Claudia Cardinale e il ritorno di Trieste sul grande schermo con “Senilità”
L’attrice nel 1962 consacrò il ritorno del capoluogo giuliano al cinema con la trasposizione del romanzo di Svevo, in un punto nodale della sua carriera

Si è spenta una stella, con la scomparsa dell’immensa Claudia Cardinale. Una stella di prima grandezza nel firmamento del cinema d’autore mondiale. Ma pure una stella nel cielo di Trieste.
Col tempo era diventata lei, infatti, l’indiscutibile icona del cinema di ambientazione triestina, grazie alla sua spavalda e magnetica presenza nel classico “Senilità” (1962) di Mauro Bolognini, dove con i capelli neri a caschetto colpiva nel ruolo della sfuggente e seducente popolana Angiolina.
All’epoca Claudia era una diva emergente ma non ancora consacrata da Fellini e Visconti. Ma con lei in “Senilità”, tratto dall’omonimo romanzo di Italo Svevo, la nostra città tornava improvvisamente (e definitivamente) sotto i riflettori dopo un lungo oblio mediatico seguito al ritorno in Italia.

E si rivelava all’improvviso luogo straordinariamente suggestivo dal punto di vista insieme culturale, scenografico e cinematografico. Il critico Tino Ranieri scriveva: «Trieste è emozionante. Sono bastate poche inquadrature per confermarci l’internazionalità di questi nostri ambienti». E sull’attrice: «È stata molto sorvegliata, molto brava. Angiolina è soprattutto vitale, più che gretta, bella o malvagia. Questo percorso umano è stato individuato dalla Cardinale in autentica pienezza espressiva».
Ma come era arrivata Claudia a quella svolta della sua carriera? Il luogo dove viene scoperta è già un segno del destino: il Lido di Venezia durante la Mostra del Cinema. Vi arriva nel 1957 per tre giorni grazie al concorso “la più bella italiana di Tunisi”, dov’era nata nel 1938 da una famiglia di emigrati siciliani e dove viveva.

Dopo il Centro sperimentale di Roma, viene scritturata dalla Vides di Franco Cristaldi (sposato poi nel 1967), che ne cura con oculata gradualità la formazione e il lancio. Ha presto parti sempre più di rilievo in capolavori che approdano proprio a Venezia, quali “I soliti ignoti” (1958) di Monicelli, “Rocco e i suoi fratelli” (1960) di Visconti, “I delfini” (1960) di Maselli.
Poi ottiene un grande successo personale nel 1961 (e il primo David di Donatello) con la parte di Aida, ballerina di poco conto alla deriva, sfacciata protagonista dello struggente “La ragazza con la valigia” (1961) di Zurlini. Quando gira “Senilità”, la Cardinale è quindi nel momento della sua piena affermazione, a cui giunge dopo altri due ruoli “letterari” e in costume, costruiti sempre sotto la guida di Bolognini, “Il bell’Antonio” (1960) da Brancati e “La viaccia” (1961) da Pratesi.
Nel folto panorama divistico femminile di allora in Italia, la Cardinale si impone come presenza di grande suggestione. I suoi sono personaggi per lo più di estrazione popolare che emanano però un certo mistero, e che la apparentano a Silvana Mangano più che a Loren o Lollobrigida. Figure di donne che dovrebbero rassicurare gli uomini, e che invece si rivelano indocili e moderne.
E dopo “Senilità”, arrivano per lei i ruoli epocali di “8 ½” (1963) di Federico Fellini – che carica il suo personaggio di valenze simboliche -, de “Il Gattopardo” (1963) di Luchino Visconti e de “La ragazza di Bube” (1963) di Luigi Comencini, dove può liberare la sua particolare voce roca. Seguiranno ancora grandi titoli anche internazionali e grandi registi, da “La pantera rosa” (1963) di Blake Edwards al film Leone d’oro “Vaghe stelle dell’Orsa (1964) di Visconti, da “C’era una volta il West” (1968) di Sergio Leone a “Fitzcarraldo” (1982) di Werner Herzog.
Tra i numerosi premi che ne hanno sancito il costante e longevo successo, i tre David di Donatello e i tre Nastri d'argento, oltre al Leone d'oro alla carriera della Mostra di Venezia nel 1993, nonché il David e il Nastro, anch'essi alla carriera, del 1997 e del 2000.
Ma per quanto ci riguarda, il ricordo va alle immagini di “Senilità” e alle foto di scena di quelle riprese dell’ottobre 1961, dove agli occhi di tanti triestini quell’insolita città livida e piovosa sembrò la Roma della Dolce vita, e la Cardinale con la frangetta diventò per sempre l’icona del cinema a Trieste, la nostra Anita Ekberg.
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