Il Premio Strega inaugura la Saggistica: così i cinque finalisti si confrontano per la prima volta a Trieste

Aresu, Foa, Pieranni, Lingiardi e Zoja si sono confrontati domenica per la prima volta a Trieste

Mary B. Tolusso
Il confronto al Teatro Miela dei cinque finalisti del Premio Strega Saggistica Foto Francesco Bruni
Il confronto al Teatro Miela dei cinque finalisti del Premio Strega Saggistica Foto Francesco Bruni

Accresce ancora le sue categorie il Premio Strega. Lo storico riconoscimento per la narrativa, dopo la sezione dedicata alla poesia, inaugura ora il Premio Strega Saggistica.

La cinquina dei candidati si è riunita domenica per la prima volta a Trieste, facendo tappa al Festival Scienza e Virgola diretto da Paolo Giordano.

Sul palco del Teatro Miela, dopo il saluto di Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci, Alberto Bollis, vice direttore esecutivo del gruppo Nem (Nem, con il Piccolo, è media partner del festival), ha introdotto i candidati: «Libri molto diversi, tutti molto originali, soprattutto votati a affrontare temi attualissimi». Il vincitore dello Strega Saggistica sarà proclamato il 20 giugno a Taormina.

Incipit con Alessandro Aresu, in finale con “Geopolitica dell’intelligenza artificiale” (Feltrinelli), saggio che affronta appunto l’AI (anche) nelle sue visioni apocalittiche e chiama in causa alcuni concetti chiave, tra cui l’origine dell’intelligenza stessa, ciò che sappiamo e ignoriamo del cervello e del pensiero, l’idea di un’intelligenza “generale” applicata alle macchine. Oltre a quali aziende alimentano questi processi con le conseguenti implicazioni politiche ed economiche. Aresu ci racconta chi sta plasmando questo mondo: «Come “Jensen” Huang, fondatore di Nvidia e protagonista assoluto della rivoluzione tecnologica intorno all’AI».

Ci si sposta nell’ambito politico con “Il suicidio di Israele” (Laterza) della finalista Anna Foa: «Quello che succede oggi in Medio Oriente è per Israele un suicidio. Un suicidio guidato dal suo governo, contro cui molti israeliani lottano con tutte le loro forze e senza nessun aiuto, o quasi, da parte degli ebrei della diaspora». Per salvare Israele insomma è necessario contrapporre al suprematismo ebraico, proprio dell’attuale governo Netanyahu, l’idea che lo Stato di Israele debba esercitare l’uguaglianza dei diritti verso tutti i suoi cittadini e deve porre fine all’occupazione favorendo la creazione di uno Stato palestinese: «Hamas non si sconfiggerà con le bombe – ha concluso Foa – ma con la politica».

Vittorio Lingiardi, candidato con “Corpo, umano” (Einaudi), ci introduce in una vera narrazione del corpo. «Dove non a caso la virgola del titolo – sottolinea – impone una pausa dentro la quale cercare il proprio, di corpo, oggi al centro di mille attenzioni, ma di nessuna cura: la medicina lo scompone in oggetti parziali, la vita online lo sottrae alle relazioni toccanti, la politica lo strumentalizza. «Era molto tempo che volevo scrivere un libro sul corpo – dice – e mi sono reso conto che dovevo scriverlo sui corpi, perché i corpi sono tantissimi: quello che portiamo dal medico, quello fisico o il corpo della sofferenza mentale, ma anche il corpo nella sua valenza simbolica, letteraria».

Simone Pieranni – in collegamento da Pechino – è nella rosa finalista con “2100. Come sarà l’Asia, come saremo noi” (Mondadori). Il giornalista ligure, che da vent’anni vive in Cina, offre uno sguardo approfondito su un continente dove, ciò che accade, spesso è soltanto un’anticipazione di quel che accadrà in Occidente: «D’altronde – ha sottolineato Pieranni – oggi in Asia si stanno discutendo temi e problemi di cui da tempo si dibatte anche da noi. Cosa mangeremo in futuro? Come garantiremo sostenibilità e vivibilità alle nostre città? E ancora: in che direzione si muovono il lavoro, l’informazione, l’intelligenza artificiale».

Luigi Zoja, designato per “Narrare l’Italia. Dal vertice del mondo al Novecento” (Bollati Boringhieri) ci restituisce la storia del nostro Paese ispirandosi anche all’arte, una parabola che vede una crescita dal Medioevo fino al Rinascimento. Da lì si è avuto un inesorabile ripiegamento: «L’idea di Italia ha conosciuto un lento declino, compensato da una narrazione inconscia sempre più bellicosa, retorica e vuota, fino al mito fascista della rinascita dell’impero. Solo dopo il 1945 l’Italia torna a un vertice creativo: con il cinema, che restituisce centralità agli antieroi per esempio. Ma la narrazione nostalgica di un supposto grandioso passato imperiale non ci ha mai abbandonati del tutto. Ancora risuona nell’inconscio collettivo degli italiani». —

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