Live Aid, cosa resta del leggendario doppio concerto 40 anni dopo

Il libro di Gabriele Medeot sul celebre concerto del 1985: «Il potere dell’altruismo». mercoledì 16 luglio l’organizzatore dell’evento Bob Geldof sarà in concerto a Pordenone

Elisa Russo
La copertina del libro e la foto simbolo: Freddie Mercury dei Queen davanti alla sterminata platea di Wembley al Live Aid 1985
La copertina del libro e la foto simbolo: Freddie Mercury dei Queen davanti alla sterminata platea di Wembley al Live Aid 1985

Domenica 13 luglio ricorreva il quarantesimo anniversario del leggendario Live Aid, un evento unico nella storia della musica: un doppio concerto, svoltosi il 13 luglio 1985 agli stadi Wembley di Londra e Kennedy di Philadelphia e trasmesso in diretta tv. Un benefit di raccolta fondi per la carestia in Etiopia, che era riuscito miracolosamente a riunire il gotha della musica mondiale con oltre 70 artisti stellari come David Bowie, Queen, Led Zeppelin, U2, Paul McCartney, Elton John, Madonna, Sting, Phil Collins, Duran Duran, Mick Jagger, Tina Turner.

Ideatore e propulsore del progetto Band Aid e Live Aid, il cantante irlandese Bob Geldof che con i suoi Boomtown Rats è in concerto al Pordenone Blues & Co. Festival mercoledì 16 luglio, alle 21.30. E alle 19, sempre al Parco San Valentino, il musicista, speaker radio Rai e storyteller monfalconese Gabriele Medeot presenta il suo nuovo libro sul tema “Live Aid: il suono di un’era - Gli anni Ottanta e il sogno di un mondo migliore” (Tsunami Edizioni, 240 pagine, 20 euro) in dialogo con Soulful Jules, a ingresso libero.

L’autore presenterà il volume anche giovedì 17 luglio alla libreria ItalyPost di Padova, venerdì 18 luglio al Caffè San Marco di Trieste e il 29 luglio a Palmanova, alle 18.30.

Medeot, quando nasce l’idea di approfondire l’argomento?

«Nel 2020 con “Celebration Live Aid 35” ho cominciato la ricerca e raccolta di materiali. È stato un lungo lavoro di ragionamento e messa a fuoco».

Non è un libro solo musicale: la parte dedicata al contesto storico, sociale, culturale, politico degli anni ’80 è ampia.

«Ci tenevo in modo particolare. Come già nel mio “Rock History”, il contesto fa sì che si capisca perché si arrivi a definirlo il concerto più grande e rilevante. Sapere come l’Italia e il resto del mondo entrano negli anni ’80 e come poi ne usciranno dopo questo turbine che è il Live Aid, scoprirli o riscoprirli per chi li ha vissuti, è importante per il lettore».

Bob Geldof è figura centrale, un personaggio controverso per certi aspetti?

«È un grande artista che va rispettato. Quando uno fa qualcosa inevitabilmente viene anche criticato. Dopo una giornata di lavoro estenuante, nella quale cercava di piazzare il suo disco e le cose non stavano funzionando, torna a casa, sul divano, accende la televisione e vede i bambini denutriti in Etiopia. Capisce che c’è qualcosa di molto più importante del suo album».

Una spinta quasi ingenua?

«Una sana ingenuità che contraddistingueva un certo tipo di persone in quel periodo storico. C’era la necessità di fare qualcosa e la determinazione nel credere che questo sogno fosse realizzabile, contro tutti i “no, non si può”. L’energia ha determinato la sua forza».

Il primo passo?

«Convoca Midge Ure e nasce il singolo “Do They Know it’s Christmas?”, cantato da Band Aid (Bono, Boy George, Tony Hadley, Simon Le Bon, George Michael, Sting…)».

Quali erano le armi di Geldof per convincere le star a partecipare?

«Non si poteva dirgli di no. Perché non chiedeva nulla per sé, chiedeva per gli altri. Gli artisti, sensibili, hanno capito che erano fortunati ed era il momento di dare».

Per una volta gli americani arrivano dopo: sulla scia nasce “Usa for Africa” con il singolo “We Are the World”...

«A modo loro fecero una copia del Band Aid, Jones chiamò Richie e gli disse che in Europa i bianchi si davano da fare per salvare i neri. Non potevano essere da meno».

Cosa ci ha insegnato il Live Aid?

«Il potere dell’altruismo, della volontà. Il Live Aid è stato una delle più grandi iniziative umanitarie della storia. Sedici ore di musica ininterrotta, due continenti in collegamento satellitare, musica da ogni parte del pianeta, settanta artisti tra i più famosi e rilevanti della musica moderna, il 90 per cento delle televisioni collegate, oltre due miliardi di telespettatori. Quasi duecentocinquanta canzoni di fila e più di centocinquanta milioni di dollari raccolti. Oltre trenta milioni di vite salvate. Più che mai dovremmo guardare indietro con ammirazione e spirito di emulazione».

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