Il Malnisio Science Festival si apre con Gabriella Greison: «Einstein ci insegna a orientarci nel cambiamento»
Nell’ex centrale idroelettrica debutta la settima edizione del festival: la fisica-scrittrice porta “Einstein Forever” e “Ucciderò il gatto di Schrödinger”. Tra scienza, teatro e impegno civile, un invito a leggere il presente con nuove mappe

C’è un modo speciale per aprire un festival della scienza: far entrare in sala qualcuno che la scienza non solo la conosce, ma la racconta come un romanzo e la vive come un viaggio. È ciò che accade oggi nell’ex centrale idroelettrica “A. Pitter” di Malnisio, dove alle 20.45 si apre la settima edizione del Malnisio Science Festival (con la media partnership del Gruppo Nem). A inaugurarlo è Gabriella Greison, fisica e brillante voce narrante della meccanica quantistica, appena rientrata da Cambridge dopo le celebrazioni dei cento anni della fisica quantistica. Porterà “Einstein Forever”, monologo nato da ricerche d’archivio che restituiscono un ritratto inaspettato e umano del padre della relatività, mentre domani, alle 16.30, sarà sul palco con “Ucciderò il gatto di Schrödinger”. Il festival, fino al 24 novembre, riunirà oltre quaranta ospiti e un tema che è quasi un invito personale: “(R)evolution. Sei pronto a cambiare?”.
Greison, partiamo da “Einstein Forever”. Qual è il dettaglio emerso dalle sue ricerche che più l’ha sorpresa?
«Mi ha colpito il cambiamento enorme che lui ha vissuto quando si trasferì in America nel ’33. Cercò dentro di sé una nuova forza per vivere una seconda vita, molto diversa dalla prima. La religione, che da ragazzo detestava, divenne un modo nuovo di intendere Dio. E poi il pacifismo, l’antirazzismo, il bisogno di sottrarsi ai riflettori: prendeva un trenino per andare a fare lezione ai ragazzi neri dei ghetti dicendo che la fisica è riscatto da qualsiasi condizione».
Nel suo spettacolo le musiche sono quelle che Einstein suonava davvero. Quanto ha inciso questa dimensione?
«Suonava il suo violino “Lina” ovunque. Ogni mercoledì provava con un quartetto d’archi, e nello spettacolo ascoltiamo proprio le musiche che suonava o metteva sul grammofono quando cercava ispirazione».
La sua narrazione tocca anche l’impegno civile di Einstein.
«Non ha mai accettato la neutralità degli scienziati. Quando vedeva un’ingiustizia interveniva, rischiando in prima persona: contro il razzismo, le armi nucleari, il maccartismo. E con strumenti limitati ha rivoluzionato l’idea di tempo, creando nella sua mente il mondo in cui viviamo».
Parliamo di “Ucciderò il gatto di Schrödinger”, anche in questo caso tratto da un suo libro.
«Con quell’esperimento mentale Schrödinger ci mostra che il mondo non è fatto per essere semplice. Il gatto è ancora vivo perché il dubbio è vivo. È la metafora più resistente del Novecento: siamo identità ambivalenti, due cose allo stesso tempo. Nell’epoca dell’IA viviamo con un piede nel reale e uno nel possibile».
In che modo Einstein parla al nostro presente fatto di rivoluzioni tecnologiche e smarrimento?
«Einstein ha tolto all’umanità l’idea di un punto fisso. Nulla è fermo nello spazio, nel tempo, neppure in noi. La crisi che viviamo è il suo territorio naturale: un mondo che cambia e ci cambia. Ci direbbe di smettere di cercare un centro immobile e creare una nuova mappa. La relatività è questo: orientarsi senza un nord assoluto».
Un mito che resiste, quello di Einstein.
E che cresce continuamente: un sondaggio recente dice che per tutti è ancora la persona più intelligente del mondo. I bambini gli scrivono lettere al vecchio indirizzo di Mercer Street a Princeton; io ne ho scelte alcune e rispondo, nello spettacolo, che in fondo non è che una dichiarazione d’amore per Einstein».
Quali sono gli ingredienti del “Metodo Greison”, i segreti per trasformare la scienza in una narrazione viva?
«Non generalizzo, parlo per me, del mio metodo, che applico solo io. Non sono un’influencer: sono cresciuta nei teatri e lì racconto storie da vent’anni. Vado nei luoghi della fisica e come giornalista raccolgo ciò che vedo, poi uso la fisica che ho dentro per trasformare tutto in narrazione. Così sono nati i miei tredici libri e i tredici spettacoli».
Il festival invita a vedere la scienza non come museo di certezze, ma come lente per capire chi siamo mentre tutto cambia. Una rivoluzione fatta di curiosità, domande e, come direbbe Einstein, di nuove mappe da tracciare.
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