Diciotto grandi film restaurati: ecco il menù di Venezia Classici alla Mostra del cinema

Si va dai quattro titoli italiani a quelli del cinema americano con il western “Quel treno per Yuma” di Delmer Daves, “Il delinquente delicato” con il genio comico di Jerry Lewis, “Il marchio del rinnegato” di Hugo Fregonese e “Quell’amaro destino” di Joseph L. Mankiewicz

Marco Contino
Una scena da "Il magnifico cornuto” di Antonio Pietrangeli
Una scena da "Il magnifico cornuto” di Antonio Pietrangeli

Nel rutilante vortice delle visioni della Mostra del Cinema di Venezia, uno dei piaceri più appaganti è quello di potersi permettere di recuperare (o vedere per la prima volta) grandi film restaurati. Anche quest’anno, la selezione “Venezia Classici”, curata dal direttore Alberto Barbera con la collaborazione di Federico Gironi, presenterà in anteprima mondiale 18 restauri, realizzati nel corso dell’ultimo anno, di capolavori (ma anche di titoli caduti in un cono d’ombra ingeneroso) provenienti da cineteche, istituzioni culturali e produzioni di tutto il mondo.

Sarà il regista Tommaso Santambrogio a presiedere la Giuria di 24 studenti di cinema che – per il dodicesimo anno – assegnerà il Premio Venezia Classici per il miglior film restaurato (oltre a quello per il miglior documentario sul cinema presentato all’interno della sezione). La selezione è ricchissima e si propone di restituire parte della ricchezza del grande cinema, senza trascurare l’attenzione sui generi.

Si va dai quattro titoli italiani (“Roma ore 11” di Giuseppe De Santis, “Lo spettro” che Riccardo Freda firmò con lo pseudonimo di Robert Hampton, “Il magnifico cornuto” di Antonio Pietrangeli, e “Ti ho sposato per allegria” di Luciano Salce) a quelli del cinema americano con il western “Quel treno per Yuma” di Delmer Daves, “Il delinquente delicato” con il genio comico di Jerry Lewis, “Il marchio del rinnegato” di Hugo Fregonese e “Quell’amaro destino” di Joseph L. Mankiewicz.

Tra i titoli da riscoprire anche “Lolita” di Stanley Kubrick e un quartetto di film europei: “Aniki-Bóbó” di Manoel de Oliveira, “Destino cieco” di Krzysztof Kieślowski (che è stato un formidabile prodromo per il “Decalogo”), lo spudorato “Matador” di Pedro Almodóvar e “Il porto delle nebbie” di Marcel Carné (premiato proprio alla Mostra del Cinema del 1938).

Spostando lo sguardo verso est, la selezione propone l’iraniano “Bashu, il piccolo straniero” di Bahram Beyzai e l’indiano “Due ettari di terra” di Bimal Roy. Infine, l’Estremo Oriente: dal Giappone arrivano “La chiave di Kon Ichikawa” di Jun’ichirō Tanizaki che anni dopo ha ispirato anche Tinto Brass per l’omonimo suo film, e il sontuoso “Kwaidan” di Masaki Kobayashi. E poi, il film più recente della selezione: “Vive l’amour” di Tsai Ming-liang che conquistò il Leone d’oro nel 1994. —

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