«Addio Berengo Gardin, maestro del racconto»

I ricordi di Marc De Tollenaere, 56 anni, nato in Belgio e veneziano da sempre, tra i suoi allievi: «Due mesi fa lo vidi l’ultima volta a Milano per i 100 anni della Leika, stava bene»

Alberto Vitucci
Marc De Tollenaere con Gianni Berengo Gardin
Marc De Tollenaere con Gianni Berengo Gardin

“Se uno mi dice che la mia foto sembra un quadro mi offendo. Non ci tengo a passare per artista. La buona foto è importante, ma il fotografo deve documentare, raccontare”. Lo ripeteva sempre il grande maestro Gianni Berengo Gardin. Una vita dedicata alla fotografia. Scatti che hanno segnato un’epoca e ispirato generazioni di allievi e giovani reporter. Marc De Tollenaere, 56 anni, nato in Belgio e Veneziano da sempre, è uno di questi. Berengo Gardin è sempre stato per lui il grande esempio da seguire. Il maestro che lascia il segno.

«L’ho conosciuto bene nel 2003, durante un workshop a San Quirico, in Toscana», racconta, «eravamo sette studenti e Lui, il grande Berengo. Una settimana insieme, e siccome ero l’unico che aveva la macchina, finite le lezioni andavamo a visitare la Val d’Orcia. Alle 6.30 appuntamento in piazza. Io scattavo e lui mi dava consigli e suggerimenti. Inutile dire che in quei pochi giorni ho imparato tantissimo. Poi ci siamo visti spesso, lui mi dava dritte preziose. Me lo ricordo alla mostra retrospettiva ai Tre Oci. Foto in bianco e nero che hanno davvero la storia».

Marc ha pubblicato qualche anno fa un volume molto originale. Scatti in bianco nero fatti “dentro” le case dei Veneziani. «Mi sono ispirato a lui che nel 1977 aveva fatto le foto “Dentro le case degli italiani”. Così prima di stamparlo gli ho portato a casa sua, a Milano una copia di prova. Bel lavoro, mi disse, belle foto davvero. Era il 12 settembre del 2022. E gli ho chiesto di mettermi l’autografo sul mio libro. “Siccome sei il mio maestro… Mi ha scritto: “A Mark che ha fatto questo libro con foto bellissime”. E adesso ho il mio libro di foto con la dedica di Berengo Gardin. .!»

Un maestro che ha tirato su generazioni di fotografi. Ma perché Berengo è un maestro? «Beh, ha fatto una carriera lunghissima, dal Dopoguerra a oggi. Quasi ottant’anni di foto. Adesso tutti si sentono fotografi un minuto dopo aver comprato il telefonino. Lui ha studiato anni, ha imparato dagli umanisti francesi. Cartier Bresson, Willy Ronis, antesignano della Street photograpy, Robert Doisneau. Da giovane è andato a lavorare alla reception del loro hotel a Parigi per stargli vicino e carpirne i segreti… La sua caratteristica è il racconto. Berengo aveva una missione: documentare, raccontare».

«Ci deve essere sempre qualcosa che racconta qualcosa che succede, che racconta le persone» ripeteva Gardin. «Questa era un’altra sua caratteristica importante. Ha lavorato a lungo con Renzo Piano, e anche le foto di architettura delle opere in costruzione sono attente a questo aspetto. Una delle foto che mi hanno ispirato tantissimo è qurlla del Centre Pompidou dall’interno. In ogni quadrato succede qualcosa nella piazza di fuori».

«L’ultima volta che l’ho visto», conclude commosso De Tollenaere, «è stato due mesi fa a Milano, per la festa dei 100 anni della Leika. Stava bene. Berengo è nella hall of fame di Leika dal 2017. Una grande emozione. Lui è stato davvero un grande maestro per tutti noi».

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