Il ritorno dell’Alligatore: Carlotto torna in libreria con «A esequie avvenute»

Il suo personaggio più amato, un nuovo noir ma in un Paese che sta cambiando: «Molti crimini non sono più percepiti come tali. E la polizia ha le mani più libere»

La redazione
Massimo Carlotto festeggia i trent’anni dell’Alligatore
Massimo Carlotto festeggia i trent’anni dell’Alligatore

Ci sono anniversari che servono solo a ricordare, altri a ricominciare. Massimo Carlotto ha deciso di festeggiare i trent’anni dell’Alligatore, il suo personaggio più famoso, approdato anche in televisione, con un nuovo romanzo della serie che lo vede ancora una volta muoversi tra le vie di Padova alla ricerca di una giustizia che non arriva. “A esequie avvenute” (Einaudi, p.224, 18 euro), in libreria da oggi martedì 16 settembre, sarà presentato stasera a Padova a “Strada facendo”, il 18 settembre a Vicenza (Libreria Galla) il 19 alle Distillerie Mantovani di Pincara, Rovigo.

Dopo otto anni di pausa, riparte la serie. È stato facile ritrovare l’atmosfera, i personaggi?

«L’Alligatore è un personaggio che sento sempre molto vicino, ci penso spesso anche quando non scrivo. Non pubblico un romanzo all’anno perché, volendo raccontare le trasformazioni criminali del territorio, devo aspettare che avvengano.Gli editori si arrabbiano, ma per me è necessario. Poi c’è sempre il lavoro di attualizzazione: i personaggi invecchiano, maturano, e devono riflettere il tempo che vivono».

In questo nuovo romanzo compaiono la mafia ucraina e nuovi atteggiamenti delle forze dell’ordine. Era necessario aggiornare il “catalogo del crimine” in Veneto?

«Sì. Con la guerra la mafia ucraina è praticamente scomparsa dai radar delle notizie, come se non esistesse.Invece è presente e attiva.Anche le forze dell’ordine stanno cambiando, soprattutto con il nuovo governo. Mi sembrava materiale importante da raccontare».

Il Veneto che descrivi è ancora più brutale rispetto al passato.

«C’è uno sviluppo abnorme della criminalità in ambienti che dovrebbero essere estranei all’illegalità. Personaggi come il Loris Pozza del libro rappresentano una vera infezione nel tessuto sociale veneto. È inquietante, ma narrativamente interessante. Si tratta di una nuova cultura criminale che si sviluppa dentro la società».

Anche perché si è persa la percezione del crimine.

«Ormai è una battuta comune tra gli avvocati. I loro clienti dicono:“Io sono una brava persona, non vado in giro a rapire o rapinare banche”. Alcuni crimini vengono percepiti come furbizie, non come reati. C’è una percezione distorta che trovo davvero inquietante».

L’Alligatore appare invecchiato, stanco, confuso. È una proiezione del tuo modo di vedere il mondo? 

«No, credo che l’autore sia più lucido dei personaggi. Ma mi sembrava importante proporre personaggi pieni di dubbi, capaci di commettere errori. L’idea dell’investigatore infallibile non funziona più, soprattutto in tempi di cambiamenti epocali. La difficoltà nel leggere la realtà, è oggi un elemento fondamentale». 

Parli di una polizia con le mani più libere. È davvero così?

«Sì, è cambiato molto.Anche il carcere sta cambiando, ed è il tema del mio prossimo romanzo. Stiamo vivendo in una democrazia sempre più blindata, e ne paghiamo le conseguenze. Il noir deve prendere posizione, altrimenti non si capisce cosa stiamo raccontando».

Il romanzo si immerge nella realtà contemporanea con grande naturalezza. Merito del personaggio?

«Fin dal primo romanzo ho capito che l’Alligatore era perfetto perché è estremamente duttile.Mi permette di far scivolare nella narrazione descrizioni di ambienti e territori in modo semplice, ma efficace. Il lettore lo nota, lo sente».

Hai inserito omaggi a figure come Pedretti e Titino Carrara. Sono amori personali?

«Sono omaggi necessari. La poesia di Pedretti riflette esattamente il modo in cuil’Alligatore vede il mondo. Mi piace citare persone esistenti, lo faccio fin dal primo romanzo».

Hai recuperato personaggi da altri libri, come Pellegrini e il Francese

«Vivono nello stesso territorio, è naturale che si incontrino. Il Francese tornerà anche nel prossimo romanzo. È un personaggio ricco, molto amato dai lettori. Questo intreccio tra personaggi del territorio mi sembra inevitabile».

Nel libro ci sono morti importanti. È un modo per avviarsi alla fine della serie?

«No, è il contrario. È un rilancio. Alcuni nodi andavano sciolti. Ma l’idea è di continuare: nel 2026 uscirà un nuovo romanzo dell’Alligatore. Ho il materiale giusto».

Trent’anni fa avresti mai pensato di essere ancora con l’Alligatore?

«No, ma mi sono posto un solo limite: non scrivere romanzi uguali. Ho sempre aspettato cambiamenti significativi nel territorio da raccontare.Credo che questa gestione abbia preservato il personaggio e non abbia stancato i lettori, anche se molti hanno protestato per l’attesa. Quando è uscita la notizia, mi hanno scritto in tanti: “Finalmente!».

Sta finendo l’epoca Zaia. Una trasformazione da raccontare per l’Alligatore?

«L’Alligatore sta seguendo, avrà molto da raccontare».—

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