Cinema al 100 per cento, ecco le nostre recensioni dei film in sala dall’8 maggio

Mel Gibson tona alla regia con l’action “Flight Risk”. “Bird” di Andrea Arnold conferma il talento dell’autrice e attrice inglese. In sala anche “Il Mohicano”: western moderno ambientato in Corsica. “Ritrovarsi a Tokyo” di Guillaume Senez con il suo sguardo intimo e malinconico sulla paternità

Marco Contino e Michele Gottardi
Il film "Flight Risk"
Il film "Flight Risk"

“Flight Risk”: Mel Gibson abbandona l’epica per un “piccolo” action movie ambientato nell’abitacolo di un aereo. Con un cattivissimo Mark Whalberg. Ma si vola a bassa quota.

Un pastore corso contro le speculazioni edilizie e la mafia: “Il Mohicano” di Frédéric Farrucci convince, sul solco di “As Bestas” di Rodrigo Sorogoyen.

Con “Bird”, Andrea Arnold racconta una storia a metà strada tra il cinema adolescenziale di François Truffaut e quello impegnato socialmente dei conterranei Ken Loach e dei suoi epigoni.

Un intenso Roman Duris al centro del dramma sulla paternità “Ritrovarsi a Tokyo”, che non cade mai nella retorica strappalacrime.

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Il Mohicano

Regia: Frédéric Farrucci

Cast: Alexis Manenti, Mara Taquin, Théo Frimigacci, Paul Garatte

Durata: 87’

Il film "Il Mohicano"
Il film "Il Mohicano"

Joseph Cardelli (Alexis Manenti: premiato qualche anno fa con il César per il miglior attore esordiente nel film “I miserabili”) è l’ultimo pastore di capre sulla costa meridionale della Corsica.

Quando gli speculatori edilizi e la mafia prendono di mira la sua terra obbligandolo a venderla, Joseph si oppone strenuamente ma un “incidente” mortale lo costringe alla fuga. Comincia una caccia all’uomo tra il litorale e le montagne mentre Joseph, anche grazie alla tenacia “social” della nipote Vannina (Mara Taquin) diventa, inconsapevolmente, un simbolo di lotta popolare contro la cementificazione dell’isola per la difesa delle tradizioni e di un territorio “svenduto” per compiacere i ricchi e un turismo sempre più esigente.

“Il Mohicano” - come viene soprannominato Joseph, emblema di un mondo arcaico che sta scomparendo – è costruito come un western moderno che il regista Frédéric Farrucci carica di significati identitari attraverso una messa in scena che, alla ruvidità del protagonista e della realtà che rappresenta, contrappone la (apparente) solarità di una costa il cui destino, però, si avvia pericolosamente verso il baratro di una speculazione immobiliare violenta e aggressiva.

Lo scontro, prima di tutto culturale, può ricordare (anche per una certa attenzione filologica) il lungometraggio d’esordio di Giorgio Diritti (“Il vento fa il suo giro”, in cui un altro pastore entrava in collisione con una piccola comunità occitana) e, soprattutto, il recente “As Bestas” di Rodrigo Sorogoyen (con i suoi protagonisti che si oppongono alla installazione di pale eoliche nella terra galiziana), anche se “Il Mohicano” non ha la potenza (anche fisica) del cinema del regista spagnolo.

Resta, tuttavia, un’opera molto interessante, anche nell’uso dell’idioma corso, per come riesce a insinuare una brutalità, lenta e costante - anche attraverso un uso intelligente del fuori campo - nella parabola di resistenza di Joseph con un finale aperto che sublima l’atto di ribellione iniziale e lo trasforma in una sorta di dichiarazione di guerra. (Marco Contino)

Voto: 7

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Flight Risk

Regia: Mel Gibson

Cast: Mark Whalberg, Michelle Dockery, Topher Grace

Durata: 91’

Dopo la lunga pausa da regista (il suo ultimo “La battaglia di Hacksaw Ridge” risale, ormai, al 2016), Mel Gibson torna dietro la macchina presa con un piccolo (anche nella durata) film di genere dal sapore anni ’90.

Un warm-up prima di dedicarsi completamente a un nuovo, attesissimo colossal: “La Resurrezione di Cristo” che, ovviamente, riannoda i fili con “La Passione” di venti anni fa.

Flight Risk” è quasi completamente “chiuso” nell’abitacolo di un piccolo aereo privato sul quale la U.S. Marshal Madolyn Harris (Michelle Dockery) sta trasportando un testimone chiave (Topher Grace) nel processo contro un feroce mafioso.

 

Ma Daryl Booth (Mark Whalberg), il pilota che li deve scortare da Anchorage a New York è, in realtà, un sicario del boss.

La traversata sopra le montagne dell’Alaska diventa una lotta senza esclusione di colpi, tra scariche di taser, pestaggi, voci fuori campo che aprono sottotrame spionistiche e un aereo da portare miracolosamente in salvo.

“Flight Risk” vola con il pilota automatico, memore di un certo cinema muscolare del passato, in cui le situazioni sono piuttosto rodate: l’agente con gli scheletri nell’armadio, lo spazio chiuso di una carlinga come nella tradizione dei “disaster movie” sui cieli d’America ma anche sul solco di “Speed”, l’elemento drammaturgico esterno – le voci al cellulare e alla radio – che ”spiegano” antefatti e svelano gli altarini e un villain un po’ psicopatico (Whalberg in versione inedita) non così distante dal Martin Riggs di “Arma Letale” cui Mel Gibson deve molto della propria fama.

