Che posti di lavoro ruberà la GEN-AI?

Non basta imparare i nuovi strumenti, bisogna allargare le proprie competenze: saranno i lavoratori che impareranno a utilizzare la GEN-AI a sostituire quelli che non lo faranno

Leonardo FelicianLeonardo Felician

Si sente ripetere che la GEN-AI ruberà i posti di lavoro. Devo questa rubrica a un fruttuoso e intelligente scambio su Linkedin con l’amico Cristian Vidmar, che ritiene che saranno i lavoratori che impareranno a utilizzare la GEN-AI a sostituire quelli che non lo faranno. E pone l’accento sul tema della formazione e del cambiamento.

Non basta imparare i nuovi strumenti, bisogna allargare le proprie competenze ad ambiti più umani e meno meccanici nel proprio lavoro. Ad esempio uno sviluppatore informatico non deve chiedere agli utenti "dimmi esattamente cosa vuoi e te lo consegno, non voglio sapere altro". La GEN-AI lo fa meglio e più velocemente già oggi. Ma lo sviluppatore del futuro potrà conoscere e capire meglio il suo utente e tradurre per l’AI requisiti meno esatti e più imprecisi.

Servirà dunque lavorare sulle idee, sull'analisi critica, sulla comunicazione. Se l'AI scrive email, impara a scriverle meglio, tu conosci più dell’AI i tuoi interlocutori. Se l'AI produce report di analisi statistica, usa la tua intelligenza per trovare prospettive sui dati che rendano l’analisi più competitiva e interessante.

Ovviamente, non tutti potranno o vorranno farlo. Dipenderà anche dai datori di lavoro e dalla propria attitudine al cambiamento, e purtroppo molti ne verranno impattati. Altri però avranno questa ed altre possibilità: non si deve restare passivi al riguardo. I laureati saranno più esposti degli altri. Dovremo cambiare la loro formazione, non prepararli a fare lavori ripetitivi facilmente sostituibili dagli algoritmi di GEN-AI.

(*) Docente di Big Data Management, MIB Trieste School of Management

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