ritmo, la voce, il tipo di emozione e poi utilizzo un programma a cui do le indicazioni. Nel singolo “Intelligenza Artigianale” rifletto su come questo sia soltanto uno strumento per esprimersi, un aiuto a dire quello che vogliamo». 

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