A dispetto del sottotitolo della distribuzione italiana (“trappola ad alta quota”), “Flight Risk” non vola, poi, così in alto: un esercizio, tutto sommato innocuo e snello, per scrostarsi di dosso la ruggine e salire, forse, in futuro, ad altitudini cinematografiche più coraggiose. (Marco Contino)

Voto: 5,5

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Ritrovarsi a Tokyo

Regia: Guillaume Senez

Cast: Romain Duris, Judith Chemla, Mei Cirne-Masuki, Tsuyu, Shungiku Uchida

Durata: 98’

Il film "Ritrovarsi a Tokyo"
Il film "Ritrovarsi a Tokyo"

La legge nipponica non prevede l’affidamento congiunto di un minore di genitori separati e se uno dei due cerca di incontrare il proprio figlio può incorrere in denunce o arresto.

Se poi un coniuge è straniero, non ha alcun diritto, non può vedere il figlio, ma deve comunque occuparsi del mantenimento e sperare, una volta compiuta la maggiore età, che quel figlio abbia voglia di riallacciare un rapporto con una persona che non l’ha visto crescere.

In queste norme rigidissime, proprie del nazionalismo xenofobo, incappa anche il protagonista di “Ritrovarsi a Tokyo”, Jay, un francese cui la moglie giapponese ha sottratto Lily da nove anni. Per questo si trasferisce in Giappone, impara la lingua, si trova un lavoro da taxista, sperando nella fortuna e nel caso. Che non è sempre cinico e baro, ma qualche volta aiuta, al punto che Jay riconosce sua figlia mentre sale sul taxi, senza che lei sappia chi sia quell’uomo alla guida. Il film, che nell’originale recita “una parte mancante”, nel titolo italiano lascia intuire l’esito, che tuttavia non sarà da immediato happy end.

Il dramma sulla paternità, senza retorica strappalacrime, messa sullo schermo da Senez, si avvale del bravissimo Romain Duris. Il film racconta una versione del dramma genitoriale forse distante dal nostro costume di vita, ma la sostanza è intercambiabile, se si guarda alle paternità – e maternità – negate.

Delicato e intelligente, “Ritrovarsi a Tokyo” è insieme un film intimista e sociologico, intriso di una malinconica certezza, che nel dramma del finale lascia intravvedere una non tenue speranza. Guillaume Senez si conferma regista e autore attento a sentimenti straziati e intimità riconquistate. (Michele Gottardi)

Voto: 6.5

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Bird

Regia: Andrea Arnold

Cast: Barry Keoghan, Franz Rogowski, Nykiya Adams, Jason Edward Buda, James Nelson-Joyce

Durata: 119’

Il film "Bird"
Il film "Bird"

Una conferma e insieme un’ulteriore scoperta, l’ultimo film di Andrea Arnold, attrice e regista inglese che sembra abbonata ai premi di Cannes: “Bird” non vince nulla all’ultima edizione, ma il film è straordinario per le idee, le riprese, l’idea di cinema oltre che di società che fa emergere, a metà strada tra il cinema adolescenziale di François Truffaut (ma anche di Luca Guadagnino) e quello impegnato socialmente come quello dei conterranei Ken Loach e dei suoi epigoni.

Bailey (Nykiya Adams) ha 12 anni e vive in una casa occupata abusivamente nel nord del Kent con il giovanissimo padre Bug (Barry Keoghan), uno scapestrato circondato da amici senza prospettive, il fratello Hunter (Jason Buda), che sembra ben avviato a mettere incinta la ragazzina con cui si accompagna, e Kaleygh (Frankie Box), la nuova fiamma del padre.

È una ragazza sensibile e ribelle, che passa il proprio tempo con i giovani teppisti della zona o, più spesso, da sola; la sua vita cambia quando incontra Bird (Franz Rogowski), misterioso vagabondo alla ricerca dei genitori, con cui stringe una profonda amicizia, al punto da accompagnarlo alla ricerca del padre, che pare lo abbia abbandonato da tempo, dopo la scomparsa della madre, altro personaggio marginale.

In questo universo di famiglie disfunzionali, Bailey sembra essere quella più posata e matura, in grado di prendere coscienza di sé nel momento in cui diventa adulta, con l’arrivo del primo ciclo mestruale. E così tra squat (l’occupazione abusiva di appartamenti sfitti) e baby gang, tra genitori inaffidabili se non tossici, rospi dalla bava allucinogena con cui il padre cerca guadagni improbabili, Bailey si lega a randagi, siano animali come cani, cavalli o corvi, siano uomini come Bird, l’unico che manifesti un’attenzione vera verso di lei e che la ragazzina contraccambia guidandolo alla ricerca del padre. La ripartenza di Bird la lascia più sola ma, nel contempo, più matura.

La scelta di Arnold è in linea con le sue precedenti, da “American Honey” a “Cime tempestose”, con protagonisti di età diverse che tralasciati miti tramontati, cercano solo piccoli obiettivi di tranquilla normalità, magari un pelo fuorilegge. Instabile e insicura, la vita di Bailey è filtrata dall’unica certezza, il cellulare con cui registra, film e fotografa tutto.

La camera a mano della regista conferma la totale indecisione dei protagonisti, con movimenti veloci, sincopati ravvicinati, che si aprono in parte solo davanti al mare. Anche la musica sottolinea questa dissociazione esistenziale dei suoi eroi, in una rapsodica circolarità che non li rende mai totalmente emancipati, mai totalmente perduti. (Michele Gottardi)

Voto: 7

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