Cinema al cento per 100, ecco le nostre recensioni dei film in sala dal 12 giugno

Arriva in sala “Ballerina”, spin-off del franchise di John Wick. Ma la sorpresa è “Volveréis” di Jonàs Trueba, una sofistica commedia romantica che è anche un travolgente gioco metacinematografico e un saggio filosofico sull’amore

Marco Contino e Michele Gottardi
Il film "Volveréis"
Il film "Volveréis"

Len Wiseman dirige “Ballerina” che riprende il personaggio della danzatrice tatuata che si addestrava per diventare un'assassina in “John Wick 3 – Parabellum”. Ora è in cerca di vendetta per la propria famiglia. Lei è Ana de Armas. Nel cast ci sono anche Keanu Reeves, Ian McShane e Lance Reddick, nel suo ultimo ruolo prima della scomparsa.

Che cos’è l’amore se non ripetizione e beata sicurezza dell’istante? Tra echi filosofici e il cinema di Truffaut, Allen e Rohmer, Jonàs Trueba racconta il “matrimonio al contrario” di lui (attore) e lei (regista) in un film che si crea mentre lo stiamo guardando.

Leggero ma densissimo allo stesso tempo, “Volveréis” non è un’opera lineare ma nemmeno circolare: un po’ come l’amore, appunto, che segue strade imprevedibili.

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Volveréis

Regia: Jonás Trueba

Cast: Itsaso Arana, Vito Sanz, Francesco Carril

Durata: 114’

Il film "Volveréis"
Il film "Volveréis"

È un film circolare o lineare? Forse né l’uno né l’altro. Jonàs Trueba, figlio d’arte di Fernando Trueba (il suo “Belle Époque” vinse l’Oscar per il miglior film straniero nel ’92), firma, con “Volveréis”, una sofistica commedia romantica che è anche un travolgente gioco metacinematografico e un saggio filosofico sull’amore.

Dopo quindici anni di unione, Alex (Itsaso Arana) - che fa la regista - e Ale (Vito Sanz) - attore che, spesso, recita nei lavori della compagna - decidono di separarsi. Memori di un ragionamento del padre di lei (un fantastico cameo proprio di Fernando Trueba: anche qui è evidente il meccanismo speculare che interseca realtà e finzione) - secondo cui andrebbero celebrati non tanto i matrimoni, quanto, semmai, i divorzi, trattandosi di scelte autenticamente consapevoli e mirate a ritrovare la felicità perduta - Alex e Ale decidono di organizzare una festa di separazione insieme ad amici e parenti. Un modo per esorcizzare il distacco o, forse, per ritrovarsi ancora.

Nella sua leggerezza, “Volveréis” è un film denso, densissimo. Anzitutto nel suo stesso impianto. Quella che vediamo è sì la storia di lui e lei, ma è anche la trasposizione cinematografica di quegli eventi che Alex sta realizzando in veste di regista, come se il film si stesse creando proprio nel momento in cui lo vediamo.

Una “mise en abyme” che, addirittura, si eleva a potenza quando la protagonista va a trovare un amico attore (Francesco Carril) sul set della serie “Dieci Capodanni” di Rodrigo Sorogoyen, con cui “Volveréis” ha più di qualche affinità nello scandaglio del rapporto di coppia.

La serie dentro a un film, dentro a un altro film che si alimentano a vicenda. E che, di tanto in tanto, si arricchiscono di altri dispostivi che proiettano immagini del passato della coppia.

Ecco, allora, che Trueba, in questo ciclo continuo eppure spezzato (tra il lineare e il circolare, appunto) arriva al cuore della narrazione, cioè al concetto di ripetizione. Non a caso si cita, tra gli altri, l’omonimo saggio filosofico di Kierkegaard secondo cui «L'amore della ripetizione è l'unico amore felice. La sua peculiarità è la beata sicurezza dell'istante».

