Cinema italiano in crescita, più 41 per cento nel 2025: trainano i veneti Segre e Sossai
Alle Giornate del Cinema di Riccione, la produttrice Marta Donzelli (Vivo Film) analizza le ragioni del successo, tra temi civili e specificità cinematografica: l’intervista

Il cinema italiano gode di ottima salute e il periodo di crisi impresso dalle restrizioni pandemiche sembra un lontano flashback. Ad avvalorare l’assunto arrivano i dati diffusi da Box Office sugli incassi nel primo semestre 2025 dei film prodotti nel nostro Paese, che registrano un +41% sul 2024 e un +18% sul periodo pre-Covid.
Profondità narrativa, patto emotivo con il pubblico, temi di rilevanza sociale, e l’imprescindibile passaparola come volano promozionale, sono tra i motivi sviscerati dai produttori nazionali che sono intervenuti alle scorse Giornate del Cinema di Riccione.
Tra loro Marta Donzelli, co-fondatrice con Gregorio Paonessa di Vivo Film, che ha portato sul palco come esempi di successo dal loro bouquet due titoli veneti: “La grande ambizione” di Andrea Segre e “Le città di pianura” di Francesco Sossai. Il primo parla della vita e del pensiero politico di Enrico Berlinguer, interpretato da Elio Germano, vincitore del premio come miglior attore alla scorsa Festa del Cinema di Roma, mentre il secondo è un road movie sul Veneto rurale, presentato quest’anno nella sezione Un certain regard a Cannes.
Donzelli, quali sono i motivi del successo per un film oggi?
«Nell’analisi del mercato degli ultimi due anni, che sono stati in crescita per il cinema italiano, individuo due comuni denominatori: uno è la specificità cinematografica, cioè il fatto che il pubblico percepisca che vedere quel film al cinema non è uguale a vederlo su uno schermo più piccolo, l’altro è il tema civile, che sta prendendo sempre più piede a partire dal campione di incassi di Paola Cortellesi “C’è ancora domani” sul voto alle donne».
Come mai questo è un tema vincente?
«Credo ci sia bisogno, in questo momento, di un cinema che risponda a delle domande della società e “La grande ambizione” ha lavorato in questo senso, portando al cinema, inaspettatamente, un pubblico giovane, che non ha vissuto il periodo di Berlinguer ma ha sentito la necessità di connettersi con i suoi discorsi, interrogandosi su che cos’è la politica e cosa dovrebbe fare per rendere la nostra vita migliore. La scommessa è stata quella di raccontare un pezzo di storia che ponesse delle domande al nostro presente, e la sovrapposizione di pubblici diversi, tra chi quella storia l’ha vissuta in prima persona e le nuove generazioni, è stata la chiave del successo del film, entrato nella top ten dei titoli italiani più visti nel 2024 e che ancora adesso sta continuando a funzionare molto bene nelle arene estive».
Che percorso ci aspettiamo invece per il film di Sossai?
«Spero altrettanto vincente, perché le premesse ci sono. Il tema civile è presente nella riflessione che Sossai porta sul paesaggio e sul rapporto tra la nostra vita e i luoghi in cui viviamo, partendo da una prospettiva locale per raccontare dinamiche universali. ”Le città di pianura” uscirà in autunno con Lucky Red ed è già stato invitato in moltissimi festival e venduto in vari Paesi, quindi lo attende un percorso internazionale di eccellenza. Siamo fiduciosi che possa anche entusiasmare il pubblico italiano, perché il tono del film è molto interessante, una commedia amara costruita su stratificazioni profonde ma che si inserisce nella migliore tradizione del cinema Veneto, sicuramente Carlo Mazzacurati ne è un’ispirazione, perché ci fa riflettere ma ci fa anche sorridere».
Quanto importanti sono i premi vinti da un film?
«I premi hanno importanza ma ancora di più i festival, nel momento in cui riescono a funzionare come una piattaforma che accende un faro sul film. Per Segre è stato vantaggioso aprire la scorsa Festa del Cinema di Roma, una posizione che ha portato bene, com'era stato l’anno prima per la Cortellesi, ma anche la presenza di Sossai a Cannes potrà innescare il rapporto tra il pubblico e il cinema di qualità».
È vero che in Italia non si rischia più sulla sperimentazione?
«I produttori indipendenti come Vivo Film lo fanno, investendo sui giovani, sulla ricerca, sulla novità dei linguaggi, perché questo serve ad un’industria che vuole andare avanti. Noi abbiamo battezzato l’esordio di Laura Bispuri, che poi è diventata la regista della serie “L’amica geniale”, e di Maura Delpero, che ha vinto il Leone d’argento con “Vermiglio”. Sulle opere prime e seconde va garantito un certo grado di libertà, e anche questi film, piccoli magari, hanno bisogno di incontrare il proprio pubblico e dare il tempo al passaparola di farli resistere in sala, per questo la loro distribuzione dovrebbe essere sostenuta da qualche strumento normativo».
Novità in cantiere?
«Stiamo iniziando a ragionare sul prossimo film di Andrea Segre, con cui vogliamo continuare a lavorare, e siamo impegnati con lui e lo sceneggiatore padovano Marco Pettenello. Insomma, aspettatevi belle sorprese». —
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