L’amicizia tra Jovanotti e Cappello, due spiriti liberi con le tasche piene di sassi
Il racconto di un rapporto nato nel nome della poesia. Lorenzo: «Diventai suo lettore per una coincidenza»

Tra le immagini che resteranno di questa estate ci sarà sicuramente Jova che sfreccia in sella alla sua bici, tra la gente, da Cortona fino ai Laghi di Fusine, e canta davanti a cinquemila persone, incontrando lo spirito libero del No Borders Music Festival, là dove la musica sembra glissare sui confini tra Italia, Austria, Slovenia, e sostenere il volo di quel messaggio: «Io tifo solo per la pace».
E ci resterà quel suo saluto, a conclusione del concerto, come un invito alla lettura: «Volevo salutarvi con le parole di un poeta, che è nato da queste parti, che adoro e che ho anche avuto il privilegio di conoscere. È uno dei più grandi in lingua italiana e anche friulana».
Jovanotti e Pierluigi Cappello. Sui social, una decina di anni fa, Lorenzo scriveva di essere «diventato un lettore della sua poesia grazie a una “coincidenza", che – precisava – è uno dei tanti nomi per chiamare la divinità».
Nel 2014, i loro mondi, apparentemente distanti, come la nuvola e il sole, s’incontrano. Jovanotti lancia la “Jova tv” e tra i primi video caricati c’è una clip dedicata a Cappello. Era da poco uscita la raccolta “Ogni goccia balla il tango” (Rizzoli), dedicata alla nipote Chiara e agli “altri pulcini”. «Rime per i lettori bambini, quindi per quelli più o meno come me – dice Jovanotti nel video tenendo in mano il libro –. Sono molto belle, perfette come i bambini pretendono e giustamente meritano, perfette nella forma, nell’efficacia, nel senso poetico. Adesso proverò a cantare una sua rima musicandola in diretta per voi».
La chitarra scandisce i versi della poesia “La nuvola e il sole”, mentre la voce di Jova sosta nelle vocali, regalando una bozza di ballata senza tempo. Forse distanza e differenza sono solo apparenza, forse la luce c’è sempre, magari nascosta, da scovare “oltre”: «La nuvola è un guscio e dentro c’è il sole».
La risposta di Cappello non si fa attendere. In un video ringrazia Lorenzo: «Ne sono rimasto toccato. Te lo dico a modo mio, leggendoti “Ombre”, la mia carta d’identità». La poesia di Cappello esce dalla sua voce ed è resina e neve, è Chiusaforte: «…Porto nelle narici / il cuore di resina degli abeti, negli occhi il silenzio / di quando nevica…».
Un anno dopo, i loro percorsi si incontrano nuovamente. È sempre Jovanotti a registrare l’episodio sui social. Aveva fatto il direttore per un giorno a “La Stampa” di Torino e aveva domandato a Pierluigi, tramite il suo editore, se avesse dei versi inediti: «Lui mi mandò “Colore” e così parlammo al telefono e poi altre volte… Siamo diventati amici».
La poesia “Colore” finì nella raccolta “Stato di quiete” (Bur) nel 2016: trenta poesie con la prefazione di Jovanotti, scritta con felicità, ma anche con “la soggezione dell’illetterato”. Definì la lettura dei suoi versi “una folgorazione”: «Qualcosa di misterioso e vivo, parole che invece di venire lette sono loro a leggere me. Mi sento osservato da queste poesie. Non mi sento giudicato, piuttosto amato… Tra me e Pierluigi c’è un anno di differenza, lui è quello più piccolo. Non ci siamo mai incontrati di persona e le nostre vite scorrono a distanza, eppure… Ci si può incontrare nel bianco che circonda i versi, che è come il buio che circonda i due personaggi di “Colore”, e respirare la stessa aria. “Affondava le radici nel futuro”, con un verso così si può riparare il mondo».
Cappello ringraziò Lorenzo per il testo, «fresco e limpido come i torrenti delle mie montagne», che poi farà anche da postfazione a “Un prato in pendio” (Bur) nel 2018, riedito nel 2024 in versione aggiornata con il titolo “Come un sentiero di matita” (Rizzoli).
Si potrebbe azzardare un’immagine dei due ragazzi. Pierluigi ha «le tasche piene di sassi», memoria del padre e dei nomi che sono stati, dentro la storia e dentro la parola “domani”. Il riferimento è alla poesia “I vostri nomi” in “Mandate a dire all’Imperatore”, raccolta edita nel 2010, vincitrice del Premio Viareggio. Anche Jovanotti ha “Le tasche piene di sassi”, singolo del 2011, vincitore del Premio Mogol: «tasche piene di sassi», ma anche «scarpe piene di passi», «cuore pieno di battiti». E «occhi pieni di te», della madre, che riempie lo sguardo del figlio Lorenzo Cherubini, similmente al padre di Pierluigi Cappello che sta dentro gli occhi del figlio, in «questo stare dei tuoi occhi dentro i miei», come forse dentro di noi abita chi c’è stato. E allora questo potrebbe essere il messaggio di entrambi: non togliamo dalle tasche i sassi illudendoci di alleggerirci dal passato. Essi ci garantiscono l’equilibrio e ci tengono saldi alla terra e alle radici.
Jova è salito al cimitero di Chiusaforte, fino alla tomba di Pierluigi, prima del bike concert ai Laghi di Fusine, dove anche la foresta secolare ha ascoltato quei versi citati come saluto o forse come augurio o invito alla lettura: «Fra l’ultima parola detta / e la prima nuova da dire / è lì che abitiamo».
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