Alex e Ale (anche i nomi quasi identici sembrano avvincerli in un legame destinato a non sciogliersi), continuando a ribadire e spiegare la loro scelta ad amici e conoscenti spesso frastornati dalla follia della festa di separazione, altro non fanno che “ripetersi” e, per questo, amarsi del sentimento più pieno e felice possibile perché non è l’amore idealizzato e irrealistico del ricordo, ma è quello, concreto, quotidiano, consapevole.

Può sembrare un rompicapo questo “matrimonio al contrario” ma Trueba riesce a dargli comunque una leggerezza e una solarità figlie del cinema che ha, evidentemente, formato il regista. Rohmer, ovviamente Truffaut (citato e omaggiato) ma anche Woody Allen (Ale sembra uscito da uno dei suoi film, così come la disquisizione di coppia sul significato del film “10” di Blake Edwards, con Ale che fa lo “Zelig” non appena la discussione viene portata su un altro tavolo con un personaggio diverso).

Certo, si respira anche dell’intellettualismo filosofico (in senso bibliografico ma anche come presenza fisica: i libri sono più che un elemento di arredo) che, tuttavia, non è mai sfoggiato perché riesce ad integrarsi nelle immagini e nelle parole di un film che mantiene sempre un suo equilibrio, nelle sequenze corali come nelle passeggiate solitarie dei protagonisti, sotto il sole di Madrid ma anche sotto il suo cielo plumbeo carico di pioggia, negli incubi di lei e nella mano carezzevole di lui. Con la festa che non sublima, in fondo, la fine di qualcosa, ma l’inizio di qualcos’altro. (Marco Contino)

Voto: 7

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Ballerina

Regia: Len Wiseman

Cast: Lance Reddick, Keanu Reeves, Anjelica Huston, Gabriel Byrne, Ian McShane, Norman Reedus, Ana de Armas, Catalina Sandino Moreno

Durata: 124’

Il film "Ballerina"
Il film "Ballerina"

Ballerina è il quinto episodio cinematografico della serie di John Wick (Keanu Reeves) e si colloca, in ordine cronologico, tra gli eventi del capitolo 3, “Parabellum”, e il capitolo 4.

Nel terzo capitolo scopriamo una parte del misterioso passato di John Wick, dei suoi legami con la mafia russa - specificamente con la Ruska Roma, i Rom russi della Bielorussia - quando Wick richiede un colloquio con la "direttrice” (Anjelica Huston), una donna che è a capo dell'organizzazione locale e che lo accolse da piccolo quando John era un orfanello proprio in Bielorussia. La donna è anche il direttore artistico di un balletto di danza classica.

Ovviamente tutti i ballerini sul palcoscenico fanno parte della Ruska Roma e sono assassini implacabili.

Questa è la storia di una ballerina di nome Eve Macarro (Ana de Armas), una giovane donna che da piccola è sopravvissuta all'uccisione di suo padre rimanendo orfana e che ora viene coinvolto in un gioco mortale di vendetta e sopravvivenza, diventando una Kikimora, figura leggendaria del folklore slavo e assassina di punta del clan.

In realtà, più che un film di John Wick è un film incentrato sul personaggio femminile di Ana de Armas che spara, assalta, aggredisce e uccide per 115 minuti dei 124 del film.

Il film è tutto qui, girato bene, spettacolare e coreografico, ma con un plot limitato alle azioni e agli inseguimenti, tra belle location ceche, da Praga alla Boemia montuosa dove si nascondono antiche tribù Rom che si contrappongono ai Ruska. Certo c’è la contrapposizione tra il Bene e il Male, anzi tra il Male assoluto e il Male necessario, ragion di stato e tradizioni secolari che prevalgono sulle vicende dei singoli e dei popoli. Ma è un po’ poco.

Ana de Armas, attrice e modella d’origine cubana, ora spagnola, candidata all’Oscar per il ruolo di Marylin Monroe in “Blonde” di Andrew Dominik, qui tornata corvina e aggressiva, al naturale, conferma la sua duttilità, tenendo la scena praticamente da sola. E si accredita per il prossimo sequel nel quale dovrà salvarsi dai suoi stessi ex compagni. Mai dire mai, direbbe Bond, James Bond, che ci manca, tanto. (Michele Gottardi)

Voto: 5

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