La filosofia a misura di teatro, con Elena Casagrande
La presidentessa della rete di autori e artisti: «Tutto è cominciato da quattro studenti a Ca’ Foscari nel 2014: la gente cerca spazi per pensare insieme»


La filosofia può abitare un palcoscenico, farsi voce, musica, luce. Può raccontarsi come esperienza viva, capace di unire pensiero e arte, emozione e conoscenza. Non una disciplina per pochi, ma un linguaggio per leggere il presente.
È l’idea che guida La Chiave di Sophia: una rete di oltre sessanta autori e artisti che intrecciano riflessione e creatività in un’associazione con base nel Trevigiano, attiva tra festival, laboratori, cammini, incontri pubblici e una rivista quadrimestrale omonima. Ed anche con “Imago – filosofia a ritratti”, spettacolo già sperimentato negli anni scorsi e ora divenuto un percorso nei teatri del Veneto, che da sabato 25 ottobre sarà proposto al Teatro Sant’Anna di Treviso per poi toccare tutti i capoluoghi del Veneto, portando in scena la vita e il pensiero di grandi filosofi e trasformando la riflessione in esperienza scenica, come spiega la presidente Elena Casagrande.

Portare la filosofia in teatro è una sfida fuori dagli schemi. Da dove nasce questo progetto?
«Dal desiderio di mostrare che la filosofia può diventare parte integrante di un’offerta culturale, anche in teatro. “Imago” non è una lezione, ma un racconto vivo, dove parola, musica e luce si intrecciano per restituire i filosofi alla loro umanità: fragilità, paure, intuizioni, persino momenti buffi. La filosofia non è solo ragionamento, è vita».
Come si trasforma un’idea filosofica in uno spettacolo teatrale?
«Sul palco la musica elettronica accompagna le voci come una partitura emotiva e aiuta il pubblico a entrare nel pensiero attraverso l’esperienza. Con questa proposta vogliamo sperimentare un linguaggio nuovo, costruendo da soli ogni passaggio: la scrittura, la regia, la scenografia, persino la ricerca dei teatri, spesso minori ma vitali. È il nostro modo di intendere la cultura: lavorare nel piccolo, valorizzare chi la costruisce con passione. In fondo questo progetto è il riassunto di ciò che siamo: una comunità che crede nella filosofia come pratica quotidiana, capace di unire pensiero e vita, e di rimettere al centro il dialogo, l’ascolto, la meraviglia».
E La Chiave di Sophia com'è nata?
«Da quattro studenti di filosofia di Ca' Foscari, nel 2014. Eravamo convinti che la filosofia dovesse tornare alla vita quotidiana. Abbiamo cominciato con un sito, parlando di politica, etica e attualità, e usando la filosofia non per dare risposte ma per stimolare domande. Poi abbiamo voluto incontrare le persone dal vivo, attraverso conferenze e circoli di riflessione, e nel 2017 abbiamo fondato la rivista cartacea: discipline diverse mantenendo la filosofia come filo rosso».
Da quattro studenti a punto di riferimento nazionale. In che modo siete cresciuti?
«In realtà sono l'unica rimasta, di quel gruppo, un po' per passione un po' per caparbietà. Siamo diventati però un’APS con sette persone nel direttivo, nove in redazione, 37 autori da tutta Italia e 14 collaboratori artistici tra musicisti, attori e fotografi. Ogni anno realizziamo circa 150 eventi, collaboriamo con 17 comuni e curiamo tre festival. In Italia esistono realtà affini, come Pop Sofia a Pesaro o Tlon a Roma, ma nessuna lavora con lo stesso approccio teatrale e artistico: da questo punto di vista siamo un unicum. Collaboriamo anche con le scuole con spettacoli e laboratori su temi come la scelta di sé, la letteratura, i videogiochi. Con i bambini il dialogo funziona molto bene, mentre con gli adolescenti è più complesso: li raggiungiamo meno, ma ci stiamo lavorando».
Che tipo di filosofia proponete al pubblico?
«Una filosofia che esce dall’accademia per tornare a essere dialogo e relazione. Nei nostri incontri le persone, di diverse età e formazione, non cercano verità, ma spazi in cui pensare insieme; contano l’ascolto e l’argomentazione. È una filosofia che ha anche un valore sociale, perché crea comunità. Lo vediamo nei circoli, nei festival e nei cammini filosofici in natura, dove si ritorna a “pensare camminando”, senza distanza tra chi parla e chi ascolta. Accadono momenti straordinari: le persone si aprono, condividono storie, scoprono che le domande uniscono più delle risposte».
In fondo, tutto sembra ricondurre a un’idea semplice: una filosofia che torna alla vita.
«Sì, ed è questo che ci muove da sempre: far sentire che la filosofia non è per pochi. È uno strumento per conoscersi, per vivere meglio, per stare nel mondo con consapevolezza. In teatro, in aula o lungo un sentiero, l’obiettivo resta lo stesso: riportare il pensiero tra le persone». —
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